La grande retorica della Commissione Europea e del Ministro Carlo Calenda sui presunti benefici del TTIP al nostro Paese si ferma davanti a un report della DG Internal Policies commissionato dal Parlamento Europeo. Secondo il rapporto “TTIP and Jobs” la conclusione del trattato transatlantico “porterà ad una sostanziale riallocazione di posti di lavoro”, con un […]
La grande retorica della Commissione Europea e del Ministro Carlo Calenda sui presunti benefici del TTIP al nostro Paese si ferma davanti a un report della DG Internal Policies commissionato dal Parlamento Europeo.
Secondo il rapporto “TTIP and Jobs” la conclusione del trattato transatlantico “porterà ad una sostanziale riallocazione di posti di lavoro”, con un impatto negativo nel breve termine e un ipotetico impatto positivo sul lungo termine, ma in realtà ancora da definire e contabilizzare. L’ipotesi di impatti positivi nel lungo termine si scontra inrealtà con gli effetti che troppe volte le liberalizzazioni dei mercati hanno portato nella ristrutturazione delle economie, con interi settori che collassano e altri che, pur espandendosi non sono in grado di riassorbire le persone espulse dal mercato del lavoro. Il TTIP avrà impatti diversi a seconda dei Paesi, e l’Italia pare subire gli effetti più pesanti. A pagina 40 del rapporto si vede come l’Italia è seconda solo alla Germania per la perdita di posti di lavoro (quasi 300mila), con guadagni di reddito procapire che non superano lo 0.5%.
Quali saranno i settori più colpiti? In particolar modo l’industria come la produzione di macchinari elettrici, metalmeccanica, servizi finanziari (pag 38 e 39).
Per far fronte alla perdita di posti di lavoro il documento è chiaro: “programmi speciali di assistenza per gli aggiustamenti legati al commercio, nella forma ad esempio dell’European Globalization Adjustment Fund (EGF), potrebbero essere necessari per ragioni di politca economica considerato che le riallocazioni indotte dal commercio sono percepite come particolarmente ingiuste”. Potrebbe essere necessario “strutturare un programma speciale per affrontare le ripercussioni negative dovute al TTIP”.
Quanto l’Europa non sia pronta a tutto questo, lo dimostra il taglio dell’EGF da 500 milioni di euro a 150 milioni per il periodo 2014 – 2020. Proprio mente gli Stati Uniti hanno aumentato lo stanziamento a 2.3 miliardi di dollari lo scorso maggio 2015, proprio per contrastare gli effetti negativi del TPP (la Transpacific Partnership) e del TTIP.
Insomma, il combinato disposto degli effetti negativi del TTIP con i piani di austerità e di taglio dei costi sociali potrebbe far diventare il trattato transatlantico ancor più indigeribile di quantò già non sia.