Top menu

Sbilanciamo le elezioni

Lavoro, reddito, disuguaglianze, tasse e molto altro. In vista delle elezioni politiche del 4 marzo prossimo Sbilanciamoci! prova a lanciare una serie di proposte per cambiare l’ordine delle cose

Le elezioni del 4 marzo sono importanti. E’ in errore infatti chi tiene conto soltanto della sua personale insofferenza, del tipo: “vadano al diavolo”, oppure, su un altro versante: “tanto sono tutti uguali”; riferendosi così ai molti partiti e alle molte persone che chiedono per loro tramite un successo parlamentare e i relativi vantaggi.

Nelle elezioni si ratifica o si cambia o si peggiora l’esistente; ma è l’occasione per capire un assetto sociale, quello dato e quello che contrassegnerà o dominerà la vita delle persone per il prossimo quinquennio e per il tempo avvenire.

Sbilanciamoci.info è molto preoccupat* e ha scelto di discutere, approfondire, proporre soluzioni sullo stato delle cose , proprio in procinto di decidere il voto (o il disdegno) alle elezioni di marzo. Il tentativo fatto è di descrivere quello che abbiamo e di cambiarlo un po’; sbilanciandolo per quanto è possibile, esaminando cause e conseguenze di un’economia contorta, di una finanza nemica, di una politica accecata. Così, nei testi che proponiamo a lettrici e lettori si affrontano i temi della disuguaglianza sociale – Franzini. Dobiamo contrastarla, per quanto è possibile, oppure limitarci a lamentarne l’esistenza, oppure vantarne gli effetti benifici per l’assetto delle classi, come crede la destra pronta a governare?

Illustrando il popolo gig, Demichelis consente di riflettere sulla forma attuale e futura del nuovo taylorismo che irreggimenta le imprese sedicenti individuali, in cui ogni persona sfrutta se stessa, stretta com’è nella rete e in sella alla bicicletta con in spalla lo zaino e la pizza che impongono di pedalare sempre più in fretta per arrivare in tempo alla consegna e alla prossima azione.

Ma non è tutto. Dall’altro lato del mondo, sono le grandi imprese, sono le banche d’affari e potrebbe essere lo Stato. Comito descrive, con attenzione e sconforto, sotterfugi intrecci segreti, malversazioni di un mondo-di-sopra potente e corrotto, trasandato e inconcludente.

Il lavoro è un argomento che non c’è, oppure impiccia fastidiosamente le strategie elettorali dei partiti. Il lavoro è invece il tema di Gnesutta “Porsi l’obiettivo e definire la strategia. L’urgenza di una politica per il lavoro è evidente, dato che le attuali forme di sostegno del lavoro e del reddito del nostro Paese sono del tutto insufficienti per una prospettiva in cui si accentueranno le richieste di tutela dalle fasce sociali in permanente difficoltà (disoccupati, adulti espulsi dal mercato del lavoro, lavoratori precari, pensionati a basso reddito, giovani in cerca di lavoro e così via)”.

Il testo di Granaglia discute il meccanismo di lotta contro la povertà che emerge dal sistema italiano, anche dopo che finalmente è stato introdotto un reddito di sostegno per le persone più disagiate. Tre i difetti principali: scarsità dell’apporto che risulta una vera elemosina in troppi casi; errori nell’attribuzione dei fondi che tengono poco conto delle differenze anche geografiche delle perone e quindi dei loro bisogni e aspettative; soprattutto lo scarto dalla prescrizione fondamentale dell’articolo 38 della Costituzione. “Il reddito – scrive Granaglia – è de facto posto fuori dai diritti fondamentali. Diventa la contropartita di un comportamento, questione di do ut des. I diritti fondamentali, invece, rappresentano uno status di non contrattabilità, a prescindere dai comportamenti. L’obbligo riflette, altresì, una visione del povero come cittadino di seconda classe, che va obbligato a lavorare (a differenza di ‘noi’)….”

Poi l’Europa. Romano non si limita come tanti a discutere di fiscal compact, condannando o assolvendo (con tre pater-ave-gloria come penitenza) per partito preso, ma ricostruisce i vari passaggi e il percorso con il quale l’Italia ha avuto il privilegio di ottenere le briglie guida – o il disagio acuto della frusta – per decidere il proprio comportamento. Anche l’Europa di Romano è molto utile per sapere le cose e deliberare… deliberare al modo semplice che ci spetta. Sbil, naturalmente, non chiede il voto… e del resto come potrebbe? Chiede solo, a tutte e tutti, di riflettere su quello che si ritiene più importante, da evitare o viceversa da ottenere, utilizzando anche il proprio voto e prima ancora il proprio sapere, le conoscenze. Abbiamo descritto, il lavoro “nuovo” e le imprese dominanti, la povertà di molti, trattata con sufficienza e l’enorme disparità di reddito e ricchezza tra i molti che hanno poco e i pochi che hanno tutto, la mancanza di una politica e di uno stato che si pongano il compito di intervenire, anche per migliorare l’assetto futuro. E l’Europa, questa severa matrigna.

Passeranno anche queste, come sono passate tante altre elezioni. Rimarrà stavolta un gusto amaro per il poco che avremo ottenuto, ma anche il buon sollievo per aver almeno tentato di fare il possibile, unendo le nostre forze.