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Tutte le bugie del neoliberismo

“Il mercato rende liberi”, il nuovo libro di Mauro Gallegati, è un corpo a corpo con la teoria economica dominante per mostrarne tutti i limiti concettuali e metodologici, insieme alle gravi conseguenze sociali e ambientali prodotte dalla sua acritica e fideistica accettazione. Ma un’alternativa esiste.

Con il rigore e l’ironia di sempre, Mauro Gallegati torna nel suo ultimo libro a sfatare uno dei miti del nostro tempo: il mercato rende liberi. Lo fa attraverso una pars destruens che mostra le incoerenze logiche e le debolezze teoriche dell’approccio assiomatico marginalista – tutt’oggi dominante nella disciplina economica – e una pars construens che descrive l’approccio teorico e modellistico dei Sistemi Adattivi Complessi (SAC), sviluppato negli ultimi anni e considerato più idoneo a studiare il funzionamento dei sistemi economici contemporanei.

La critica dell’impianto modellistico e teorico dominante

La fede cieca nel funzionamento del mercato, così come descritto dagli assiomi che stanno alla base dei modelli economici di impianto marginalista, ha trasformato l’economia in una scienza inutile, incapace – per costruzione – di descrivere il funzionamento dinamico delle economie contemporanee e soprattutto di spiegare le crisi che negli ultimi decenni hanno afflitto le società in cui viviamo.

Ad oggi, l’impianto teorico dominante nella disciplina economica è ancora quello introdotto da Leon Walras alla fine del XIX secolo, in seguito esteso da Kenneth Arrow e Gérard Debreu tra gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, ossia l’impianto dell’Equilibrio Economico Generale (EEG), attualmente in voga nella sua versione dinamica e stocastica – i c.d. modelli Dinamici Stocastici di Equilibrio Generale (DSGE)[1]. Tale architettura teorica e modellistica è il frutto dell’applicazione della meccanica classica (o newtoniana) e dell’individualismo metodologico alla disciplina economica. È qui che avviene il passaggio cruciale dall’economia politica dei Classici (Adam Smith e David Ricardo), e della critica di Karl Marx, all’economics marginalista[2] (o neoclassica). La prima, un’economia intesa come scienza sociale, indissolubilmente legata alla storia e alla filosofia politica e morale, e rivolta allo studio di problemi cruciali quali la distribuzione del sovrappiù tra le classi sociali e il legame tra progresso tecnologico e sviluppo delle economie capitalistiche. La seconda, invece, come scienza neutra che tenta di fornire una descrizione ingegneristica o meccanica a fenomeni economici e sociali che per loro natura non posso essere descritti tramite un approccio riduzionista.

Questo significa che ridurre il comportamento del sistema economico nel suo complesso, ossia a livello macroeconomico, al comportamento microeconomico di un singolo agente rappresentativo (impresa o consumatore) – il c.d. homo oeconomicus – che è in grado di compiere, grazie all’ipotesi di razionalità perfetta, una scelta ottima (di consumo o produzione) su mercati perfettamente concorrenziali in cui l’interazione tra agenti economici avviene solo indirettamente attraverso i prezzi, potrebbe non descrivere quello che avviene nella realtà che ci circonda.

Gallegati ripercorre dunque, quella strada che ha portato parte della disciplina economica a decostruire, un pezzo alla volta, l’impianto modellistico e teorico dominante e i suoi assiomi, servendosi di contributi fondamentali della storia del pensiero e dell’analisi economica – quali, ad esempio, il teorema di Sonnenschein-Mantel-Debreu (SMD) o il “dibattito sul capitale” tra le due Cambridge – del tutto ignorati o scavalcati dai fautori dell’impianto marginalista. Le fondamenta del palazzo sono irrimediabilmente compromesse, ma si continuano ad aggiungere ulteriori piani e migliorie per evitare il crollo.

Alle difficoltà teoriche si aggiunge il duro scontro con la realtà dei fatti. L’impianto marginalista, sia nella versione neoclassica che nella versione neo-Keynesiana, non può infatti rappresentare o contemplare – per costruzione – alcuni dei fenomeni che caratterizzano la dinamica dei sistemi capitalistici contemporanei quali, ad esempio, il conflitto distributivo tra le classi descritto dai classici e da Marx, l’instabilità finanziaria intrinseca teorizzata da Hyman Minsky, l’incertezza forte e la domanda effettiva al centro dell’opera di John Maynard Keynes, o la natura evolutiva del processo di innovazione tecnologica così come teorizzata da Joseph Schumpeter e dai suoi successori.

Dunque, sebbene la Grande Recessione del 2008-09 abbia irrimediabilmente messo a nudo le criticità teoriche dell’economica dominante, spingendo un numero crescente di economisti a ragionare intorno all’opportunità di utilizzare approcci teorici e modellistici più adeguati, ad oggi il nuovo fatica a consolidarsi e il vecchio è duro a morire. «In questo interregno – ammonisce Gallegati, citando Gramsci – si verificano i fenomeni morbosi più svariati». Nel caso delle politiche economiche ancora ispirate dall’impianto teorico marginalista, questo significa imporre ai Paesi della periferia dell’Eurozona ossimoriche ricette di austerità espansiva, politiche di deflazione salariale per ridurre la disoccupazione, stimolare la crescita attraverso la flat tax o invocare le forze del mercato per orientare prezzo e quantità dei dispositivi di protezione (le mascherine) durante una pandemia globale.

Da questo punto di vista, il libro di Gallegati è dunque impreziosito dal tentativo di affiancare alla critica dell’economia assiomatica marginalista la discussione dei risvolti pratici, e dannosi, che tale approccio ha avuto negli ultimi decenni come conseguenza dell’adozione di politiche economiche che dipendono in modo cruciale dall’impianto teorico sottostante[3].

La complessità come nuovo paradigma teorico

La teoria della complessità opera un cambiamento radicale di paradigma in termini epistemologici rispetto al riduzionismo marginalista, proponendo un approccio teorico alternativo in grado di comprendere al suo interno – per quanto possibile per una scienza sociale – quelle componenti teoriche necessarie a descrivere la realtà che ci circonda. Lo fa attraverso la rappresentazione del sistema economico come Sistema Adattivo Complesso (SAC), ossia non più il contenitore di monadi – l’impresa o il consumatore rappresentativo – avulso dal progredire del tempo storico (c.d. ipotesi di ergodicità) descritto dall’EEG di Walras, ma un ambiente dinamico e adattivo all’interno del quale hanno luogo fenomeni auto-organizzativi collettivi che emergono dall’interazione diretta tra un elevato numero di agenti eterogenei e l’ambiente circostante al di fuori dell’equilibrio.

Questo significa che le proprietà del sistema, a livello macroeconomico, non sono più riducibili alle proprietà di un singolo agente rappresentativo (impresa o consumatore) e, soprattutto, che lo studio dell’interazione dinamica e strategica tra gli agenti eterogenei che popolano il sistema di riferimento – continuamente esposti a processi di apprendimento, selezione e adattamento – è cruciale per studiare le configurazioni macroeconomiche come proprietà emergenti.

Uno degli strumenti attualmente più diffusi nella disciplina economica per descrivere l’economia come un SAC è la classe di modelli ad agenti eterogenei interagenti (c.d. agent-based models, ABM), cui Gallegati ha personalmente dedicato gran parte della propria attività accademica e di ricerca. Dunque, «il problema – come si chiarisce nel testo – non è certo la matematica ma l’uso che se ne fa» e, in particolare, quale matematica e quale “cassetta degli attrezzi” riteniamo più adatta a descrivere i fenomeni economici complessi che caratterizzano le società in cui viviamo.

La risposta per l’autore risiede nella costruzione di un paradigma alternativo che superi il riduzionismo dei modelli di EEG, e delle loro estensioni dinamiche e stocastiche, in favore di un approccio olistico che, sfruttando le tecniche modellistiche della moderna meccanica statistica e della biologia evolutiva – oggi utilizzate sia nelle scienze dure che in numerose scienze sociali – sia in grado di rappresentare con successo le caratteristiche intrinseche dei sistemi economici contemporanei e di confrontarsi con le problematiche e i temi del nostro tempo come, ad esempio, le disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza, l’impatto ambientale, la dinamica evolutiva del cambiamento tecnologico, o l’instabilità finanziaria.

Il mercato rende liberi propone il racconto di quest’avventura. La strada è ancora lunga – come chiarisce lo stesso Gallegati – ma solo intraprendendola potremo scoprire dove conduce. Questa è la convinzione che ha motivato e motiva la ricerca dei numerosi giovani ricercatori ed economisti che negli ultimi anni hanno deciso di dedicarsi allo studio dell’economia come sistema adattivo complesso, molti dei quali – come chi scrive – ispirati proprio dal lavoro di economisti come Mauro Gallegati.

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Note

[1] Sono due i filoni teorici che attualmente si contendono la scena dei modelli DSGE, ossia il filone neoclassico dei modelli di ciclo reale (Real Business Cycle, RBC) e il filone Neo-Keynesiano, frutto della c.d. “sintesi neoclassica” e, dunque, della rivisitazione del pensiero di Keynes all’interno di modelli di EEG che contemplano rigidità nominali (cioè di prezzi e salari) e concorrenza imperfetta sui mercati.

[2] Il nome deriva dall’applicazione della tecnica di calcolo infinitesimale per definire il concetto di utilità marginale del consumatore, ossia una misura dell’aumento di soddisfazione soggettiva ricevuta dall’individuo a fronte di un aumento del consumo di un bene (a parità del consumo di altri beni). La teoria del valore-lavoro dei classici e di Marx, secondo cui il valore dei beni prodotti risiedeva nella quantità di lavoro impiegata per produrli, viene dunque sostituita da una teoria del valore incentrata sul grado di soddisfazione soggettiva (l’utilità) derivante dal consumo dei beni.

[3] Si veda L. Fanti e M. Gallegati (2018), Gli incalcolabili danni dell’economia mainstream, Sbilanciamoci.info, https://sbilanciamoci.info/gli-incalcolabili-danni-delleconomia-mainstream/


Mauro Gallegati, Il mercato rende liberi. E altre bugie del neoliberismo, prefazione di Francesco Saraceno, LUISS University Press 2021, pp. 126, € 16,00