Il governo Meloni riesuma il progetto del ponte di Messina e la società collegata, già in liquidazione. Ma in 50 anni mai è stato dimostrato che l’opera sia fattibile mentre impatterebbe su zone marine protette, con problemi di crescente rischio sismico e senza reali benefici. L’Ue non la vuole.
Come se fosse una novità assoluta ecco che il vicepremier e ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini rilancia il ponte sullo Stretto di Messina assicurando ad ultimo, in occasione del “question time” dell’1 dicembre al Senato, che sarà un collegamento fisso, statico, sicuro, moderno, ecocompatibile. Sui riferimenti alla sicurezza ci sarebbe da sindacare, visto che lo si vorrebbe vedere sorgere in una delle aree a più elevato rischio sismico del Mediterraneo, e l’ecocompatibilità lascia davvero a desiderare, dato che si dovrebbe intervenire in un’area di grandissimo pregio ambientale e paesaggistico.
Ma il governo ha deciso di riesumare il ponte stabilendo all’articolo 82 del disegno di legge di bilancio 2023, in estrema sintesi, che: il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente ed opere connesse sia opera prioritaria e di preminente interesse nazionale; si arrivi a definire atti transattivi che facciano superare il contenzioso tra la concessionaria, Stretto di Messina SPA e le amministrazioni pubbliche e tra il general contractor Eurolink e la SdM SPA; si proceda alla revoca dello stato di liquidazione della società, sia convocata l’assemblea dei soci e autorizzata da RFI SPA e ANAS SPA la ricapitalizzazione di SdM SPA.
Un percorso che sembra lineare ma che non tiene conto di una storia consolidata che ha le sue origini 50 anni fa e che, ad oggi, non è riuscita a produrre alcun risultato.
Sinora, infatti, è bene chiarirlo, non è stata ancora dimostrata la fattibilità tecnica, economico-finanziaria e ambientale del ponte sullo Stretto di Messina, da quando nel 1971 si decise per la prima volta che il collegamento stabile tra l’isola e il continente fosse opera di preminente interesse nazionale e dopo oltre 30 anni di elaborazioni progettuali finanziate dalla concessionaria Stretto di Messina SPA, che il governo in carica vuole rilanciare.
La storia della SdM SPA è stata fallimentare per le casse dello Stato e per il conseguimento dell’obiettivo che questa società si riproponeva. Infatti, sino al momento della sua messa in liquidazione il 15 aprile 2013, la SdM SPA non è riuscita a documentare e giustificare la fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina, pur avendo speso in più di 30 anni, dal 1981 al 2012, oltre 312 milioni di euro in ricerche, studi e progetti (Deliberazione n. 23/2018 della Sezione Centrale di Controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti).
Non solo, Stretto di Messina SPA non è riuscita nemmeno a tutelare efficacemente l’interesse pubblico. Infatti, come conferma nella sua Relazione su “La problematica chiusura della liquidazione di Stretto di Messina SPA” la Sezione Centrale di Controllo della Corte dei Conti:
- il 25 settembre 2009 la SdM SPA strinse con il general contractor Eurolink due accordi transattivi che modificarono le clausole del recesso dal contratto sottoscritto nel 2006 in modo più favorevole alla parte privata, modifiche che sono alla base del contenzioso in sede civile;
- pur essendo interamente partecipata da azionisti pubblici (ANAS SPA e RFI SPA, Regione Sicilia e Regione Calabria) e pur essendo ente strumentale delle amministrazioni pubbliche, la SdM SPA ha avviato il 14 novembre 2013 un contenzioso per ricevere un indennizzo da parte dello Stato di oltre 300 milioni di euro per proprie pregresse attività, aprendo un contrasto tra l’ente strumentale e l’amministrazione statale che risulta essere contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell’agire amministrativo (commenta la CdC)
Il general contractor Eurolink (capeggiato da Impregilo, oggi Webuild), da parte sua, nel corso del tempo non è riuscito a fornire tutte le assicurazioni necessarie per giustificare la realizzazione dell’opera. Il governo Monti nel 2012 chiese verifiche sul progetto definitivo del ponte ad unica campata elaborato dal general contractor nel 2010 che, se fossero state fornite, sarebbero state alla base di un atto aggiuntivo tra la concessionaria e il GC e non avrebbero portato alla caducazione delle concessioni e convenzioni allora in essere e alla liquidazione della SdM SPA.
Ma il general contractor, incaricato della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione del ponte, non produsse entro la scadenza del primo marzo 2013 stabilita dal governo Monti gli approfondimenti di carattere tecnico ed economico-finanziario sul progetto definitivo del 2010 del ponte ad unica campata, richiesti ai sensi dell’art. 34-decies del decreto legge n. 187/2012.
Richiamiamo i vari passaggi:
Il 2 novembre 2012 il governo Monti approvò il decreto legge n. 187 “Misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina SPA ed in materia di trasporto pubblico locale”, convertito dalla legge n. 221/2012, nel quale si stabiliva all’art. 34-decies che si potesse addivenire ad un Atto aggiuntivo al contratto tra la Società Stretto di Messina SPA e il Contraente Generale e si chiedeva una verifica tecnica ed economico-finanziaria sul progetto definitivo. Il decreto sospendeva in via immediata le concessioni e le convenzioni in essere e prevedeva, solo nel caso in cui l’atto aggiuntivo non fosse stato presentato entro il termine dell’1 marzo 2013, la caducazione, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto legge, di tutti gli atti che regolavano i rapporti di concessione, nonché le convenzioni e ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria. A seguito della mancata consegna dell’Atto aggiuntivo e quindi della caducazione degli atti era previsto l’avvio della procedura di liquidazione della Stretto di Messina SPA, affidata ad un commissario liquidatore.
Il 17 novembre 2012 il general contractor Eurolink, a seguito delle disposizioni del decreto legge 187/2012 relative alla revisione del contratto, decise di inviare al committente Società Stretto di Messina la comunicazione di recesso dal contratto firmato nel 2005 e validato nel 2006 a salvaguardia di tutti i partners italiani e stranieri presenti nella compagine.
Il 2 marzo 2013 ci fu la riunione in cui il Consiglio di Amministrazione di SdM SPA prese atto della relazione presentata dall’amministratore delegato, Pietro Ciucci, circa la mancata sottoscrizione da parte del Contraente Generale Eurolink, entro il previsto termine del 1° marzo 2013, del testo di Atto aggiuntivo da ultimo trasmessogli, conforme alle indicazioni ricevute dalle competenti Autorità di governo. Di tale mancata sottoscrizione venne data comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed ai competenti ministeri ai sensi della legge 221 del 17 dicembre 2012.
Il 15 aprile 2013 con DPCM la Stretto di Messina SPA fu posta in liquidazione.
Quindi, a suo tempo né la SdM SPA, né il general contractor Eurolink sono riusciti a dimostrare le fattibilità del ponte sullo Stretto di Messina e a superare le criticità di fondo che ancora permangono.
Criticità che non sono state superate nemmeno dal gruppo di lavoro, nominato a suo tempo dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili – MiMS, che ha prodotto il 30 aprile 2021 “La valutazione di soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina”, senza riuscire a fornire alcuna considerazione conclusiva a favore del progetto del ponte.
Nella sua valutazione il gruppo di lavoro (nel quale non erano presenti professionalità sulle materie biologiche terrestri e marine, chimico-fisiche, ecologiche, naturalistiche e paesaggistiche) si è limitato ad escludere alcune opzioni (tunnel in alveo e subalveo) lasciando in campo due soluzioni (ponte ad unica campata e a tre campate) su cui però ha ritenuto fossero necessari ulteriori approfondimenti.
Approfondimenti ineludibili su alcuni nodi di fondo su cui il gruppo di lavoro non ha risposte:
- la valutazione comparativa costi-benefici dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale, effettuata dal gruppo di lavoro del MiMS, non ha considerato tra le alternative il potenziamento e miglioramento del traghettamento nell’area dello Stretto di Messina (interventi innovativi sul sistema infrastrutturale e logistico per favorire l’instradamento dei treni, l’accessibilità degli autoveicoli, e il miglioramento dei servizi quotidiani dei pendolari), a fronte di un progetto definitivo di ponte ad unica campata che, come abbiamo visto, presenta limiti di carattere tecnico, economico-finanziario e ambientale irrisolti e all’ipotesi di un ponte a più campate, preferita dal gruppo di lavoro, che non è suffragata ad oggi nemmeno da uno studio di fattibilità;
- la soluzione del project financing (per un’opera dal costo elevatissimo: nel 2010 per il ponte ad unica campata erano stati stimati 8,5 miliardi di euro) non è praticabile, visto che, come è stato ammesso dallo stesso gruppo di lavoro nominato dal MiMS, il percorso risulta essere troppo breve e il traffico troppo limitato per imporre pedaggi che consentano una tale operazione (ogni giorno si muovono tra le due sponde non più di 4.500 persone e il 76,2% degli spostamenti dei passeggeri è locale e senza auto al seguito). Né l’Unione Europea ha intenzione di finanziare il ponte, come confermato il 18 maggio 2021 della Commissaria europea ai Trasporti Adina Valean, che ha specificato come ad oggi il ponte non sia tra gli interventi prioritari e finanziabili delle Reti di Trasporto Transeuropee TEN-T e che l’eventuale proposta si debba riferire ad un “progetto maturo” che sia, nel contempo, “coerente con il Green Deal”;
- il progetto definitivo del ponte ad unica campata e a doppio impalcato stradale e ferroviario, non ha avuto sinora un giudizio positivo di VIA e ha registrato un parere negativo di Valutazione di Incidenza per le ricadute che l’opera avrebbe sui siti della Rete Natura 2000, tutelati dall’Europa, visto che l’area dello Stretto di Messina è ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale – ZPS (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) e da un sistema di ben 11 ZSC (Zone Speciali di Conservazione), ai sensi della Direttiva Habitat, che tutelano un ambiente unico che va dalla fragile costa calabrese, alla importante zona umida della Laguna di Capo Peloro, al prezioso ecosistema botanico dei Monti Peloritani;
- le problematiche geologiche e il rischio sismico dell’area dello Stretto di Messina, dove dovrebbe sorgere l’opera, sono notoriamente molto rilevanti: la Calabria meridionale (tutta l’area di Reggio Calabria) e la Sicilia Orientale (area messinese), siano ricomprese nella Zona sismica 1 (a maggiore pericolosità), secondo la Classificazione sismica – aggiornata al novembre 2020, del Dipartimento della Protezione Civile. La relazione “Lo Stretto Messina: criticità geologiche e tettoniche” dell’ottobre 2020 dell’Istituto di Scienze Marine – ISMAR documenta come il sistema di spaccature profonde situate tra lo Stretto di Messina e l’Etna stia separando la Sicilia dal resto d’Italia e come queste abbiano causato i terremoti più devastanti d’Italia (quello del 1908, che provocò anche uno tsunami che fece non meno di 100 mila vittime) e siano responsabili della formazione dei grandi complessi vulcanici dell’Etna e delle Eolie.
Tutti temi che rimarranno sul tavolo anche del governo Meloni e su cui si attendono risposte che sinora nessuno è riuscito a dare.
Stefano Lenzi WWF e Maria Maranò (Legambiente)