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Scandalo digitale, va in onda il regalo alle tv

Le frequenze liberate grazie al passaggio al digitale sono un bene pubblico prezioso. In tutto il mondo i governi le mettono all’asta, il nostro le dà gratis alle tv

Mentre il governo italiano dimezza le agevolazioni alla stampa e blocca i finanziamenti per la banda larga Internet, si appresta invece a fare un regalo favoloso alle televisioni donando loro praticamente senza contropartite un bene pubblico preziosissimo che vale miliardi di euro: le frequenze. Nel paese caratterizzato dal più clamoroso conflitto di interessi del mondo occidentale sta accadendo che – a differenza di quello che avviene in Europa – il governo darà gratis alle televisioni le frequenze pubbliche liberate con il passaggio dalla Tv analogica a quella digitale, il cosiddetto dividendo digitale. Un caso da manuale di privatizzazione (gratuita) di un bene pubblico. All’estero invece buona parte del dividendo digitale viene messo all’asta, genera preziosissimi soldi per le casse dello stato a favore dei cittadini contribuenti, e viene utilizzato per colmare il gravissimo divario digitale tra chi ha accesso a Internet ad alta velocità e chi no. Lo stato tedesco prevede di incassare circa 4-8 miliardi di euro dall’asta che è iniziata ad aprile (*). Il Tesoro americano (e quindi i contribuenti statunitensi) ha già incassato 19 miliardi dall’asta per le frequenze liberate dalla vecchia tv analogica; e la Federal Communications Commission, l’autorità di controllo del settore, vorrebbe ricavare ancora l’astronomica cifra di 50 miliardi dalle prossime aste per assegnare il dividendo digitale agli operatori mobili e diffondere la banda larga wireless (senza cavi) in tutte le aree urbane e rurali. Il governo francese prevede nella sua finanziaria di incassare solo per quest’anno 1,4 miliardi dall’asta sulle frequenze. In Gran Bretagna l’Ofcom, l’autorità che governa il comparto, programma di ricavare parecchi miliardi dalle aste.

Sono soldi molto importanti e molto preziosi in tempo di crisi e di pesanti deficit pubblici. Da soli fanno “una manovrina”. Ma in Italia invece tutte le frequenze più pregiate andranno alle televisioni, prevedibilmente a basso costo o gratis. Grazie a questa concessione il governo potrà vantare indubbi titoli di merito presso le televisioni nazionali e locali che sono indispensabili per vincere le elezioni. L’Autorità delle comunicazioni presieduta da Corrado Calabrò sta infatti procedendo a formulare il nuovo piano nazionale delle frequenze e prevede di assegnare con gara le 5 frequenze (o multiplex) liberate grazie al passaggio alla tv digitale. Ma il governo e l’Autorità – quest’ultima per la verità non senza contrasti e solo a maggioranza – hanno già stabilito che le gare saranno aperte solo ai broadcaster. Le frequenze verranno utilizzate solo per trasmettere i programmi televisivi e non per la più importante e utile comunicazione Internet a banda larga. Inoltre le gare italiane saranno “beauty contest” ovvero “gare di bellezza”, e non aste. In pratica vinceranno le televisioni che avranno i migliori requisiti stabiliti dall’Autorità. Ma, senza asta aperta ai ricchi operatori mobili, i multiplex/frequenze verranno ceduti praticamente gratis ai broadcaster. In Europa e negli Usa invece, come abbiamo visto, i governi mettono all’asta il dividendo digitale e gli operatori mobili pagano miliardi per offrire, grazie alle frequenze ex-tv, la banda larga mobile, ovvero Internet ultraveloce, un servizio unanimemente considerato socialmente più utile ed economicamente più remunerativo di quello televisivo.

Il valore delle frequenze

Ma perché le frequenze tv sono così preziose? Cerchiamo di entrare un po’ più nel merito della questione che è solo apparentemente tecnica ma che in realtà è squisitamente economica e politica. E’ molto diffusa l’opinione che la tv digitale terrestre – che costa ai consumatori l’acquisto dei nuovi decoder – serva solo a moltiplicare i programmi tv e a migliorare la qualità di trasmissione. Ma gli esperti e gli operatori sanno che non è proprio così: l’obiettivo di gran lunga principale della tv digitale è invece il risparmio delle frequenze. In Europa ci sono già circa 7000 canali tv, e in Italia 11 tv nazionali e circa 550 tv locali terrestri (senza contare altri centinaia di canali satellitari): la moltiplicazione dei canali tv non è quindi certamente l’esigenza più sentita dai cittadini e dai consumatori, e neppure dagli operatori tv. Il vantaggio sostanziale consiste invece nel fatto che la digitalizzazione delle televisioni terrestri fa risparmiare molte frequenze, in un rapporto di almeno 5 a 1: dove c’è un canale di tv analogica ce ne stanno 5 digitali. Da qui il cosiddetto “dividendo digitale”. Soprattutto le basse frequenze tv (sotto 1 Ghz) sono particolarmente pregiate, rappresentano la parte di gran lunga migliore dell’etere. Infatti garantiscono il massimo raggio di trasmissione e permettono anche la migliore ricezione anche dentro le case – a differenza delle alte frequenze utilizzate attualmente per i servizi mobili. Le basse frequenze tivù richiedono poche antenne di trasmissione e consentono di ricevere i segnali dentro la casa (dove infatti la tivù si vede benissimo). Invece le alte frequenze usate attualmente dagli operatori mobili richiedono molte antenne di trasmissione, quindi comportano costi elevati, e inoltre non garantiscono buona copertura dentro gli edifici (dove i telefonini funzionano male). In conclusione gli esperti assicurano che utilizzando le basse frequenze della ex tv analogica una nuova rete mobile a banda ultralarga costerebbe solo circa il 20% (un quinto) rispetto alle reti mobili attuali. Per questo motivo le frequenze liberate dalla vecchia televisione analogica valgono miliardi. Queste “frequenze d’oro” rappresentano la soluzione ottimale per fornire il servizio universale di banda larga a basso costo. Non a caso la Commissione UE propone a tutti i paesi europei di anticipare lo spegnimento delle tv analogiche al 2011 e di destinare una quota rilevante di frequenze ex tv (790- 862 Mhz) alla banda larga wireless per abbattere il digital divide e armonizzare le tecnologie in tutto il continente.

In Italia invece l’attenzione è spostata esclusivamente sulla rete fissa di nuova generazione in fibra ottica. Ma il dibattito sulla nuova rete in fibra ottica è fuorviante. Questa rete infatti è costosissima, soprattutto perché occorre scavare. Gli scavi per posare la fibra a domicilio pesano infatti per circa il 70-80% dei costi complessivi di un network fisso. Una nuova rete ottica potrebbe coprire solo le aree metropolitane (che sono già quelle più servite). La rete wireless potrebbe invece arrivare ovunque a basso costo, anche nelle zone montagnose o poco popolate e portare Internet ad alta velocità. Telecom Italia sta già sperimentando servizi wireless ultraveloci di quarta generazione (LTE, Long Term Evolution) che permettono velocità fino a 140 milioni di bit al secondo.

Ma il governo e le autorità italiane intendono invece assegnare queste frequenze alle televisioni fino al 2015. Il problema è che l’etere televisivo italiano è il più affollato d’Europa, con 11 emittenti nazionali e circa 550 televisioni locali. E – a differenza che nei paesi esteri dove i broadcaster e gli operatori di rete sono soggetti diversi – in Italia ogni emittente nazionale o locale controlla la sua reti di ripetitori e reclama le “sue” frequenze. Rai e Mediaset fanno ovviamente la parte del leone nel campo delle frequenze e delle reti di trasmissione. Invece di affrontare e risolvere il “problema dell’affollamento”, il governo, afflitto da un esplicito conflitto di interessi, regala alle televisioni frequenze che valgono miliardi di euro. Anche sotto il profilo politico e culturale il governo privilegia le televisioni rispetto alla stampa – a cui sono state tolte molte agevolazioni – e a Internet: infatti con le televisioni si vincono le elezioni, mentre con Internet, dove c’è molta più libertà di espressione e di critica, è facile perderle.

(*) AGGIORNAMENTO. L’asta si è conclusa il 20 maggio e lo stato tedesco ha incassato 4,4 miliardi di euro. Vodafone, Telefonica e Deutsche Telekom hanno speso circa 1,4 miliardi di euro ognuno per assicurarsi il dividendo digitale, cioè le preziose frequenze ex televisive.

Per approfondire si veda anche:1) l’articolo di Roberta Carlini su L’Espresso: “Alle tv un regalo da due miliardi“2) “Se lo stato non vuole incassare il dividendo digitale” di Tommaso Valletti, http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001077.html3) “L’asta fantasma” di Carlo Cambini e Tommaso Valletti http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001188-351.html4) C. Cambini, A. Sassano e T. Valletti (2007), Le concessioni sullo spettro delle frequenze, in U. Mattei, E. Reviglio e S. Rodotà (a cura di), “Invertire la rotta. Idee per una riforma della proprietà pubblica”, Il Mulino, Bologna.