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Tra unicorni e balene, le regole del gioco dell’AI

Si parla di “momento Sputnik” per l’ultimo modello di intelligenza artificiale cinese, un sorpasso tecnologico che mette in crisi il gigantismo dell’AI Usa, alimentata dall’hype di un’intelligenza sovraumana. E’ lo scontro tra due modelli, uno fondato su un sistema industriale, l’altro su finanza e narrazione.

Mentre persiste l’eco di Stargate – l’accordo del 21 gennaio da 500 miliardi di dollari sponsorizzato da Trump e dedicati allo sviluppo della intelligenza artificiale americana –  il rilascio pubblico di DeepSeek è una società cinese che ha prodotto più modelli di intelligenza artificiale, sviluppando e mantenendo un codice open source. Il suo ultimo modello, denominato R1 batte il modello o1 di OpenAI su diversi test di valutazione. Gran parte dell’allarme degli Stati Uniti è stato immediatamente alimentato dalla competizione tecnologica con la Cina, essendo, la comparsa del concorrente asiatico, un evento perfetto nell’alimentare il sentimento anti cinese. Marc Andreessen, finanziatore di start-up tecnologiche e grande supporter di Trump, oltre che  esponente di punta della tecnodestra americana, ha parlato di “momento Sputnik” dell’Intelligenza Artificiale, rievocando la capacità dell’Unione Sovietica nel superare gli Stati Uniti nel mandare in orbita il primo satellite nella storia. 

Ma accanto all’argomento della competizione tecnologica, senza dubbio rilevante nel quadro intrinsecamente aggressivo della amministrazione Trump, è bene porre l’attenzione a come il rilascio di DeepSeek produca una insidia profonda al paradigma finora dominante nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: più datacenter, più energia più risultati. Un gigantismo che finora ha agito in assenza di limiti, ma per il quale servono soldi, tanti soldi. La messa in rete pubblica di Deepseek R1 ha dimostrato che si possono sviluppare modelli di intelligenza artificiale di punta agendo in maniera decisa sulla efficienza dell’architettura del software sottostante. Deepseek ha sviluppato una diversa modalità di funzionamento dei modelli di linguaggio, cosa che le ha permesso di utilizzare processori non all’avanguardia (gli H800 di Nvidia) e superare in tal modo l’embargo americano dei più potenti H100, pure di Nvidia. Il tutto spendendo una frazione risorse economiche (stimata in circa 1/50 di quelle dei modelli concorrenti) e con minimi dispendi di energia.  Senza dubbio il quadro descritto non appare una buona notizia per aziende che hanno puntato tutto sul gigantismo tecnologico quale necessità assoluta per la costruzione della futura “Intelligenza Artificiale Generale”. 

Certamente l’approccio centrato sull’allargamento della capacità di calcolo (più risorse hardware, più data center, più risultati) ha portato ad un miglioramento delle prestazioni della Intelligenza Artificiale, ma questo può reggersi solo in funzione di un hype continuamente alimentato: l’Intelligenza Artificiale Generale come futura solutrice di tutti i problemi, compresi quelli generati dal suo sviluppo. Nel frattempo il finora inarrestabile incremento delle risorse utilizzate produce evidenti impatti negativi, a partire dall’incremento delle emissioni dovute al massiccio utilizzo di fonti fossili di energia. Ma l’hype, ben alimentato, arriva anche a fornirci la soluzione, dicendoci che l’Intelligenza Artificiale Generale risolverà il problema del riscaldamento climatico motivo per il quale non c’è da preoccuparsi (e tuttavia, in attesa della soluzione, le stesse aziende tecnologiche che alimentano l’hype si organizzano per un massiccio rilancio del nucleare) .

Ora, l’avvento di DeepSeek svela che il gigantismo continuamente perpetuato dalle aziende nello sviluppo della Intelligenza Artificiale, a partire da OpenAI, riguarda maggiormente il loro modello di finanziamento che una reale necessità tecnica. Infatti lo sviluppo futuro di una Intelligenza Artificiale Generale, in grado di risolvere tutti i problemi, è un obiettivo che può facilmente vedere  accomunati decisori politici e amministratori aziendali, indipendentemente dal fatto che il suo raggiungimento sia più o meno possibile o realistico (comunque, nel frattempo, va bene anche sviluppare una Intelligenza Artificiale che possa portare al predominio tecnologico di un paese o di una azienda). In una economia occidentale alimentata più dalle aspettative di guadagno che dalla capacità di produzione reale, l’hype della Intelligenza Artificiale Generale si è dimostrato perfetto per attrarre la grande quantità di capitali in cerca di approdi remunerativi, come dimostra l’incremento massiccio del volume degli investimenti globali nella nella Intelligenza Artificiale Generativa.

L’avvento di DeepSeek, azienda cinese che ha sviluppato un codice aperto di Intelligenza Artificiale, il cui responsabile dichiara esplicitamente di puntare sull’innovazione di prodotto più che sul profitto immediato, ha dato un forte  segnale in controtendenza, in grado di minare il gigantismo tecnologico alla radice. Ma c’è da esserne certi: è più che possibile che questo non piaccia a quelli che finora erano i soli giganti della Intelligenza Artificiale. E qualche segnale di resistenza (o forse colpo basso?) si inizia ad intravedere

Saranno forse i fondi di investimento a dirci a breve se l’hype si comincia a sgonfiare. C’è già chi pensa che una bolla speculativa sia pronta a sgonfiarsi, o a esplodere.