Un’anticipazione dell’ex ministro dell’Economia greco e fondatore di Diem25 dal numero in edicola dal 15 marzo di Le Monde diplomatique. ilmanifesto.it
La crisi finanziaria globale del 2008 – il 1929 della nostra generazione – ha innescato una reazione a catena in tutta Europa.
All’inizio del 2010, aveva già minato le fondamenta dell’eurozona, portando i membri dell’establishment a rompere le proprie regole per tirar fuori dai guai i loro amici banchieri. Nel 2013, l’ideologia neoliberista che fino ad allora aveva legittimato la tecnocrazia oligarchica dell’Unione europea, dopo aver ridotto in miseria milioni di persone, si è trovata in grave difficoltà. E questo per la mera applicazione delle politiche ufficiali: il socialismo per i finanzieri e un’austerità implacabile per i più. Queste politiche sono state condotte sia dai conservatori che dai socialdemocratici.
Nell’estate del 2015, la capitolazione del governo di Syriza in Grecia ha avuto l’effetto di dividere e demoralizzare la sinistra, annientando l’effimera speranza che dei progressisti emersi dalle strade e dalle piazze potessero modificare i rapporti di forza in Europa.
Da allora la collera, esacerbata dalla disperazione, ha lasciato un vuoto, rapidamente riempito da un’estremità all’altra dell’Europa dalla misantropia organizzata di un’Internazionale nazionalista molto apprezzata dal presidente statunitense Donald Trump.
Appesantita da una classe dirigente che ricorda sempre più la sfortunata repubblica di Weimar e dal razzismo alimentato dalle forze deflazionistiche, l’Unione si sta spaccando.
La cancelliera tedesca sta per terminare il suo mandato e il progetto europeo del presidente francese sembra essere nato morto. Le elezioni del parlamento europeo del prossimo maggio sono l’ultima occasione per i progressisti di pesare a livello paneuropeo.
Dalla sua nascita, nel 2016, il Movimento per la democrazia in Europa 2025 (DiEm25) si è dato l’obiettivo di cogliere questa opportunità (Ndr: l’anno 2025 corrisponde alla scadenza che il movimento si è dato per «dar vita a un’Europa pienamente democratica e funzionale»).