Un flash mob in diverse città italiane la settimana scorsa ha lanciato pubblicamente una richiesta semplice e chiara: riforma della cittadinanza subito
Per scuotere il dibattito pubblico, almeno per un giorno, non ci vuole moltissimo.
L’hanno dimostrato giovedì i giovani senza cittadinanza che hanno manifestato al Pantheon a Roma e in altre città italiane coperti da lenzuoli bianchi, simboli di quell’invisibilità a cui sono condannati da un Parlamento che si ostina a non riconoscerli come propri cittadini. Non hanno dietro grandi organizzazioni, anche se molte associazioni hanno sostenuto la loro protesta, comprese quelle che nel 2011 promossero la campagna L’Italia sono anch’io. Sono semplicemente un gruppo di persone accomunate da uno status giuridico che non corrisponde alla loro realtà di vita quotidiana. Sono infatti nati o cresciuti nel nostro paese, parlano perfettamente la lingua italiana, sono studenti, artisti e ballerini. Ma non sono cittadini italiani.
Sono pieni di energia e, nonostante tutto, di speranza. E queste hanno usato per organizzare un flash mob in diverse città lanciando pubblicamente una richiesta semplice e chiara: riforma della cittadinanza subito. Le loro cartoline di infanzia hanno conquistato l’attenzione dei grandi media. Al Pantheon oggi erano assaliti dalle telecamere.
La loro caparbia ha risvegliato anche la campagna L’Italia sono anch’io che ha diffuso un comunicato molto duro invitando il Senato ad avviare finalmente la discussione di quella proposta di riforma che giusto un anno fa fu licenziata dalla Camera dopo due anni e mezzo di gestazione.
Dunque anche in tempi come questi, parchi di proteste collettive, su temi e obiettivi molto precisi e raggiungibili ci si può muovere e costringere chi decide sulle nostre vite a esporsi e a parlare chiaro. Come ha fatto oggi la Presidente della Commissione Affari Costituzionali Anna Finocchiaro che ha incontrato una delegazione dei manifestanti al Senato. E come ha fatto ieri la Senatrice Lo Moro, relatrice in Commissione, intervistata da Repubblica. Il rinvio della discussione della riforma dipenderebbe, dicono le due Senatrici, dalla volontà di non esporre la proposta a strumentalizzazioni nel pieno della campagna referendaria. Analoga considerazione era stata fatta nel corso di un’audizione in Commissione di alcune associazioni della campagna L’Italia sono anch’io, svolta nel maggio scorso, allora con riferimento alle elezioni amministrative di giugno.
Ma nessuno può prevedere cosa avverrà il 4 dicembre. Potremmo trovarci alla vigilia di nuove elezioni, chi lo sa?
C’è sempre un buon motivo per rinviare riforme che ridurrebbero le diseguaglianze, in conformità con l’art.3 della nostra Costituzione, soprattutto quando, in un modo o nell’altro, sono collegate con le migrazioni. Brucia ancora il ricordo della dichiarazione dell’allora presidente del Consiglio Monti, quando nel giorno di una conferenza nazionale sulla cittadinanza, mentre un suo Ministro era impegnato a rassicurarne la rapida approvazione, affermò: ”Se fosse risolto il problema della cittadinanza dei minori figli di stranieri, al prezzo di scompaginare la maggioranza di Governo e del risanamento dell’economia italiana, potrei avere una soddisfazione intima morale, ma considererei fallito il mio mandato. Forse sono troppo pragmatico”.
E i ragazzi che vivono molto pragmaticamente l’ingiustizia sulla loro pelle oggi ce l’hanno ricordato molto bene.