La CNESC, il CSVnet, il FNSC e la Rappresentanza Nazionale dei Volontari esprimono forte preoccupazione per l’incertezza in cui versa il futuro del servizio civile.
In seguito alla notizia che i fondi previsti dalla Legge di stabilità per il servizio civile saranno pari a 111 milioni per il 2023, 150 per il 2024 e 150 per il 2025.
Una notizia che attenua di molto la soddisfazione per le 71.741 posizioni finanziate per il bando 2022, il numero più alto di sempre che però è dipeso anche dai fondi del PNRR e dai risparmi generati dai mancati avvii del 2021.
Se per il 2023 potranno essere garantite quasi 55.000 posizioni anche grazie ai fondi del PNRR, per il 2024 e il 2025, senza PNRR e con i soli fondi previsti dalla finanziaria le posizioni si ridurranno drasticamente a circa 25.000.
Un brutto segnale per i giovani che vogliono impegnarsi per il bene comune e mettersi al servizio del Paese, e per gli enti che stanno investendo sul SCU.
Certamente gli enti e la rappresentanza dei volontari sono consapevoli delle sfide economiche e sociali che l’Italia attraversa in questo delicato momento, tuttavia investire maggiori risorse sul Servizio Civile significa dare un’ulteriore risposta ai problemi e alle difficoltà del Paese, valorizzando uno strumento di inclusione sociale, di benessere per i cittadini e le comunità, di promozione della pace, e investendo nella educazione civica dei giovani e nella loro partecipazione alla vita del Paese.
Auspicano, quindi, che il Presidente del Consiglio dei Ministri presti fede agli impegni assunti in campagna elettorale, quando a Vita dichiarava di “prevedere lo stanziamento triennale di risorse strutturali per il Fondo nazionale per il servizio civile, così da permettere ai tanti giovani che ne fanno richiesta di vederla accolta anziché rigettata per mancanza di risorse”, e chiedono al Governo di dare piena attuazione al decreto 40 del 2017 investendo risorse per almeno 285 milioni per il 2023 e 500 milioni annui per il 2024 e 2025 che diano stabilità al prossimo triennio.
In assenza di questi investimenti saremo ben lontani da quella programmazione pluriennale degli interventi prevista dalla riforma e, soprattutto, da quell’obiettivo di universalità di accesso a tutti i giovani che l’ha ispirata.