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Sull’ambiente Cina sul banco degli accusati

La Cina sta facendo grandissimi sforzi per convertire la sua economia in produzioni verdi, così come la finanza. Restano da sciogliere i nodi della sua dipendenza dalle centrali nucleari e a carbone, che tuttavia ha ormai smesso di costruire.

In attesa della conferenza sul clima dell’Onu (Cop26), che si terrà a Glasgow in novembre, le varie potenze stanno mettendo a punto le loro mosse. Questo sembra un periodo apparentemente propizio per i paesi occidentali – e per i loro organi di stampa – al fine di accentuare gli attacchi contro la politica climatica cinese. Si accusa il governo di Pechino di essere di gran lunga il maggior responsabile dell’inquinamento mondiale, di continuare tra l’altro a costruire in grande quantità centrali a carbone in Cina e nei paesi toccati dalla Belt and Road Initiative, mentre si chiede imperiosamente allo stesso paese e all’India di fare molto di più, dettando le linee di intervento che dovrebbero essere attuate, senza peraltro guardare nel cortile di casa propria. Come stanno veramente le cose?

Bisogna ricordare che se di certo la Cina non è esente da pecche anche gravi sul fronte ambientale, se si misurano i livelli di inquinamento pro-capite si scopre che quelli statunitensi, australiani, canadesi sono pari a più del doppio di quelli cinesi e che comunque circa l’80% dell’inquinamento globale registrabile oggi nel mondo è stato provocato nel tempo dalle emissioni dei paesi occidentali. Con la reprimenda alla Cina e all’India si cerca in sostanza di scaricare gran parte dell’onere del disinquinamento in maniera più che proporzionale sulle spalle di tali paesi, provando a governare complessivamente la questione e facendo opera di propaganda.

Le centrali a carbone, punto debole del paese 

Cominciamo dall’analisi di una delle questioni più controverse. Per quanto riguarda le centrali a carbone è vero che sino a non molto tempo fa la Cina accettava di costruire e finanziare tali impianti in molti altri paesi, ma quella pratica è ormai stata fermata. Già nel 2019 e nel 2020 sono stati bloccati progetti di centrali a carbone all’estero per 47 miliardi di dollari e nessun progetto nuovo è stato avviato nel 2021 (The Economist, 2021).  

Sul fronte interno, nel 2020 la Cina ha creato in effetti tre volte tanto nuova capacità produttiva nel settore che il resto del mondo messo insieme e le sue centrali a carbone coprono da sole il 12% dei livelli di inquinamento mondiale; il paese è ancora oggi molto dipendente dallo stesso carbone per i suoi bisogni energetici. 

Ma nel gennaio del 2021 il Consiglio di Stato ha aperto un’inchiesta sulla NEA, l’ente che aveva approvato i progetti di nuove centrali a carbone, ordinando contemporaneamente lo smantellamento di molte di esse. Il paese ha promesso che le emissioni di CO2 dal carbone smetteranno di crescere a partire dal 2025 (Kidney, 2021).

Ricordiamo che, più in generale, la Cina si è fissata l’obiettivo di raggiungere il picco di emissioni inquinanti entro il 2030 (ma probabilmente lo farà in realtà nel 2025-2026) e di attivare alla neutralità carbone entro il 2060 (anche in questo caso si dovrebbe arrivarci con qualche anno di anticipo).

Le cifre complessive della situazione

Il paese asiatico appare in ogni caso e per molti versi all’avanguardia nei processi di riduzione dei livelli di inquinamento. 

In termini generali, la Cina è il paese che in effetti si impegna di gran lunga di più sul fronte delle energie pulite. Nel 2019 essa ha investito nel settore 83,4 miliardi di dollari, contro i 55,5 miliardi degli Stati Uniti, i 16,5 del Giappone e i 9,3 dell’India (fonte: Statista). Nel 2020, la classifica mondiale per quanto riguarda la capacità installata totale nel settore delle energie rinnovabili vedeva la Cina al primo posto con 895 gigawatt, seguita solo alla lontana dagli Stati Uniti con 292 gigawatt (fonte: Statista).

Per altro verso, come indica uno studio molto recente dell’università di Chicago (Landrin, 2021), tra il 2013 e il 2019 la Cina ha ridotto il livello di inquinamento relativo alle particelle fini del 29%, ciò che rappresenta circa i tre quarti della riduzione dell’inquinamento atmosferico nel mondo nello stesso periodo. In conseguenza, afferma lo stesso rapporto, tra l’altro i cinesi hanno visto allungarsi in media la loro vita di 1,5 anni.

Ora, per far fronte ai piani di abbattimento delle emissioni da qui al 2060 si valuta che il paese dovrebbe investire circa 20 trilioni di dollari nel periodo. 

Veicoli, energia, alberi, finanza, trading

Si è intervenuti sul fronte dell’inquinamento in diversi settori. Bisogna ricordare intanto che è grazie soprattutto alle normative emesse a suo tempo dalla Cina che si è imposto a livello mondiale l’impiego dell’auto elettrica, dato anche il fatto che quello cinese è il mercato più importante del settore; oggi il paese è il principale produttore e il principale mercato anche di tale tipo di veicoli e vi circola inoltre il 99% dei autobus elettrici del mondo; imponenti investimenti hanno poi contribuito a creare una grande rete di stazioni di ricarica. 

Inoltre, è solo grazie sempre alla Cina ed in particolare alla sua determinazione e ai suoi investimenti, che questi settori hanno raggiunto grandi economie di scala, che si è riusciti a far diventare nella sostanza competitive in pochi anni l’energia solare e quella eolica. Oggi il paese è un grande esportatore di prodotti e servizi nelle rinnovabili. 

Bisogna inoltre ricordare che la Cina è di gran lunga il paese che negli ultimi decenni ha piantato più alberi al mondo e dovrebbe entro il 2025 piantarne ancora per una superfice pari a 33 milioni di ettari, equivalente nella sostanza al territorio del Belgio. L’impegno cinese ha toccato diverse altre aree di intervento.

Intanto sul fronte finanziario la banca centrale cinese valuterà i vari istituti operanti nel paese sulla base del loro livello di prestiti verdi e sulla loro detenzione di bond verdi, fornendo prestiti a tassi scontati a quelli che si impegnano seriamente su tale fronte, mentre il mercato delle obbligazioni verdi è in pieno boom (Kidney, 2021).

E’ stato inoltre imposta alle imprese la pubblicazione periodica obbligatoria di informazioni sui loro dati ambientali.

Infine nel luglio del 2021 la Cina ha lanciato il più grande schema al mondo di trading sulle emissioni di carbonio. I critici occidentali sottolineano che esso non appare abbastanza ambizioso, ma la Cina ribatte che esso potrà con il tempo essere migliorato, mentre esprime fiducia nel fatto che con il tempo esso ricoprirà un ruolo molto importante nel ridurre le emissioni inquinanti.

Alcune questioni pendenti

Mentre sembrano ancora in parte da chiarire le intenzioni del paese sul fronte delle centrali a carbone, il cui destino pesa notevolmente sulla valutazione del quadro energetico complessivo del paese, tra gli elementi negativi che si possono rilevare nella situazione cinese c’è il fatto che il paese persegue grandi investimenti nelle centrali ad energia nucleare.

Oggi sono operanti nel paese 50 impianti di questo tipo, mentre altri 14 sono in costruzione. Il paese è oggi al terzo posto nel mondo come numero di reattori in operazione e al primo per quelli in costruzione, mentre la capacità nucleare del paese potrebbe raddoppiare da qui al 2030, quando dovrebbe coprire circa il 10% della produzione di energia nazionale.  

Inoltre, qualche dubbio può essere espresso sui progetti, su cui si dà molta enfasi nel paese, volti ad affondare il carbonio sotto la superficie degli oceani. Anche su questo tema si sa relativamente poco.

Conclusioni

 Dall’analisi svolta emerge un quadro della situazione e delle prospettive dei programmi cinesi sul fronte della lotta all’inquinamento molto diverso da quello corrente e che leggiamo tra l’altro di solito sulla stampa occidentale, anche se non tutto splende di luce.

Permangono certamente dei problemi e delle questioni non del tutto chiare, da quella relativa all’utilizzo del carbone al programma di energia nucleare, ma complessivamente ci sembra di poter dire che la Cina sembra fare moltissimi sforzi, certamente più di quelli di molti dei paesi suoi critici, per combattere i problemi ambientali.   

Naturalmente dipenderà moltissimo da tale paese se il mondo riuscirà ad evitare la catastrofe ambientale. Ma noi pensiamo che alla fine esso sarà tra quelli più diligenti nel cercare di schivare il pericolo.

Testi citati nell’articolo:

Kidney S., China’s steps to turn green, The Banker, newsletter Sustainable views, 25 agosto 2021

-Landrin S., L’Inde exposée à des niveaux de pollution extremes, Le Monde, 7 settembre 2021

The Economist, Squeezing out the carbon, 4 settembre 2021