L’economista e sociologo tedesco Wolfgang Streeck critica la Commissione guidata da Ursula von der Leyen e propone un modello di governo decentrato per l’Unione europea. Da il manifesto
Wolfgang Streeck, che è direttore emerito emerito dell’Istituto Max Planck per lo studio delle società con sede a Colonia ed è uno dei più noti intellettuali di sinistra in Germania, ritiene che non possiamo pensare oggi all’Europa senza tenere in considerazione il suo ruolo nell’ordine mondiale che si va ridisegnando con il conflitto in Ucraina e la «nuova guerra fredda» tra Stati Uniti e Cina. A suo parere, la sinistra deve ripartire da qui per decidere quale visione dell’integrazione sostenere, se finalizzata alla creazione di una entità sovranazionale, sempre più centralizzata, o di una piattaforma decentrata e più democratica.
In una sala del Palazzo Mediceo di Montepulciano, in provincia di Siena, dov’è stato invitato dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil in una manifestazione intitolata «Luci sul lavoro», il sociologo ed economista tedesco va oltre il suo ultimo libro Globalismo e democrazia, appena pubblicato in Italia (Feltrinelli, euro 33, 416 pagine), per sostenere che l’integrazione europea è fallita non tanto sul piano economico o sociale, quanto sul suo ruolo nello scenario globale, a causa della sua subalternità agli Stati Uniti. A suo avviso, la debolezza istituzionale del potere continentale si era già manifestata quando la Commissione europea era presieduta da Jean Claude Juncker, che si trovò a gestire la crisi della Grecia. La guerra in Ucraina ha reso evidente la sua incapacità di porsi come un terzo attore, nonostante i tentativi del presidente francese Emmanuel Macron di prendere iniziative autonome. Al contrario, «la Commissione guidata da Ursula von der Leyen ha usato la guerra per sostenere la strategia americana», adottando un’«economia bellica» che accompagna le decisioni militari prese a Washington.
Strereck ha dedicato gran parte del suo lavoro alle dinamiche del capitalismo moderno e le sue critiche all’Unione europea lo hanno avvicinato alle sinistre più nazionaliste. Con un’estrema semplificazione, si può dire che il suo obiettivo finale è comprendere come la politica può riprendere il controllo sull’economia, che la globalizzazione ha reso dominante. Dal 2014 ha animato un intenso dibattito con il filosofo Jürgen Habermas, che al contrario è un forte sostenitore di un’unione politica dell’Europa. Lo stesso Habermas, che ha criticato molte posizioni di Streeck scettiche sul processo di integrazione europeo, ha però elogiato le sue argomentazioni sui costi insostenibili delle politiche di austerità e ha condiviso le critiche alla «tecnocrazia» di Bruxelles.
A ottobre del 2023, in un’intervista a un giornale tedesco Streeck ha augurato «ogni successo immaginabile» al nuovo partito Bsw fondato dall’ex vicepresidente della Linke Sahra Wagenknecht, che si è poi presentato alle elezioni europee ottenendo il 6,2 per cento e sei eurodeputati con un programma che si opponeva all’invio di armi all’Ucraina, alle politiche verdi e all’immigrazione incontrollata, smarcandosi dal resto delle sinistre europee e attirandosi numerose critiche. Streeck ha in seguito negato di essere contro i migranti e ha spostato l’attenzione sulla giustizia sociale, specificando che «la Germania ha bisogno di una politica sull’immigrazione», anche perché «le seconde generazioni hanno pessime opportunità nel sistema scolastico e di conseguenza nel mondo del lavoro». Sulle altre questioni, nel suo endorsement per il nuovo partito «sovranista di sinistra» tedesco ha sostenuto che, «rispetto al capitalismo della distruzione creativa, la sinistra è sempre stata conservatrice».