“Ritrovare il Lavoro”, riscoprire il valore del lavoro nella sua dimensione individuale e collettiva, sociale e culturale. Un laboratorio a Lecce l’1 e il 2 luglio
In un progressivo continuum – seppure con qualche variazione sul tema – negli ultimi trent’anni si è affermata una narrazione univoca del lavoro che ha determinato quello che si può definire il ‘mutamento di pelle’ del diritto del lavoro. Un mutamento che nel corso dei decenni ha coinvolto, in una sorta di “parallelo storico”, le forme di regolazione dell’impiego e le sue tipologie contrattuali, gli strumenti di analisi e di rappresentazione del mercato del lavoro.
Più di recente, l’introduzione dimassicce dosi di flessibilità nel rapporto di lavoro era l’imperativo di una strategia politica che prevedeva la compressione delle tutele del rapporto di lavoro, compensata da un mix di politiche attive e passive volte ad accompagnare il lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione. Si tratta della c.d. flexisecurityvoluta dall’Unione Europea che, peraltro, ha conosciuto la solita inefficace e incompiuta versione italiana.
A ciò si aggiunga l’accelerazione riformatrice che è stata impressa nel nome della crisi, agitata come uno spettro, sia quando la si è ottusamente negata, ma anche quando la si è invocata per giustificare disinvoltamente qualsiasi operazione di politica del diritto accompagnandola con lo slogan ‘Ce lo chiede l’Europa’.
Entra pienamente in questo contesto il cosiddetto Jobs Act intervenuto in ogni aspetto del rapporto di lavoro: dalle mansioni e controlli, all’esacerbazione della flessibilità tipologica, all’introduzione, con il contratto a tutele crescenti, di un nuovo regime di tutele in caso di licenziamento per i neo-assunti.
La riforma del Governo Renzi, dunque, si spinge oltre, là dove nessun legislatore aveva osato avventurarsi, così da determinare un definitivo cambio di rotta nella regolazione del rapporto di lavoro: un mutamento complessivo dell’impianto sociale e della cultura giuridica sui quali il diritto del lavoro si è storicamente sviluppato che ora risultano definitivamente subordinati alle regole economico-finanziarie mainstream.
Si è altresì minato profondamente “l’immaginario giuridico” sotteso al diritto del lavoro e cioè l’idea del lavoro e del valore di esso. Accanto alle giustificazioni di natura politica ed economica portate avanti negli anni, la “controriforma” del mercato del lavoro ha cercato una base forte di consenso anche attraversoi numeri. Così, nella retorica renziana, aumenterebbero consistentemente i contratti e solo questo pare importare, ma del contenuto di quei contratti, delle ore di lavoro, delle retribuzioni medie, del numero di inattivi in crescita, non un cenno.
Tutto ciò si riverbera anche a livello della partecipazione sindacale. Da questo punto di vista, le relazioni industriali nel nostro paese soffrono le conseguenze di un modello produttivo inadeguato a reggere l’impatto della competizione globale, penalizzato dalla mancanza di investimenti, prigioniero di una politica salariale che contribuisce a minarne le fondamenta; e, in un’analisipiù generale, sembrano in linea con alcuni cambiamenti (im)posti nell’agenda riformatrice di altri Paesi europei tesi aintrodurre elementi di destrutturazione dell’architettura della contrattazione collettiva. Poi, accade, che altri, addirittura, seguano l’esempio italiano, come sembra fare il legislatore francese ispirato dal Jobs Act. In Francia, tuttavia, il Governo è osteggiato da un movimento eterogeneo e determinato non disponibile alla rinuncia dei propri diritti.
In tal senso, risulta necessario “ritrovare il Lavoro”, ossia riscoprire il valore del lavoro nella sua dimensione individuale e collettiva, sociale e culturale; riaffermare una trama dei diritti all’altezza delle sfide e le difficoltà del presente; riassegnare al lavoro la centralità che, sin dalla Costituzione, gli viene riconosciuta al fine di non abbandonare il lavoratore alla mercé del mercato e alla sua “ideologia della flessibilità”.
Da queste riflessioni ed esigenze nasce Laboratorio, un progetto sorto dalla collaborazione tra lo Spazio Sociale Zei (Lecce) e l’associazione Utoya.lep (www.associazioneutoya.it) che attraverso la realizzazione di appuntamenti annuali sulle tematiche del lavoro e dei diritti sociali, intende dar vita ad un luogo in grado di intercettare, riconoscere e leggere i cambiamenti del lavoro nel contesto italiano e globale, uno spazio aperto che promuova la riflessione e l’analisi, connetta esperienze e saperi, elabori proposte.
Le riforme del lavoro in atto sono l’argomento scelto per inaugurare il primo appuntamento di Laboratorio, che si terrà a Lecce dall’1 al 2 luglio, poiché si è a circa un anno dall’emanazione dei decreti attuativi della legge (la n. 183 del 10 dicembre 2014) che ha delegato il Governo a modificare, come si diceva, sin nel profondo, il mercato del lavoro.Due giorni di confronto, analisi e riflessioni sul Lavoro, il suo senso, i suoi significati, le sue nuove regole, con relatori provenienti dal mondo della ricerca e delle relazioni industriali: Chiara Saraceno, Mimmo Carrieri, Valeria Cirillo, Francesco Sinopoli, Marta Fana, Claudio Treves, Stella Laforgia, Vincenzo Pietrogiovanni, Angelo Salento, Guglielmo ForgesDavanziti, Francesco Raparelli, Salvo Leonardi, sono alcuni dei relatori che interverranno.
Per “ritrovare il Lavoro” occorre “riorganizzare” un pensiero attorno ad esso, confrontando differenti sensibilità scientifiche, sociali e culturali, consapevoli della necessaria ed inevitabile parzialità del risultato ottenibile, puntando quindi a inaugurare un impegno a continuare a riflettere.
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