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I problemi di Vegas in Consob

La Consob ha rigettato le valutazioni probabilistiche senza approfondimenti e senza trovare alternative. E ora in tanti chiedono le dimissioni di Vegas

È in ballo in queste settimane il problema delle possibili dimissioni di Vegas, Presidente Consob, richieste da esponenti del Governo e da ampi settori dell’opinione pubblica e rifiutate dall’interessato con il consenso dell’opposizione di centro-destra, di Alfano e di pochi commentatori. Le polemiche sono sorte, in particolare, su suoi atteggiamenti personalistici, che hanno imposto alla Consob il rifiuto delle valutazioni probabilistiche da parte delle banche al momento dell’emissione di un qualche nuovo titolo: la mancanza delle stesse è stata da taluni ritenuta la causa della sottoscrizione in massa da parte dei risparmiatori privati delle obbligazioni subordinate delle quattro note banche, creando così un importante problema la cui soluzione non è stata ancora raggiunta nonostante un intervento normativo del Governo Renzi.

Il ricorso alle valutazioni probabilistiche fu adottato dalla Consob nel 2009 e fu disatteso dalla stessa nel 2011 ed è risaputo che Vegas fu protagonista in questo cambio di posizione, ciò che avvenne, secondo alcuni, in seguito all’opposizione delle imprese e delle banche.

Peccato, perché tale tipo di valutazioni costituisce certamente un fattore di trasparenza formidabile, soprattutto nel caso dei prodotti complessi in cui l’essenza dell’investimento dipende da clausole contrattuali che la deviano dal suo alveo naturale, come appunto nelle obbligazioni subordinate, nelle quali la natura obbligazionaria di prestito viene a trasformarsi in un forma di partecipazione al rischio di impresa in virtù della clausola di subordinazione del rimborso al soddisfacimento degli altri creditori.

Del resto la stessa cosa accade, ad esempio, nelle obbligazioni strutturate, nelle quali sulla natura obbligazionaria si innesta un elemento derivativo più limitante, e anche nei “convertendo”, obbligazioni in cui la scelta dell’eventuale conversione in azioni è rimessa non all’obbligazionista, ma alla società, con una trasformazione autoritaria dell’essenza dell’investimento.

In tali prodotti complessi, la tutela del risparmio richiede di accertare se la trasformazione sia o no abusiva, in relazione al possibile verificarsi di una sperequazione eccessiva del nesso tra ricavi attesi e rischi. Il nesso non può essere lasciato all’autonomia delle parti, in quanto la tutela del risparmio è imperativa (art. 47 Cost.). In tale ottica, le valutazioni probabilistiche svolgono un ruolo prezioso perché mostrano una valutazione concreta della ripartizione dei rischi e dei benefici della parti.

I presunti limiti dello strumento probabilistico

Le obiezioni contro le valutazioni probabilistiche non sono probanti: l’affermazione che esse non conferiscono certezza non coglie nel segno, in quanto per antonomasia la probabilità è completamente diversa dalla certezza. Sia ben chiaro, la materia finanziaria, per la sua volatilità, si presenta come problematica e pertanto si può ritenere la probabilità insufficiente per una valutazione preventiva e ritenere quest’ultima persino inutile: ma quando le caratteristiche del prodotto sono un frutto di ingegneria finanziaria, la valutazione dell’andamento del prodotto fa parte della stessa ingegneria finanziaria. Un prodotto finanziario, appositamente costruito, non può non avere la valutazione dell’esito tra gli elementi costitutivi della costruzione, soprattutto perché chi lo ha costruito è una delle parti contrattuali. L’emittente è di norma in possesso di tali valutazioni ed allora non si comprende, né è giustificato, perché le stesse non debbano essere di comune conoscenza.

Se una delle caratteristiche essenziali della disciplina del mercato finanziario è l’asimmetria di informazioni tra operatori e clienti, con compito dell’ordinamento di ridurle a mezzo di obblighi stringenti a carico degli intermediari, il rifiuto delle valutazioni probabilistiche si rivela non coerente con le linee della disciplina.

L’opinione dello scrivente è ancora più radicale: ed infatti, come visto sopra, nei prodotti complessi, per la loro essenza, artificiali e non “naturali”, occorre verificare la mancanza di abusività a carico dei risparmiatori, e l’abusività ricorre inevitabilmente ogniqualvolta la ripartizione tra rischi e vantaggi tra le parti sia del tutto sperequata. Al fine di accertare se la ripartizione sia del tutto sperequata o no, il risultato dell’investimento è il punto di partenza imprescindibile nel senso che, se è positivo (od anche poco negativo) per il cliente, la natura abusiva è ragionevolmente da escludere, mentre, in caso di risultato negativo, la natura abusiva non può essere esclusa.

E’ un elemento necessario ma non sufficiente in quanto rappresenta solo un indice della ripartizione sperequata e non la conferma della stessa, visto che, da un punto di vista giuridico, negli investimenti finanziari l’obbligazione è di mezzi e non di risultato, con la conseguenza indefettibile che un risultato negativo abnorme non è di per sé manifestazione di negligenza.

Pur nella consapevolezza di ciò, si ripete l’importanza del risultato degli investimenti, soprattutto se ripetuto e costante: ed infatti, in caso di prodotti confezionati a tavolino senza collegamento, se non tenue, con elementi “naturali”, la diligenza va posta in relazione non allo svolgimento dell’investimento, ma a come lo stesso è stato prefigurato. Alla luce di tale essenza dei risultati complessi, l’esito negativo ripetuto rappresenta un elemento quanto meno indiziario di abusività: ma non solo, in quanto se tale esito ripetutamente negativo era ragionevolmente prevedibile “ex ante”, si è probabilmente al di fuori del solo indizio, anche se non si è ancora raggiunta la prova.

In definitiva, la valutazioni probabilistiche, se comparate con i risultati effettivi, forniscono un segno formidabile della convenienza effettiva per il cliente del prodotto, sia “ex ante” sia “ex post”. Un prodotto non conveniente non è di per sé abusivo: ed infatti, la non convenienza può essere compensata dalla natura straordinaria del possibile risultato positivo, natura straordinaria in grado di compensare la bassa probabilità del suo avveramento. In definitiva, un prodotto non conveniente, vale a dire dall’esito negativo sia “ex ante” sia “ex post”, ha senso solo se altamente speculativo, altrimenti è irragionevole e quindi certamente abusivo. Per i prodotti altamente speculativi occorre effettuare verifiche ulteriori, ma anche qui le valutazioni probabilistiche possono giocare un ruolo importante per verificare se le possibilità di realizzazione dell’esito positivo siano o no irrealistiche.

La polemica mossa da chi mette in evidenza che anche con le valutazioni probabilistiche negative i risparmiatori non sarebbero stati dissuasi dall’acquistare le obbligazioni convertibili non coglie nel segno, in quanto essa è artificiosa e vuole mostrare i limiti dello strumento, mentre il problema vero è quello di chiedersi se lo stesso, con tutti i limiti propri degli strumenti in materia finanziaria, sia o no utile e se lo sia in misura estremamente rilevante, come in effetti mostrato nelle presenti note. Poi, esperti finanziari potranno giudicare le valutazioni probabilistiche non sufficientemente attendibili, ma quello che è certo è che, da un lato, si dovranno utilizzare al riguardo argomentazioni approfondite e non quelle apodittiche ed autoreferenziali cui finora si è fatto finora ricorso e, dall’altro, dovranno comunque essere forniti elementi alternativi per valutare la convenienza del prodotto.

Il comportamento di Vegas

Ecco dove il comportamento di Vegas si rivela del tutto critico: la Consob, in virtù del ruolo predominante del suo capo e dell’impostazione da questi impressa all’organizzazione, ha rigettato le valutazioni probabilistiche senza approfondimenti e senza trovare alternative, ha rinunciato a qualsivoglia tentativo di repressione delle operazioni abusive ed, a monte, di fornire gli elementi per individuarle. Vegas stesso si è contraddistinto per prese di posizione nel senso di prudenza nella repressione e di protezionismo per quanto riguarda le offerte pubbliche di acquisto. Si tratta di un ruolo più di stabilità che di correttezza. La Consob si snatura così per diventare un duplicato di Banca d’Italia. Il profilo critico riguarda la rinunzia ad una efficace tutela dei risparmiatori per esigenze estranee, almeno nella radicalità con cui sono state perseguite, alla “mission” della Consob. La linea di Vegas è inammissibile, in quanto ha deviato dal ruolo istituzionale della Consob. La stabilità è un’esigenza seria, ma va perseguita in altro modo e senza sacrificare la correttezza. Su questo aspetto va valutata la permanenza o no di Vegas in Consob: eventuali profili di non trasparenza sono irrilevanti se non accertati dalla Magistratura. Ed infatti, il vero problema è di natura oggettiva, vale a dire della linea impressa da Vegas, non di natura soggettiva relativa a comportamenti presuntivamente critici, sui quali l’unica parola spetta alla Magistratura: prima di una decisione di questa, tali profili sono del tutto irrilevanti, come è bene ribadire.