Mentre la città sprofonda la richiesta della sindaca Virginia Raggi al Prefetto di fermare gli arrivi dei migranti a Roma e di evitare l’apertura di nuove strutture di accoglienza sembra volere consegnare la città all’oscurantismo puro. Accogliere bene si potrebbe, ma la Sindaca non sembra interessata a farlo
I raggi non sempre brillano, ma i Raggi romani stanno consegnando la città all’oscurantismo puro, inteso come opposizione sistematica al cambiamento sociale. E che ciò avvenga grazie a un movimento che si è proposto di rivoluzionare totalmente le forme e i contenuti della politica e di non voler far altro che rappresentare i bisogni e le esigenze dei cittadini, dice molto del punto in cui siamo.
La richiesta ufficiale della Sindaca al Prefetto di fermare gli arrivi dei migranti a Roma e di evitare l’apertura di nuove strutture di accoglienza fa del resto pendant con le analoghe urla del leader del movimento, che utilizza la chiusura di due campi rom nella capitale (finanziata con fondi europei stanziati ben prima che le stelle brillassero su Roma) soprattutto per dire ai suoi competitori di destra che da oggi in poi “chi ruba o chiede soldi nella metropolitana sarà fuori”.
La scelta di mettere in bocca alla Sindaca di Roma il primo messaggio destinato a colmare lo scarso risultato elettorale della settimana scorsa non è stata quella migliore. Chi vive nella capitale tutti i giorni stenta infatti a vedere segnali di miglioramento della propria qualità della vita, a prescindere dalla presenza di richiedenti asilo e rifugiati. Non pensiamo alla cultura e alla valorizzazione dello straordinario patrimonio storico e artistico di cui la città è dotata, non alle iniziative culturali, non al sostegno alle forme di autorganizzazione sociale o alle realtà che hanno inventato percorsi molto concreti di altraeconomia: quest’orizzonte, tra le fila di chi governa a qualsiasi livello, sembra purtroppo scomparso. E l’unica cosa che si è vista a Roma è la carrellata di sgomberi che hanno colpito decine di spazi sociali e culturali, alla faccia della partecipazione.
No, pensiamo semplicemente a quegli indicatori di base cui guarda il cittadino comune: la qualità delle strade e dei servizi pubblici, il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti e, sì, anche le “politiche sull’accoglienza“. E su queste occorre soffermarsi, perché in questo caso la demagogia ha superato il limite del sopportabile.
Da circa un anno e mezzo diverse realtà sociali della città hanno aperto un percorso partecipativo tentando, per così dire, di non avere un rapporto conflittuale pregiudiziale con chi governa la città. Chi ha aderito alla rete Romaccoglie ha analizzato in modo collettivo, partendo da punti di vista anche molto diversi tra loro, i principali problemi che impediscono alla città di accogliere bene e con dignità i richiedenti asilo e i rifugiati. Naturalmente la vicenda legata a Mafia Capitale non è stata ignorata, al contrario si è partiti da lì per capire come sarebbe possibile gestire un sistema pubblico di accoglienza non tossico, trasparente e soprattutto a dimensione delle persone che vi vengono ospitate. E’ stato prodotto un documento che fu presentato in un’iniziativa pubblica molto partecipata l’aprile scorso.
Tra i candidati sindaci invitati c’era anche Virginia Raggi: che non si presentò.
Successivamente la nuova assessora alle politiche sociali ha avuto modo di conoscere in dettaglio le proposte avanzate nel documento, tra le molte la presentazione del Il mondo di dentro, dossier dedicato da Lunaria proprio all’analisi del sistema di accoglienza cittadino, avvenuta il novembre scorso al Salone dell’editoria sociale.
Infine, la rete Romaccoglie ha organizzato una nuova iniziativa pubblica il 18 aprile scorso: invitata, l’assessora Baldassarre all’ultimo momento non si è presentata. Questa breve premessa è indispensabile perché i contenuti del documento prodotto da Romaccoglie, come spesso succede a chi si sporca le mani con i dettagli, sono rimasti abbastanza sconosciuti ai più. Se la Sindaca o l’assessora alle Politiche sociali e, magari anche il prefetto, avessero avuto la pazienza di leggerli, vi avrebbero trovato sicuramente spunti utili per poter svolgere meglio il loro lavoro.
1. Trasparenza, controllo pubblico, microaccoglienza, revisione del sistema di appalto, di gestione e di monitoraggio dei servizi, partecipazione: questi sono i principi proposti dalla rete per un modello di accoglienza degno.
2. Secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili (19 sett 2017) 4063 persone erano ospitate nei Cas per Roma e 7822 nel Lazio; dati di fine gennaio disponibili solo a livello regionale indicano 9855 persone ospitate nei Cas e 4068 nel sistema Sprar, alle quali si aggiungono 857 persone ospitate nel Cara di Castelnuovo di Porto per un totale di 14.780 persone ospitate nella regione. L’accoglienza gestita in strutture temporanee continua dunque a prevalere.
3. Il sistema di accoglienza della Capitale si trova ancora stretto nelle morse di un’emergenza reiterata da scelte istituzionali poco lungimiranti che, nel contesto della svolta securitaria prodotta dall’entrata in vigore delle leggi n. 46/2017 e 48/2017, non assicurano ai migranti e ai richiedenti asilo un’accoglienza dignitosa.
4. Roma ha a disposizione una discreta entità di risorse che consentirebbero di offrire un’accoglienza decente: per il sistema di accoglienza ordinario dello Sprar sono stati stanziati 84,028 milioni di euro per 30 mesi a partire dal luglio 2017 per assicurare 2768 posti. La Prefettura di Roma ha invece pubblicato una manifestazione di interesse per l’accordo quadro per l’anno 2017 per un importo a base d’asta di 103,1 milioni per 8.268 posti di accoglienza nella provincia (ma in gran parte a Roma).
5. Il punto nodale per quanto riguarda la capitale non è la carenza di risorse, ma come sono utilizzate. Nonostante le ferite di mafia capitale siano tutt’altro che rimarginate, i nuovi bandi apportano qualche modifica, ma scelgono di non cambiare radicalmente il sistema. Il risultato è che ancora una volta tornano grandi enti gestori ben noti, tornano strutture di grandi dimensioni (sino a 120 posti), torna la assoluta residualità dei progetti di micro-accoglienza in appartamento o comunque in strutture inferiori a 10 posti, non vi sono miglioramenti per garantire l’equo trattamento dei lavoratori e un rapporto bilanciato tra loro e gli utenti, condizione indispensabile per poter seguire davvero una per una le persone ospitate.
6. Non c’è, o almeno non è nota sino ad oggi, una strategia per affrontare l’arrivo delle persone che transitano dalla città: o meglio, l’unica strategia che si è vista è quella dei diciotto sgomberi de Il Baobab.
Ci sarebbero soluzioni alternative? Sì ci sarebbero se si volesse.
1. Imporre e non solo premiare (con un punteggio più alto) l’accoglienza in piccoli numeri: di fronte a necessità, anche i grandi gestori dell’accoglienza farebbero virtù (forse) o rinuncerebbero a partecipare.
2. Eliminare il requisito della disponibilità della struttura dai bandi per i servizi di accoglienza. In città ci sono decine di strutture di proprietà pubblica in disuso: si potrebbero usare e destinare a uso sociale, invece di lasciarle in abbandono, sperando prima o poi di venderle.
3. Elaborare il piano di accoglienza insieme ai Municipi e alle realtà sociali presenti sul territorio. Questo toglierebbe ossigeno alle proteste strumentali che hanno attraversato anche la nostra città.
4. L’apertura di un comitato di monitoraggio cittadino che avesse al suo interno rappresentanti dei municipi, dei rifugiati e delle realtà sociali presenti sul territorio potrebbe essere finalizzata a monitorare la qualità dei servizi di accoglienza erogati e anche l’impiego corretto delle risorse.
Accogliere bene si potrebbe, ma la verità è che la Sindaca Raggi non è interessata a farlo.