Sbilanciamo il Trattato di Lisbona. Nel volume “Budgeting for the future, building another Europe” analisi e proposte per una controfinanziaria europea
Il modello di analisi ed azione portato avanti da Sbilanciamoci! in Italia può essere esteso all’Unione Europea. Costruendo un network di organizzazioni in grado di coprire tutti gli aspetti rilevanti nella definizione del bilancio comunitario è possibile proporre una valutazione organica delle politiche comunitarie e una vasta gamma di raccomandazioni. I contributi, provenienti da venti organizzazioni, reti e think tank che seguono costantemente le politiche di Bruxelles, sono stati raccolti nel volume “Budgeting for the future, building another Europe“.
Il punto di partenza affinché i cittadini europei siano inclusi nei processi decisionali sta nella trasparenza delle procedure e dell’informazione. Il nuovo Trattato di Lisbona è stato redatto quasi in segreto e il modo in cui verrà ratificato mostra una carenza di coinvolgimento dei cittadini dovuta al timore di un loro dissenso. Non si tratta di un buon punto di partenza. Attualmente i fondi passano attraverso un puzzle stratificato di giurisdizioni, agenzie e programmi i cui livelli di trasparenza differiscono tra di loro. In futuro un ulteriore sforzo per migliorare la trasparenza del bilancio appare imprescindibile.
Sul versante delle politiche i temi trattati nel testo sono vari e affrontano numerosi aspetti differenti.
Particolare attenzione va ovviamente all’Agenda di Lisbona. La strategia per l’inclusione sociale attualmente si limita ad occupazione e competitività: conoscenza, ricerca, apprendimento permanente, politica del mercato del lavoro, rientrano tutti in un contesto generale in cui gli aspetti economici sono prioritari rispetto a quelli sociali. L’inclusione di gruppi esclusi all’interno di attività occupazionali può essere considerata come uno sviluppo positivo, ma l’inclusione sociale e la lotta alla povertà non possono essere limitate all’integrazione nel mercato del lavoro. L’aspetto dell’inclusione sembra più guidato dalla finanza pubblica e dal mercato del lavoro che dai bisogni di inclusione sociale. Mentre i fondi strutturali 2007-2013 sono caratterizzati da una crescente connessione con la Strategia di Lisbona, l’inclusione sociale, che costituiva uno dei pilastri fondamentali della Strategia, dal 2005 non compare piú quale obiettivo prioritario.
I Fondi Strutturali manifestano inoltre dei limiti non solo rispetto all’impatto sociale ma anche, o forse soprattutto, rispetto all’impatto ambientale. Solo il 17% dei fondi strutturali è stato investito per voci inerenti alle spese ambientali. Gli investimenti relativi alle reti stradali risultano sempre maggiori rispetto a quelli per trasporti pubblici, reti ferroviarie e trasporti ecosostenibili. Una “decarbonizzazione” dei fondi dell’Unione Europea dovrebbe rappresentare un obiettivo generale per l’imminente riforma del bilancio prevedendo la valutazione dell’impatto sul cambiamento climatico per tutti gli investimenti più significativi.
Anche nell’analisi della PAC – la politica agricola – bisogna confrontarsi con gli impatti sociali ed ambientali. Si tratta della questione più controversa che emerge dal bilancio europeo. La PAC manca di trasparenza, è profondamente iniqua sia nei paesi che tra i paesi e per molti anni è stata legata alla quantità di produzione promuovendo un uso massiccio di pesticidi. Tuttavia la politica agricola ha un ruolo fondamentale sia a livello sociale che ambientale. Una riforma sostanziale della PAC dovrebbe essere in grado di sostenere i piccoli produttori, di frenare la fuga dalle campagne, di promuovere la biodiversità, le produzioni locali e l’agricoltura biologica. Un’equa distribuzione delle risorse è fondamentale per legittimare la PAC agli occhi dei cittadini che non possono più accettare che pochi ricchi proprietari terrieri ricevano la grande maggioranza delle risorse.
Le politiche estere dell’Unione mostrano un’incoerenza di fondo tra commercio e aiuti allo sviluppo. Se da un lato l’Europa è il primo donatore a livello internazionale fornendo più del 50% del totale dell’aiuto allo sviluppo, dall’altro sta portando avanti politiche commerciali aggressive e accordi bilaterali che potrebbero entrare in conflitto con le politiche assistenziali. L’esempio più lampante sono gli Accordi di Partenariato Econominco (EPAs) con i Paesi ACP, accordi che per ora sono stati bloccati ma che sono in grado di destabilizare il PIL degli stessi paesi africani che si presume l’Europa debba aiutare.
Allo stessso modo il documento sulla sicurezza “Un’Europa sicura in un mondo migliore” approvato dal Consiglio nel 2003 comprende numerose riflessioni elaborate dalle ONG, riconosce il legame tra ingiustizia e insicurezza, il predominio di minacce non militari per il futuro del pianeta e sostiene il multilateralismo nei processi decisionali e nelle relazioni internazionali. Tuttavia, contrariamente a quanto scritto, insiste nel reputare centrale l’elemento militare senza comprendere che le strategie di sicurezza basate sulle azioni militari sono controproducenti e destinate a generare insicurezza.
In ultima istanza, se il bilancio comunitario deve esssere riformato, il punto di partenza è la revisione delle entrate. Il nuovo bilancio europeo dovrebbe essere basato su risorse proprie che garantiscano indipendenza alle istituzioni europee senza dover dipendere dalle condizioni poste di volta in volta dai maggiori stati membri superando l’attuale sistema fondato sui contributi dei singoli paesi. La combinazione di una carbon tax europea ed una tassa sulle transazioni monetarie offrirebbe le risorse sufficienti a far fronte agli impegni garantendo risorse realmente “proprie” e incrementando la trasparenza agli occhi dei cittadini europei.