on 1,5 miliardi di riduzione degli stanziamenti per le grandi opere, si potrebbe finanziare un intervento di manutenzione e potenziamento delle infrastrutture esistenti dove si concentra la stragrande maggioranza della popolazione e si registrano i più gravi fenomeni di congestione e inquinamento
Nel disegno di legge sulla Legge di Stabilità 2016 trasmesso al Senato il 25 ottobre emerge finalmente una prima, sensibile inversione di tendenza rispetto alla destinazione delle risorse che finalmente vedono una quota significativa dell’ammontare complessivo della manovra destinato agli interventi sulla rete ferroviaria e stradale esistente, anche se rimane rilevante la quota di risorse assegnate alla costruzione di nuove grandi opere, che non sono giustificate dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale.
Le cosiddette “infrastrutture strategiche”, individuate nel Primo programma derivante dalla legge Obiettivo pesano ancora in maniera rilevante sul complesso della Legge di Stabilità 2016 con una quota dell’8,9% (2,844 miliardi sui 31,6 miliardi complessivi della manovra) che viene in assoluta prevalenza assegnata per la realizzazione di infrastrutture di trasporti a lunga distanza, quali autostrade e linee ad Alta Velocità. Bisogna infatti ricordare che secondo il “IX Rapporto sull’attuazione della legge Obiettivo”, coordinato dal Servizio studi della Camera dei Deputati e pubblicato nel gennaio 2014, rispetto al costo complessivo attualizzato del Programma delle infrastrutture strategiche di 375,3 miliardi di euro, il 48% dell’investimento programmato attiene a opere stradali (178,5 miliardi di euro), mentre solo il 39% attiene a opere ferroviarie (146 miliardi di euro, il 70% dei quali destinato a linee ad Alta Velocità). Tra le opere più contestate, sotto le lente della Corte dei Conti e dell’autorità Anticorruzione, che si continuano a finanziare anche nel 2016 vi sono il MoSE (che da solo assorbe il 16% dei 2,844 miliardi di euro previsti per le grandi opere) e la Pedemontana veneta.
Rimane quindi la pesante ipoteca sui conti pubblici di un programma di grandi opere esploso al dicembre 2014 (Servizio studi della Camera dei Deputati) sino a ricomprendere 419 “infrastrutture strategiche” per un valore complessivo di 383,9 miliardi di euro. Si registra a questo proposito, finalmente, un importante segnale di ripensamento, derivante anche dall’inchiesta della magistratura “Sistema” che ha travolto nel marzo scorso il patron delle infrastrutture strategiche Ercole Incalza e l’ex ministro delle Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi, che vede il nuovo ministro Graziano Delrio, con il supporto del Presidente dell’autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, proporre un emendamento al disegno di legge riguardante la Delega appalti (ancora in discussione in Parlamento) in cui si chiede il superamento delle procedure derivanti dalla legge Obiettivo e del Programma delle “infrastrutture strategiche” (in realtà la più grande operazione clientelare oggi ancora in atto in Italia), come da anni richiesto da Sbilanciamoci!.
La novità positiva della Manovra 2016 è che il prossimo anno il Governo intende investire anche una quota rilevante delle risorse nell’ammodernamento e nel potenziamento della rete ordinaria stradale e ferroviaria, dedicando il 12% circa delle risorse complessive (3,782 miliardi di euro) a interventi sulle reti ordinarie Fs e Anas, privilegiando quindi le infrastrutture che servono il 90% dell’utenza che si muove sulle medie e corte distanze (solo il 12,5% della popolazione italiana compie spostamenti giornalieri al di sopra di 20 chilometri, cfr. Rapporto Isfort 2014). Ancora risibile appare essere però l’investimento sulle città, dove si concentrano i maggiori problemi di congestione e di inquinamento legati alla mobilità, con soltanto lo 0,6% (208 milioni di euro) della Manovra dedicato alla realizzazione di tratte di linee metropolitane (in particolare Metro 4 di Milano, Linea C di Roma, Linea 1 di Napoli).
Di opere piccole e medie, molto utili in funzione anticongiunturale per favorire la ripresa del paese, nella Legge di Stabilità 2016 non si parla. D’altra parte nel 2015 lo stanziamento previsto per questo tipo di opere localizzate nel Mezzogiorno era di soli 20,760 milioni di euro. Forse si conta sugli effetti che produrrà sul territorio la nuova programmazione dei Fondi europei 2014-2020, che però, di fatto, deve diventare operativa.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Sbilanciamoci! chiede che si proceda al più presto all’approvazione e attuazione della Delega appalti che contempla l’abbandono del Primo Programma delle Infrastrutture Strategiche e delle procedure speciali derivanti dalla legge Obiettivo. Si chiede contestualmente di procedere all’aggiornamento del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del marzo 2001, trasformandolo in un Piano nazionale della mobilità che a sua volta individui gli interventi veramente necessari per migliorare la dotazione infrastrutturale dei trasporti e della logistica del paese partendo dall’adeguamento e potenziamento delle reti esistenti. Le opere individuate devono essere sostenute da piani economico-finanziari che ne dimostrino l’utilità per la comunità e la redditività, per non gravare sui conti pubblici. In particolare, si propone di utilizzare 1 miliardo di euro ai piccoli e medi interventi di manutenzione e potenziamento delle infrastrutture esistenti, privilegiando le ferrovie al servizio dei pendolari, le tramvie e le metropolitane nelle aree urbane, dove si concentra la stragrande maggioranza della popolazione e si registrano i più gravi fenomeni di congestione e inquinamento. La copertura economica di questa proposta è garantita dal definanziamento pari a 1.500 milioni di euro degli impegni pluriennali per singole grandi infrastrutture strategiche (grandi opere). I restanti 500 milioni di euro sono destinati invece a finanziare un Piano di manutenzione del territorio e di adattamento ai cambiamenti climatici (si veda la specifica proposta più avanti).
Maggiori entrate: 1.500 milioni di euro (dalla riduzione degli stanziamenti per le grandi opere)
Costo: 1.000 di euro
Tutela del territorio
Le risorse dedicate alla difesa del suolo, come ogni anno, sono molto limitate e ammontano nel disegno di legge sulla Legge di Stabilità 2016 solo a una quota dello 0,8% (260 milioni di euro) dell’ammontare complessivo della Manovra (31,6 miliardi di euro). Il Governo in questo campo ha un programma di intervento per l’immediato impiego dei 2 miliardi di euro che erano allocati sulle contabilità speciali relative al dissesto idrogeologico e non impegnati al 31 dicembre 2013 e conta sui 7 miliardi aggiuntivi che dovrebbero provenire nei prossimi anni dalla nuova programmazione 2014-2030 dei Fondi europei di sviluppo e coesione (5 miliardi di euro) e dal cofinanziamento delle Regioni (2 miliardi di euro). Sono queste le risorse su cui conta la struttura di Missione “Italia Sicura”, ma esistono forti dubbi sulla reale disponibilità dei finanziamenti messi in campo, su quelli già impiegati e sulla congruità ed efficacia dei progetti selezionati, che hanno un impostazione molto datata, visto che sono stati impostati negli anni ’90.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Sbilanciamoci! ricorda come sia stato valutato prudenzialmente che negli ultimi 60 anni sono stati spesi almeno 52 miliardi di euro per danni provocati da alluvioni o frane (dati ufficiali 2010 della Direzione generale del territorio e delle risorse del ministero dell’Ambiente), mentre è stato stimato che per attuare una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici e alla manutenzione del territorio ci sarebbe bisogno di investimenti per 2 miliardi di euro l’anno per i prossimi 20 anni. Si chiede quindi che siano stanziati a questo scopo almeno 500 milioni di euro nella Legge di Stabilità 2016 sulla base di un Piano che individui le priorità di intervento nazionali puntando su: a) l’inversione della proporzione tra risorse destinate all’emergenza e quelle destinate alla prevenzione; b) studi aggiornati, che consentano una lettura attuale dell’assetto del territorio sottoposto ai cambiamenti climatici; c) la destinazione di una quota significativa dei finanziamenti per la delocalizzazione degli immobili siti in zone a rischio. La copertura economica di questa proposta è garantita dal saldo positivo della differenza tra il definanziamento, pari a 1,5 miliardi di euro, degli impegni pluriennali per singole grandi infrastrutture strategiche (grandi opere) e la destinazione di 1 miliardo di euro alla realizzazione di un Piano di piccole e medie opere utili per il Paese (si veda la specifica proposta qui sopra).
Costo: 500 milioni di euro