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Sbilanciamo l’informazione

In un mercato editoriale – e pubblicitario – sempre più ristretto e concentrato e in un web sempre più affollato e indistinto, come fare dell’informazione alternativa che c’è in Italia un sistema capace di pesare nel racconto del paese? Ne abbiamo parlato nel corso di un workshop durante la Controcernobbio

La Fiat che diventa prima azionista del Corriere della Sera. Urbano Cairo, per quattordici anni fedelissimo di Silvio Berlusconi in Fininvest, che arriva alla testa di La7. La Rai ridotta sempre più a cassa di risonanza degli equilibri politici e partitici. Al detonare di una crisi devastante nelle redazioni di giornali e periodici, con migliaia di giornalisti prepensionati e altrettanti precari che chissà quando troveranno uno sbocco occupazionale, si contrappongono le grandi manovre dei vertici proprietari: industriali, banchieri, assicuratori, pubblicitari, quasi mai editori puri. Un tempo si sarebbe parlato di pensiero unico. Oggi c’è il web, ci sono i social media. Il mondo dell’informazione, anche quella alternativa, forse mai ha sperimentato un tale ventaglio di possibilità. Eppure raramente queste esperienze riescono a rompere il muro del dibattito politico e sociale del paese.

Di qui siamo partiti quando, nel preparare i lavori della Controcernobbio 2013, abbiamo pensato di organizzare il workshop “Sbilanciamo l’informazione”. Sottotitolo: come fare dell’informazione alternativa che c’è in Italia, un sistema capace di pesare nel racconto del paese? La risposta, sia in termini di partecipazione che in quelli di contributi alla discussione, è stata a dir poco sorprendente. Hanno partecipato all’incontro rappresentanti e redattori di circa venti giornali, riviste, radio, siti web, pagine facebook e video documentaristi. Ne citiamo solo alcuni: dal Manifesto a Left, Rassegna sindacale, Redattore sociale, la pagina facebook del Governo in esilio, le edizioni dell’Asino, Globalist, Il Reportage, In Genere.it, Il Corsaro.info, fino a Internazionale e l’Espresso on line. Esperienze eterogenee, voci essenziali per una informazione alternativa, espressioni di culture preziose e di realtà che mantengono un rapporto vitale con il proprio pubblico. Tutti consapevoli che nessun quotidiano, rivista, radio e sito può bastare a se stesso, tutti preoccupati su come si può sopravvivere in un mercato dei media – e della pubblicità, come ci ha ricordato Emanuele Bonaccorsi di Left citando un recente rapporto dell’Agcom sul mercato pubblicitario – sempre più ristretto e concentrato, in un web sempre più affollato e indistinto, in una società sempre più frammentata.

La discussione è stata ricca e articolata. La proposta avanzata da Sbilanciamoci.info, su cui si è aperto il confronto, è stata quella di costruire una rete stabile, con un nome, un logo ben identificabile, un gruppo di coordinamento, fino a costruire un portale web o un altro tipo di piattaforma comune. Qualcosa sul modello delle syndications, come hanno suggerito in molti al workshop, la messa in comune di notizie e approfondimenti che possano arrivare – ed essere riconoscibili – su decine di media diversi,valorizzando la propria informazione e allargando il pubblico, garantendo al tempo stesso l’autonomia dei singoli soggetti.

Alessandro Gilioli de l’Espresso on line ha ricordato il lavoro che dobbiamo fare sul linguaggio sull’immediatezza e l’incisività della comunicazione, “perché quel che manca a tanti meritori siti di approfondimento è proprio l’aspetto mediatico, quella capacità di essere dirompenti”. La soggettività che si può esprimere sulla Rete è una capacità da sfruttare, “anche perché al lato opposto della mediatizzazione estrema c’è l’irrilevanza”. “Avere contenuti di qualità ma con una prospettiva meno accademica”, concordano Alessio Marchionna di Internazionale e Paolo Andruccioli, del sito web della Cgil. “Imparare a usare il linguaggio mainstream per portare avanti messaggi radicali e di cambiamento”, è la sintesi che ne fa Thomas Fazi, documentarista, che richiama l’attenzione sull’importanza di uno strumento come il video documentario che vive una vita nuova e grande popolarità negli Usa in questo momento: basti pensare, ha detto Fazi, al docufilm sulla diseguaglianza, con star l’economista-ministro Robert Reich. Sempre sul terreno dell’innovazione dei linguaggi, Andrea Pisauro, del “Governo in esilio”, richiama l’attenzione su video e infografica: “Per redistribuire la ricchezza bisogna redistribuire anche un po’ le idee”, e farle circolare in modo semplice e virale.

Come passare dunque fino in fondo a una cultura della Rete? “Bisogna chiedersi a quante persone ci rivolgiamo e che cosa vogliamo comunicare?”, ribalta la domanda Claudio Riccio, de Il Corsaro.info. “Per fare una Rete bisogna conoscersi, lavorare insieme, capire quale può essere il contributo di ciascuno”, sottolinea Stefano Trasatti di Redattore Sociale. “La sfida è quella della condivisione vera, al di là di tutti i narcisismi”– aggiunge Riccardo De Gennaro, de Il Reportage – di come far sì che il giornalismo torni a essere una cinghia di trasmissione con la società”. Infine, il problema dei problemi: “quale modello economico di sostenibilità darsi?”, invita a discutere Angelo Mastrandrea (Il Manifesto). Anche perchè, ricorda Stefano Iucci (Rassegna Sindacale), “sappiamo bene che, senza il cartaceo, il digitale non starebbe in piedi”.

Su tutto questo continueremo presto il confronto per arrivare a proposte concrete su come “sbilanciare l’informazione”. Inutile dire che per farlo davvero sarebbero necessarie risorse che quasi tutte le realtà presenti non hanno a disposizione. Eppure, per mettersi in moto e intodurre un nuovo soggetto rilevante nell’asfittico panorama dell’informazione italiana basterebbe l’1% della somma con cui, come ha deciso la Cassazione, Silvio Berlusconi dovrà risarcire Carlo De Benedetti per il Lodo Mondadori. Idee, proposte (e risorse) sono benvenute.