Il libro su Sindona uscito di recente cerca di tenere viva la memoria di un’epoca complicata, ma fondamentale, della nostra non brillante storia recente
Un nuovo libro di storia, antica, moderna o contemporanea che sia, che tratta di un tema già esplorato in passato, si può ancora giustificare per diverse ragioni. Intanto perché esso riferisce di nuove scoperte o di nuove interpretazioni sul soggetto; oppure perché porta alla conoscenza di un più largo pubblico fatti sino ad allora racchiusi nel cerchio degli specialisti della disciplina – ma da noi i testi di divulgazione, come è noto, non attirano molto gli studiosi –; o, ancora, perché esso tenta di rinnovare ad ogni nuova generazione il ricordo di fatti che è importante che non cadano nell’oblio o nell’indifferenza; infine, più in generale, riprendere certi temi, anche se non c’è una qualche importante novità in gioco, può anche servire da stimolo a ridiscutere di alcuni nodi anche lontani, ma ancora non risolti.
Il libro su Sindona uscito di recente (Marco Magnani, Sindona. Biografia degli anni Settanta, Einaudi ed., Torino, 2016) si può intanto giustificare in qualche modo perché esso cerca di tenere viva la memoria di un’epoca complicata, ma fondamentale, della nostra non brillante storia recente, nonché di un personaggio certo poco entusiasmante, ma abbastanza tipico di una certa Italia, mentre non sembra che esso apporti invece moltissimo di nuovo alla conoscenza dei fatti e delle interpretazioni (almeno è questa la nostra impressione).
Né in esso si nota uno sforzo particolare di divulgazione. I testi centrati sul banchiere siciliano pubblicati nel tempo sono almeno sei o sette e gli studi e gli articoli che comunque ne parlano in un contesto più generale sono molti di più. Su questo fronte il volume citato, anche se è relativamente agile, contenendo in tutto meno di 150 pagine, ci sembra un intrico di vicende molto complesse e si fa fatica di frequente a seguirne con attenzione i dettagli. Ma sarebbe stato probabilmente difficile presentare le cose in maniera più semplice, vista la grande tortuosità del personaggio, la girandola vorticosa degli eventi, delle persone e delle vicende del nostro paese, cose che, tra l’altro, è molto difficile da spiegare di solito non solo a degli osservatori stranieri, di frequente estranei alle nostre sottili tortuosità, ma anche a quelli nostrani.
Inoltre, è peraltro vero che il testo potrebbe aiutare a rifocalizzare meglio l’attenzione su alcuni dei nodi economici e politici che bloccano il nostro paese da troppo tempo. Senza capire il passato appare certo difficile riuscire ad andare avanti ed il fatto è che i problemi di allora sono ancora tutti al loro posto ed anzi con il tempo se ne sono aggiunti anche dei nuovi.
L’autore e i contenuti
L’autore del volume è un economista che lavora da circa 35 anni presso la Banca d’Italia, dove si è occupato nel tempo di diversi temi, oltre che di storia economica. Egli ha in effetti affrontato argomenti di economia industriale, di mercato del lavoro, di economia regionale. Magnani è autore di numerosi studi pubblicati tra il 1989 e il 2013 e questo sia sotto forma di libri scritti da solo o insieme a qualche altro studioso che di contributi ad opere collettive sempre sui temi citati e sempre presso case editrici tra le più importanti del paese.
Vorremmo segnalare, tra i suoi scritti, in particolare un’altra biografia, quella su Beneduce, un altro personaggio chiave del Novecento italiano, pubblicata nel 2009 insieme a Mimmo Franzinelli, nonché L’industria tra capitale e lavoro, volume scritto nel 1989 insieme questa volta a Fabrizio Barca.
La prima parte del nuovo libro, piuttosto sintetica, ricorda il contesto economico, sociale, politico entro cui vanno collocate le vicende del faccendiere siciliano ed essa fa soprattutto riferimento ad un arco temporale che va dai primi anni sessanta alla gran parte di quelli settanta.
Vi si ricorda prima il periodo del boom economico e dell’ingresso del paese nel novero delle nazioni sviluppate e industrializzate e poi, in relazione anche al mancato superamento degli squilibri generati dalla crescita economica e al nuovo quadro internazionale che si andava profilando, quello successivo dello scoppio della crisi e della stagnazione degli anni settanta.
Mentre vengono alla luce i primi grandi scandali del dopoguerra, parallelamente, sul piano politico, si afferma la formula del centro sinistra, che presto comunque fallisce nel tentativo di rinnovare il paese. Il fatto è che il nuovo progetto politico da una parte si trova di fronte al muro degli interessi costituiti, dei gruppi affaristici, clientelari e criminali, dall’altra deve parallelamente affrontare la scarsa voglia di cambiamento almeno di una parte importante della classe politica democristiana di allora. Così la destra conservatrice mantiene la sua salda presa sul paese.
Tali vicende si svolgono poi in un periodo caratterizzato da un contesto internazionale molto agitato, tra l’altro prima dalla guerra del Vietnam, poi dalla fine degli accordi di Bretton Woods, dalla crisi del petrolio e di quella del modello keynesiano di sviluppo, con l’aumento dei livelli di inflazione e il forte rallentamento dei tassi di crescita dell’economia.
La parte quantitativamente più importante del testo è poi la seconda, che prevede cinque capitoli distinti. Vi viene ricostruita sin dall’inizio la carriera del personaggio e il suo interagire con l’ambiente economico, politico, finanziario.
Sindona sbarca a Milano nel primo dopoguerra e si fa strada all’inizio come un esperto fiscalista. In Italia chi si intende veramente di tasse fa facilmente fortuna; ma il problema è dove arrestarsi, perché le occasioni e le tentazioni del mestiere sono molte e Sindona non si è certamente fermato a tale professione, che avrebbe potuto fornirgli una certamente vita agiata e senza preoccupazioni.
Presto egli estende e di molto la rete di amicizie grazie anche alla fama che su di lui si diffonde a Milano e a Roma; egli viene visto come una persona molto brillante, intelligente e capace. Ma si sa che spesso i nostri migliori cervelli sono votati al malaffare.
Egli acquista la prima piccola banca nel 1960, cui seguiranno società finanziarie e aziende industriali in Italia e poi all’estero; si sviluppano intanto, in effetti, i legami d’affari in particolare con gli Stati Uniti, paese dove con il tempo Sindona costituisce il secondo ramo del suo impero, in ambedue i casi con tortuose operazioni finanziarie e con intrecci societari tra i più complessi.
L’affarista si lega strettamente al Vaticano – già negli anni cinquanta era entrato nelle grazie di Montini – e si inserisce autorevolmente nelle attività dello Ior. Diventa così il finanziere di fiducia della Santa Sede. Fondamentali sono poi i suoi legami con la Dc, che contribuisce a finanziare, mentre anche gli industriali italiani in genere lo apprezzano molto. C’era forse da dubitarne? Su di un altro piano, stringerà più avanti rapporti importanti con Calvi e a Gelli, mentre un capitolo del testo è dedicato anche ai suoi legami con la mafia.
Ma i giochi da equilibrista con il tempo non riescono più e nel 1974, nonostante che prendano le sue difese buona parte della Dc e il Vaticano, nonché importanti esponenti del partito repubblicano statunitense anche grazie al suo anticomunismo dichiarato, l’impero collassa, sia negli Stati Uniti che in Italia, mentre le sue banche nei due paesi vengono dichiarate fallite.
Seguono tortuose vicende giudiziarie, caratterizzate da colpi di scena, piani di salvataggio, tentativi di ricatto, fughe, che si traducono, tra l’altro, prima con l’arresto negli Stati Uniti, poi con l’estradizione in Italia e con il suicidio. In questa fase, tra il 1974 e il 1986, nella lotta che Sindona ingaggia per salvarsi “egli riesce a procurarsi il sostegno di una costellazione straordinaria di poteri, legali ed illegali, cosa che divenne un emblema delle consorterie che soffocavano il paese” (Magnani).
Da ricordare nel quadro anche l’assassinio di Ambrosoli e l’arresto di Baffi e Sarcinelli, due fatti nei quali Sindona era fortemente implicato.
Sindona e l’Italia
Il finanziere siciliano riesce per molti anni a sfruttare a suo vantaggio la struttura di potere dominante allora nel nostro paese. È una struttura in cui si incontrano già e collaborano fattivamente potentati finanziari, uomini politici, membri dei vari governi, forze criminali, a partire dalla mafia, reti eversive, servizi segreti, ecc..
Il quadro che emerge a tale proposito dal testo, anche se in sostanza noto almeno nelle sue grandi linee, fa comunque impressione e ci ricorda che nel fondo da allora le cose non sono molto cambiate, anzi, mentre in quel tempo c’era ancora una speranza abbastanza forte di mutamento ed erano presenti delle forze importanti che si mobilitavano in quella direzione, oggi molte illusioni sono cadute e comunque le cose si sono molto aggravate sul piano finanziario come su quello politico. La situazione economica si è appesantita, il livello di corruzione è molto aumentato, lo spirito civile si è molto fiaccato.
In quegli anni, tra l’altro, Sindona incontra alcune persone rette che lo contrastano nei suoi disegni criminali: spicca a questo proposito la figura di Ambrosoli, ma sono ricordati nel testo anche dei politici come La Malfa e Merzagora.
Altri personaggi sono correttamente presentati nel testo con un ruolo più ambiguo e tra questi spiccano, tra gli altri, i grandi finanzieri Carli e Cuccia e ovviamente Andreotti, per il quale si può affermare che egli ebbe una parte abbastanza sinistra, anche se apparentemente defilata, nella vicenda.
Ma gli intrecci tra malaffare, politica, strutture pubbliche, si susseguono oggi ormai in maniera quasi frenetica, tanto che appare difficile seguire tutte le vicende con attenzione; comunque esse si assomigliano tra di loro. Così come sono simili tutte le vicende politiche. All’esterno ogni giorno siamo esposti alla retorica del cambiamento, di nuove squadre, nuovi orizzonti, nuove frontiere (Debray, 2016); l’uomo nuovo da noi ha sempre fortuna, il rinnovamento e la rottamazione sono vecchi come il mondo. I ritornelli sono sempre gli stessi: con me tutto cambierà, niente sarà più come prima. Ormai conosciamo a memoria questi ritornelli che però trovano sempre da noi un loro pubblico numeroso ed affezionato. Purtroppo la realtà è testarda e le cose, se cambiano, lo fanno da noi di solito in peggio.
Cuccia e Carli
Sfilano nel libro molti personaggi, forse troppi, in un carosello che lascia ad un certo punto anche parecchio disorientato il lettore.
Tra gli altri emergono, come già accennato, le figure di Cuccia e di Guido Carli. Il volume poteva essere l’occasione per osservare con occhio critico le loro vicende, in passato troppo analizzate in chiave positiva da una sinistra economica e politica culturalmente subalterna. Più in generale il Pci non ci fa nel libro una bella figura: spaesato è forse il termine che meglio fotografa la situazione del partito rispetto a tali avvenimenti.
Nel testo c’è solo qualche accenno ad alcuni aspetti non propriamente positivi dei due uomini di finanza; ricordiamo che Cuccia, che è ancora accreditato per aver salvato la grande impresa privata, salvò invece i patrimoni delle grandi famiglie e abbiamo poi visto come è andata a finire, con un cumulo di macerie. E i legami anche oscuri di Guido Carli con la DC e le sue “incertezze” nella vicenda Sindona fanno appena capolino nel testo; non c’era peraltro spazio per ricordare con la dovuta attenzione alcune decisioni del personaggio che peseranno poi a lungo negativamente sul paese.
Comunque una lettura che può essere utile.
Testo citato nell’articolo
-Debray R., Allons aux faits, Gallimard, Parigi, 2016