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Resistiamo alla desertificazione della terra e delle menti

Gianpaolo Silvestri è mancato il 2 novembre. E’ stato tra i fondatori dei Verdi, senatore, attivista omosessuale, pacifista. Lo ricordiamo con l’editoriale che aveva scritto nel 2004 per il volume ‘Diritti negati dai conflitti’ della collana ‘Mappe’ di Notizie verdi. E’ un testo disperante e attualissimo sui disastri della guerra e del potere.

“I diritti sono un percorso di pace tendente alla riduzione della sofferenza umana”, afferma il premio Nobel alternativo per la pace Johan Galtung. La guerra ne rappresenta l’antitesi ed è, de facto ed in fieri, la negazione più esplicita, più radicale, di tutte quelle norme di civiltà atte ad instaurare una convivenza nella libertà, giustizia, eguaglianza e solidarietà.

Assistiamo in questi tempi bui ad una ferocia bellica ed ad un’inedita violenza diffusa, ampliate in tempo reale sugli schermi di tutto il mondo, in cui la gratuità e la voluta spettacolarità dell’efferatezza degli accadimenti ci lasciano senza fiato; siamo più che consapevoli, inoltre, che mille altri episodi di tal genere, con brutalità altrettanto crudeli, non giungono (generalmente perché sconvenienti al potere) alla soglia di visibilità e di percezione, perdendosi nel nulla, nel magma innominato della storia dei vinti.

Osceno moloch totemico di ciò è sicuramente la guerra, ritornata prepotentemente come normalità dell’oggi, segno di una preistoria in cui ancora il genere umano pericolosamente si attarda.

In primo luogo la guerra nega la vita e l’inviolabilità del corpo umano: uccisioni, torture, mattanze in ogni dove, sono il macabro corollario dei conflitti, siano pure “guerra umanitaria” (sic!). La seconda vittima è la verità: tutto è predisposto per vincere, ogni dubbio è connivenza col nemico, il vero è sostituito dall’utile, l’informazione è una tra le tante armi – “le due virtù cardinali in guerra sono la forza e la frode” chiosa nel Leviathan Thomas Hobbes – ed i giornalisti embedded sono solo l’ultima tragicomica trovata. In terzo luogo la guerra annulla risorse preziose, pone economia, scienza e ricerca nell’alveo della produzione di morte, droga i mercati (già Livio in Storia di Roma annota come “la guerra nutre se stessa”). Assolutamente confermata poi l’asserzione di Cicerone che constata, nel Milone Pro, come “in mezzo alle armi le leggi tacciono”: sono, infatti, le norme di garanzia, i diritti individuali e collettivi, il quarto dato negato dai conflitti; il rifiuto dell’amministrazione Usa di applicare a tutti i prigionieri la Convenzione di Ginevra, Guantanamo, Abu Ghraib, le esecuzioni mirate ed il muro di Sharon fanno capire come la forza elimini il diritto e imponga la propria legge. Abbiamo poi, in nome della sicurezza e del paranoico controllo totale, la violazione di ogni privacy, il forte restringimento delle libertà personali, l’annullamento delle proprie scelte di vita, idee od opzioni, l’obbligo all’uni/forme. Infine, la guerra distrugge l’ambiente, gli ecosistemi, la ricchezza della biodiversità, uccide gli animali, avvelena la terra, l’acqua, l’aria, annulla il futuro.

Se a tutto ciò sommiamo quel tragico 6 agosto 1945, l’incubo nucleare, la consapevolezza che per la prima volta nella storia del genere umano è tecnicamente possibile distruggere l’intero pianeta, l’angoscia rischia di annullarci, visto anche in che lordate mani oggi siamo.

Si continua a produrre armi, sempre più sofisticate e letali (“intelligenti” mi pare, per ordigni di morte, un termine inaccettabile); si aumentano parossisticamente le spese militari – Italia compresa – al punto che gli stessi responsabili del Fondo monetario internazionale, certo non pacifisti e nonviolenti, iniziano seriamente a preoccuparsene per le conseguenze sull’economia; si teorizzano e praticano, contro tutto il diritto internazionale, guerre preventive (prima la Nato con l’assenso del governo D’Alema, poi il comandante in capo Bush ed ora il nuovo zar Putin). Tutti poi sostengono, senza il minimo dubbio o pudore, che dio è con loro, che gli altri sono il male, mentre i religiosi benedicono armi e la chiesa cattolica annovera pure cappellani militari, con relativi gradi nell’esercito. Dio li perdoni ma forse – più che al divino – questa continua immonda bestemmia che arruola dio nei loro eserciti, piani di morte ed odio, può essere ricondotta alla cinica constatazione del re di Prussia Federico il Grande che già nel 1760, in una lettera alla duchessa von Sachsen-Gotha, tagliava corto: “Dio è sempre con i battaglioni più forti”. Chissà, saranno le famose radici cristiane dell’Europa? È privo di pietas e spirito religioso chi pretende di costringere il creato nelle maglie mortificanti e mortifere delle proprie certezze, norme, nella nichilistica dicotomia tra il Bene (noi) ed il Male (loro): in realtà è la modernissima forma dell’integralismo, l’annullamento coercitivo della ricchezza e varietà del mondo e degli individui, storica malattia delle religioni monoteistiche e delle destre.

Certo, non c’è da scherzare quando il potere chiama “operatori di pace” truppe armate di invasione e i civili ammazzati “danni collaterali”; quando un ex-generale golpista diventa da dittatore “presidente” non appena collabora con gli Usa mentre il suo paese, il Pakistan, da primo nella lista dell’Asse del male è subito inserito tra i paesi liberi, democratici, amici; quando la teocrazia feudale saudita è annoverata tra gli stati “islamici moderati” (alla faccia!) e la spartizione dell’Afghanistan tra i signori della guerra e delle droghe è definita processo di democratizzazione (a proposito con gli Usa ed i suoi alleati, Kabul ha quintuplicato la produzione di oppio!); quando a Gheddafi è tolto l’embargo in men che non si dica purchè metta nelle gabbie gli immigrati che ardiscono venire in Europa mentre tenemmo sotto embargo l’Irak per 12 anni ammazzando oltre 500.000 bambini (“prezzo accettabile” secondo la democratica Madeleine Albright, segretaria di Stato di Clinton!); quando l’Africa, continente dimenticato, brucia, a partire dalla Costa d’Avorio, nell’indifferenza totale.

Sì, davvero, di fronte a tutto questo l’alienazione, lo straniamento, lo sbigottimento è totale, indicibile. Se poi aggiungiamo che i paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu fabbricano e vendono oltre il 90% delle armi della terra, la domanda “quale sicurezza?” viene spontanea. Come è naturale chiedersi perché taluni stati possono possedere armi di distruzione di massa – nucleari, chimiche, batteriologiche – senza alcun’ispezione o provvedimento, e altri no; perché alcuni paesi possono avere decine di condanne dell’Onu o dalle Corti internazionali e non succede niente, per altri no; perché chi vuole giustizia e democrazia ovunque (vedi Usa, in primis) è poi contrario al Tribunale internazionale per i delitti contro l’umanità e lo boicotti in ogni modo. I militari, intanto, impazzano in ogni talk show con le loro pornografiche cartine e simulazioni di battaglie: veritiero Bernard Shaw quando in Mayor Barbara scrisse “Non sa niente. E crede di sapere tutto. Questo indica una chiara vocazione alla carriera militare”. Purtroppo però non è che i politici differiscano di tanto!

Oltre ai militari abbiamo la presenza continua di prelati: autorità sciite, vescovi, cardinali papi, rabbini capo, ulema sunniti, preti ed imam… 

Più il sacro evidenzia la sua profonda crisi, più il potere temporale delle religioni del Libro si fa invadente ed integralista, rifiuta la pluralità delle morali, vuole conformare leggi alle proprie convinzioni ed interessi, lancia anacronistiche crociate con integralismi sanfedisti che si alimentano a vicenda. Contemporaneamente, le voci in difesa della laicità dello stato diventano sempre più flebili e la politica assume come unica autorità morale quella delle gerarchie religiose, abdicando al proprio compito di garantire differenti stili di vita e opinioni. Ormai siamo ritornati ad un forte dato identitario etnico/religioso, pericolosissimo, foriero di altre guerre, razzismi, negazione dei diritti individuali e delle libertà e le cui prime vittime – come sempre – sono le donne, i migranti, gli omosessuali. Accanto, in gran parte l’altra faccia della stessa medaglia, il terrorismo con la terribile scia di sangue, odio, vendette, sequestri, decapitazioni, kamikaze. Altre guerre sante combattute in nome di dio. E tutto è schiacciato da questi “nemici”, imperi del male che si autolegittimano e sostengono a vicenda: nel mezzo donne e uomini in carne ed ossa, vite e relazioni annullate, persone rese mute, senza voce in capitolo. Milioni di persone – nel frattempo – vivono al limite della sussistenza, muoiono di fame o di aids attorniati dalle nostre ipocrite lacrime e pseudo caritatevoli oboli.

Risulta sempre efficace, in quest’apocalittico ma purtroppo realistico affresco del presente, l’esclamazione di Tacito (Vita di Agricola): “Fanno un deserto e lo chiamano pace”. Sappiamo però che anche nelle lande apparentemente più aride ed immobili la vita non scompare; i paesaggi mutano lentamente ma inesorabilmente; gli agenti atmosferici producono impercettibili e profondi cambiamenti. Il caldo vento poi dei desiderata e delle volontà degli esseri viventi muove perennemente montagne e sabbia rigenerando le esistenze. Non è un miraggio, lo sappiamo: noi verdi lottiamo da sempre contro la desertificazione, sia della terra, sia delle menti. Crediamoci ancora, lasciando a loro l’immonda apostasia, l’arrogante bestemmia di un dio degli eserciti perennemente arruolato al loro fianco e senza amore. Tanto è universalmente noto: nel deserto le dune si sono mosse!