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Nadef senza impatto sull’economia

Dall’analisi della Nadef la legge di bilancio “muoverà” 30 miliardi ma avrà un impatto di appena 0,2% del Pil. Perché? In osservanza ai precetti neoliberisti e in barba alla Costituzione il governo ha l’obiettivo solo di tagliare le tasse, mentre dovrebbe aiutare la transizione e aumentare la coesione sociale.

Preambolo

Lo smarrimento, o la inedita consapevolezza, del governo circa i vincoli di bilancio sono il tratto distintivo della NADEF 2023 (aggiornamento al 27 settembre 2023). Tuttavia non possiamo nemmeno attribuire a questa compagine governativa tale smarrimento. Piuttosto è frutto di una storia economica, sociale e politica che ha rimosso i precetti costituzionali e il piano “normativo” ad essi sotteso. La finanza pubblica con il passare degli anni è passata da strumento di governo dei fenomeni economici a un esercizio ragionieristico che assicura l’indipendenza del mercato, così come i suoi meccanismi allocativi. Inoltre la discussione politica è (amaramente) piegata solo sulle tasse e le imposte, sempre “troppo alte”, che appesantiscono e che rallentano la cosiddetta “mano invisibile” del mercato. 

Sostanzialmente è elusa la seconda parte dell’articolo 3 della Costituzione (“E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”), così come l’articolo 53 (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”). Infatti la Costituzione affida alla Repubblica un compito preciso, cioè quello di “rimuovere gli ostacoli”, mentre l’articolo 53 lo declina in spesa pubblica che deve essere finanziata in base alla propria capacità contributiva. La spesa pubblica è lo strumento (normativo) di politica economica che, meglio della riduzione delle tasse, la Costituzione assegna alle istituzioni della Repubblica (il Parlamento e il governo nella fattispecie) per la rimozione dei vincoli economici, sociali e politici che impediscono a tutti i cittadini di diventare protagonisti dei grandi cambiamenti sociali.

Quando è stata scritta la Costituzione non era ancora dominante la politica economica keynesiana, ma l’esperienza di due guerre mondiali e la consapevolezza dei fallimenti del mercato avevano suggerito una maggiore partecipazione dello Stato alle dinamiche del libero mercato. 

L’evoluzione teorica del ruolo e della funzione del bilancio pubblico rispetto al funzionamento del libero mercato è mutata nel tempo, rispecchiando le inclinazioni e gli indirizzi politici al momento dominante. Oggi domina l’approccio di una finanza pubblica neutrale che non deve turbare l’equilibrio spontaneo del mercato e deve limitarsi a compiti istituzionali, in modo ancillare al neoliberismo, privilegiando il libero gioco della concorrenza nell’adeguamento tra domanda e offerta globale. In altri tempi dominavano altri approcci che potrebbero tornare particolarmente utili in una fase di grande trasformazione economica. Si pensi agli obbiettivi europei legati alla transizione ambientale e digitale del sistema economico e produttivo. 

La teoria del bilancio congiunturale, invece, è riapparsa prepotentemente durante la crisi economica legata alla diffusione del COVID, allorquando la finanza pubblica ha corretto gli squilibri momentanei del mercato con una politica anticongiunturale, affiancandola ad una sorta di finanza sociale tesa a garantire la tutela delle classi svantaggiate. Questi approcci teorici hanno dato prova di un certo successo durante la pandemia, ma sono inadeguate alla sfida di struttura (transizione ecologico-energetica) che il sistema economico europeo e nazionale deve affrontare. La finanza pubblica funzionale, invece, dovrebbe svolgere un ruolo di politica economica tesa a correggere le disfunzioni del mercato e indirizzare il sistema economico verso una situazione di stabilità e coesione sociale. In particolare ci riferiamo (1) alla migliore allocazione delle risorse tra privato e pubblico; (2) alla crescita del Paese, la quale dovrebbe essere quanto meno in linea con la (de)crescita della demografia e l’innovazione tecnologica; (3) alla stabilizzazione del reddito del Paese intervenendo ogni volta che si manifesta una crisi sia di eccesso di crescita e sia di bassa crescita; (4) alla realizzazione di una corretta distribuzione del reddito per evitare che lo stesso reddito si concentri nelle mani di gruppi sociali ristretti. 

Impianto della NADEF 2023-2026

La NADEF (Nota di Aggiornamento del Documento Economico e Finanziaria) delinea lo stato dell’economia nazionale e i provvedimenti necessari per modificare il quadro tendenziale verso quello programmatico. La NADEF del 2023-2026 è ancor più complessa di quelle degli anni precedenti; il nuovo Patto di Stabilità Europeo, che dovrebbe andare a regime entro la fine dell’anno, la crescita dei tassi di interesse e quindi del servizio del debito pubblico, le cosiddette spese indifferibili, delineano una manovra economica costretta nella sua reale dimensione e, soprattutto, inefficace da un punto di vista macroeconomico.

Sorvolando temporaneamente sui numeri della NADEF, l’impianto della stessa delinea un messaggio politico ed economico stringente: gli interventi di maggiore rilievo sono interamente assorbiti dalle minori entrate fiscali che, inevitabilmente, condizionano l’allocazione delle risorse finanziarie destinate alla spesa. Se si riducono le entrate (l’ammontare stimato delle riduzioni è pari a quasi 17 miliardi di euro), la spesa deve essere ridotta o non deve crescere per un importo equivalente. Tutto ciò senza considerare nel calcolo gli interessi sul debito pubblico, che nel nostro caso assorbono altri 15 miliardi di spesa improduttiva (salvo che per i rentier). In ballo c’è il taglio del cuneo fiscale pari a quasi 10 miliardi di euro, a cui occorre aggiungere 4 miliardi per il primo modulo della riforma fiscale, uno o più miliardi per la detassazione degli aumenti contrattuali e benefit, così come altre misure più o meno sporadiche per far fronte alla crescita dei prezzi per alcuni beni e servizi che gravano sulle famiglie. 

Il governo rivendicherà il proprio programma e la sua (lenta) implementazione, ma i conti di finanza pubblica dicono che c’è poco spazio per soddisfare gli appetiti della maggioranza. Pur introducendo (forse) una riduzione delle tasse di 4 miliardi, si tratta di un ammontare che non ha nessun impatto sul sistema economico. Ovviamente non mancano le privatizzazioni. La stima di maggiori entrate legate a questa voce è come sempre esagerata. Forse poterebbe entrare poco più di 1% di PIL tra il 2024 e il 2026, ma è il caso di ricordare che queste potenziali maggiori entrate devono confluire nel fondo di ammortamento del debito pubblico. Questo è il quadro realistico della manovra economica, sebbene qualche decimale possa anche modificarsi strada facendo. 

Sebbene lo scenario finanziario descritto solleva diverse perplessità rispetto al quadro d’insieme della NADEF, qualcosa di più grave e profondo si nasconde nelle pieghe del documento: le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche (consideriamo solo l’andamento del PIL per il momento) sono sostanzialmente identiche; il PIL dovrebbe crescere di 0,2 punti di PIL nel 2024 rispetto al quadro tendenziale (rispettivamente 1% – stima tuttavia ridimensionata a +0,8% secondo gli ultimi dati della Commissione Economica –  e 1,2%), nonostante la crescita dell’indebitamento pubblico di 0,7 punti di PIL (tendenziale pari a -3,6% e programmatico pari a -4,3% del PIL), e una contrazione del saldo primario, cioè la differenza tra entrate e spese al netto degli interessi passivi sul debito pubblico, sempre di 0,8 punti di PIL (si passa da un avanzo primario di +0,6% nel DEF a un disavanzo primario di -0,2% di PIL nella NADEF nel 2024). In altri termini: una manovra economica pari a quasi 30 miliardi di euro determina una crescita del PIL di soli 0,2% di PIL. Si tratta di un fenomeno non nuovo che ha attraversato quasi tutti i governi che si sono succeduti dopo il governo Monti.

Questo impatto nullo sul sistema economico della manovra economica dovrebbe “sollevare” un’ampia riflessione circa l’efficacia della stessa Legge di Bilancio e aprire una discussione (seria) su come la stessa legge di Bilancio possa ritornare utile al Paese. Diversamente diventa un mero esercizio contabile (ragionieristico) che mal si concilia con le finalità dell’esercizio finanziario sotteso alla manovra economica.

I provvedimenti che il governo intende adottare

I nodi di struttura del Paese e la crescita dei prezzi, che rimane un fenomeno sociale e quindi governabile, hanno nei fatti costretto il governo a predisporre nel corrente anno dei provvedimenti a tutela delle famiglie più deboli. È un modo per dire che la realtà dei fatti economici e sociali supera le più ottuse posizioni economiche e politiche di chi governa. Infatti, “il pacchetto energia per il 2023 è quantificabile in circa 26,1 miliardi (1,3 per cento del PIL), un valore che rappresenta meno della metà dell’ammontare del 2022, in cui le misure energia sono quantificate in 53,8 miliardi (2,8 per cento del PIL) (Nadef 2023, p. 68). Quindi non sono da escludere ulteriori provvedimenti sul punto, sebbene sarebbe il caso di delineare dei provvedimenti capaci di modificare gli equilibri nel mercato. Si pensi a un decreto-legge che obbliga le imprese a corrispondere ai lavoratori un adeguamento salariale pari alla differenza tra l’inflazione target della BCE (2%) e quella che si realizza nel mercato prossima al 5,7%, evitando così di prosciugare le scarse risorse pubbliche e utilizzarle per interventi più puntuali e meritevoli. Inoltre in questo modo il governo potrebbe anche delineare un quadro macroeconomico in cui il reddito da lavoro in rapporto al PIL, pari al 43%, raggiunga in 5 anni lo stesso livello della media europea, stabile tra il 50 e il 52% del PIL.

Al netto di quello che sarebbe auspicabile, il governo intende realizzare: 

  1. Taglio del cuneo fiscale, cioè “il Governo ha deciso di confermare per il 2024 il taglio contributivo attuato quest’anno. In termini di impatto sulla finanza pubblica si tratta della principale misura della legge di bilancio. Si è deciso di prorogarla perché essa soddisfa al contempo l’esigenza di proteggere il reddito disponibile delle famiglie con redditi medi e bassi, di contenere il costo del lavoro delle imprese e l’aumento dei prezzi e di continuare a migliorare la competitività della nostra economia (Nadef 2023, p. III);
  2. Riforma fiscale, cioè la “ legge di bilancio finanzierà l’attuazione della prima fase della riforma, con il passaggio (a) dell’imposta sui redditi delle persone fisiche a tre aliquote e (b) il mantenimento della flat tax per partite IVA e professionisti con ricavi ovvero compensi inferiori a 85 mila euro. La riforma ridurrà la pressione fiscale sulle famiglie, giacché essa sarà solo parzialmente coperta da una revisione delle spese fiscali” (Nadef 2023, p. IV)
  3. Rinnovo contratto pubblico, “nell’ottica di un recupero del reddito disponibile delle famiglie, la legge di bilancio finanzierà anche il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, con una particolare attenzione al settore sanitario” (Nadef 2023, p. IV);
  4. Natalità, cioè con la “preoccupante flessione delle nascite, il Governo intende promuovere ulteriormente la genitorialità e sostenere le famiglie con più di due figli. È pertanto allo studio una misura innovativa a favore delle famiglie con redditi medi e bassi, che sarà anch’essa finanziata dalla legge di bilancio” (Nadef 2023, p. IV);
  5. Dismissioni al fine di “una gestione più dinamica delle partecipazioni pubbliche, il nuovo scenario programmatico prevede proventi da dismissioni pari ad almeno l’1 per cento del PIL nell’arco del triennio 2024-2026” (Nadef 2023, p. II). “L’intonazione prudente della politica di bilancio, la gestione del debito per scadenze ed emissioni e la prosecuzione del programma di valorizzazione e dismissione degli asset pubblici contribuiranno a rafforzare la discesa del rapporto debito/PIL nel 2026, quando tale rapporto si ridurrebbe ulteriormente scendendo al 139,6 per cento, un livello inferiore rispetto all’obiettivo del 140,4 per cento indicato dal DEF ” (Nadef 2023, p. 18);
  6. Spending review e tax expanditure che il governo “si appresta a introdurre con la legge di bilancio, continuando il percorso già avviato dallo scorso anno, di una rinnovata attività di valutazione e revisione della spesa. Le predette amministrazioni assicureranno, con un’attività di revisione della spesa, il proprio concorso alla prossima manovra di finanza pubblica” (…) “Più in generale, i saldi di bilancio saranno ricondotti ai valori programmatici tramite misure di controllo della spesa, revisione dei sussidi e riduzione del tax gap (traduzione: evasione fiscale)”.(Nadef 2023, p. 17).

Queste misure saranno da subito efficaci? Alcune sì, altre dovranno passare dal Parlamento in quanto disegni di legge collegati alla Legge di Bilancio. In altre parole, se i Disegni di legge non entrano in vigore per tempo, l’indebitamento netto potrebbe (o meglio, dovrebbe) migliorare in ragione di minori spese e/o maggiori entrate. L’elenco dei 32 provvedimenti legislativi necessari per attuare la Legge di Bilancio dà conto della complessità della manovra; il tempo trascorso tra voto della Legge di Bilancio e l’attuazione delle norme legislative collegate sono un risparmio di spesa e/o maggiori entrate fiscali. Non sorprenderebbe un miglioramento del saldo primario o dell’indebitamento netto alla fine dell’anno 2024.

Di seguito trovate tutti i provvedimenti che il governo dovrebbe adottare:

  1. Interventi a sostegno della competitività dei capitali (A.S. 674);
  2. Misure organiche per la promozione, la valorizzazione e la tutela del Made in Italy (A.C. 1341);
  3. Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese e disposizioni di semplificazione delle relative procedure nonché in materia di termini di delega per la semplificazione dei controlli sulle attività economiche (A.C.1406);
  4. Misure in materia di tecnologie innovative;
  5. Misure in materia di politiche spaziali e di sostegno all’industria spaziale;
  6. Misure in materia di semplificazione normativa;
  7. Revisione del Testo Unico degli Enti locali;
  8. Semplificazioni in materia scolastica;
  9. Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale;
  10. Disciplina della professione di guida turistica (A.S. 833);
  11. Interventi in materia di disciplina pensionistica;
  12. Misure a sostegno delle politiche per il lavoro;
  13. Interventi a favore delle politiche di contrasto alla povertà;
  14. Misure a sostegno della maternità nei primi mesi di vita del bambino;
  15. Misure per il sostegno alle famiglie numerose;
  16. In materia di riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale nel Servizio Sanitario nazionale e dell’assistenza ospedaliera;
  17. Delega in materia di riordino delle professioni sanitarie e degli enti vigilati dal Ministero della salute;
  18. Misure per il sostegno, la promozione e la tutela delle produzioni agricole nazionali e delle relative filiere agroalimentari e del patrimonio forestale;
  19. Misure in materia di consumo di suolo, ricomposizione fondiaria e riutilizzo terre pubbliche a fini agricoli;
  20. Misure per la realizzazione delle infrastrutture di preminente interesse nazionale e di altri interventi strategici in materia di lavori pubblici nonché per il potenziamento del trasporto e della logistica;
  21. Misure in materia di economia blu;
  22. Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione (A.S. 615);
  23. Misure di sostegno alla filiera dell’editoria libraria;
  24. Codice in materia di disabilità;
  25. Rafforzamento del sistema della formazione superiore e della ricerca;
  26. Delega al Governo in materia di politiche abitative per gli studenti universitari;
  27. Revisione delle circoscrizioni giudiziarie, anche con riferimento al Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;
  28. Disposizioni in materia di magistratura onoraria;
  29. Disposizioni in materia di giovani e servizio civile universale e deleghe al Governo per il riordino della materia;
  30. Interventi di adeguamento alla legge quadro sulla partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali;
  31. Disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale e non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni.
  32. Delega per la revisione della gestione dei diritti audiovisivi, connessi agli eventi e ai contenuti, e per lo sviluppo delle infrastrutture in ambito sportivo.

Quadro macroeconomico della NADEF

Le previsioni economiche delle principali istituzioni internazionali prevedono un rallentamento di tutte le principali variabili nell’Area euro. Il PIL nell’Eurozona nel 2023 dovrebbe crescere dello 0,8% e del 1,3% nel 2024; la Germania registra una contrazione del PIL nel 2023 di -0,4% e una crescita del +1,1% nel 2024; l’Italia crescerebbe dello +0,9% nel 2023 e dello +0,8% nel 2024. Quest’ultimo dato, tuttavia, non viene preso in considerazione dalla NADEF: rimane valida la stima precedente dell’1%. Si tratta di un azzardo, perché se la previsione europea dovesse avverarsi, i dati macroeconomici programmati sarebbero sballati.  L’inflazione registra una importante contrazione. Questa passa dal 5,6% del 2023 al 2,9% del 2024 nell’Area euro; dal 6,4% del 2023 al 2,8% in Germania; dal 5,9% del 2023 al 2,9% in Italia (cfr. European Economic Forecast, Summer 2023). Si tratta di livelli di crescita significativamente più contenuti rispetto al 2022 che dovrebbe interrogare le politiche economiche degli Stati e ancor di più le misure della BCE relative all’aumento dei tassi di interesse che puntano certamente alla riduzione dell’inflazione, ma anche alla (1) riduzione del debito sovrano; (2) minore eterogeneità tra i debiti sovrani europei; (3) maggiore crescita; 4) politiche di bilancio anticicliche.

La NADEF incorpora solo parzialmente le previsioni economiche della Commissione Europea, delineando uno scenario programmatico migliore di quello delineato dalla stessa Commissione. La tabella 1 (Quadro macroeconomico tendenziale del DEF -aprile- e della NADEF -settembre- 2023) restituisce la cornice economica tendenziale e programmatica della NADEF. In ragione della manovra economica che il governo intende adottare, il PIL dovrebbe crescere del +1,2% nel 2024, rispetto al +1% tendenziale; l’occupazione crescerà del +0,7% nel 2024, rispetto al tendenziale del +0,6%; il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 7,3% del 2024 rispetto a un tendenziale pari a 7,4%.

Ciò che emerge con una certa prepotenza è la sostanziale “identità” tra i valori tendenziali e programmatici, come se la politica economica del governo possa fare ben poco per modificare il quadro macroeconomico. Non è un fenomeno nuovo, ma con il passare degli anni la convergenza tra valori tendenziali e programmatici dovrebbero aprire una riflessione sulle politiche di bilancio pubbliche più puntuali. Diversamente la Legge di bilancio diventa, come detto, un esercizio ragionieristico valido solo a fini contabili.

La domanda che occorre farsi è la seguente: perché una manovra economica prossima a 30 mld di euro permette una crescita aggiuntiva di +0,2%? La riduzione delle entrate fiscali, cioè riduzione delle tasse, è forse colpevole di questo effetto limitato? In effetti, ci sono ragioni macroeconomiche solide per osservare che la spesa pubblica è molto più efficace della riduzione delle tasse e/o contributi. Infatti la spesa pubblica aumenta il PIL, mentre il maggiore reddito disponibile delle famiglie, determinato dalla riduzione delle imposte, non è mai consumato interamente; una parte di questo reddito è risparmiato e non concorre alla crescita del PIL.

Quadro finanziario della NADEF

Il contesto macroeconomico condiziona la finanza pubblica. Per realizzare una parte delle misure economiche delineate dal governo è indispensabile ricorrere all’articolo 6 della legge n. 243 del 2012, la quale, in circostanze eccezionali e sentita la Commissione Europea, permette di richiedere al Parlamento l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento aggiuntivo (cfr. Relazione al Parlamento del ministro Giorgetti, pp. 2, 3).  L’eccesso di indebitamento richiesto è pari a +0,8% per il 2023, +0,6% per il 2024 e 2025 e +0,4% per il 2026. Si tratta di 45 mld di euro aggiuntivi spalmati tra il 2023 e il 2026, di cui 12 mld solo per il 2024. Se aggiungiamo la riduzione del saldo primario che passa dallo 0,6% del PIL (tendenziale) a meno 0,2% del PIL (programmatico) per il 2024, per un controvalore di 16 mld solo per il 2024, possiamo comprendere le difficoltà finanziarie in cui versa la compagine governativa. La manovra economica, quindi, ammonta a quasi 28 miliardi di euro tra extra-deficit e minore avanzo primario.

 I saldi finanziari più importanti per il 2024 sono (Tabella 2):

  • l’indebitamento netto passa dal +3,6% tendenziale al 4,3% programmatico, in aumento rispetto al DEF di aprile che era previsto al 3,5% nel tendenziale e al 3,7% nel programmatico;
  • il saldo primario passa da +0,6% tendenziale a -0,2% programmatico del PIL, ma era pari a 0,5% nel tendenziale e 0,3% programmatico del PIL nel DEF di aprile;
  • gli interessi passivi sono pari al 4,2% del PIL sia per il tendenziale che per il programmatico, ma in crescita rispetto al DEF di aprile che erano pari al 4,1% del PIL;
  • il debito pubblico (netto) in rapporto al PIL rimane stabile nel tempo intorno al 137,6% del PIL. In realtà, questo importante risultato è determinato dalla recente revisione al rialzo della stima ISTAT del PIL nominale dello scorso biennio, pari a 1,9% per il 2021 e al 2,0% per il 2022, che ha portato a una riduzione del rapporto debito (lordo)/PIL, che si attesta a fine 2022 al 141,7% dal 144,4% stimato in precedenza. Il debito pubblico netto in rapporto al PIL migliora in misura ancor più considerevole nel 2022: passa dal 151,5% del PIL al 138,8% nel passaggio tra DEF 2022 e NADEF 2022.

Tabella 2

  • Al lordo – ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell’UEM, bilaterali o attraverso l’EFSF, e del contributo al capitale dell’ESM – a tutto il 2022 l’ammontare di tali interventi è stato pari a 56,3 miliardi, di cui 42 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l’EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 15 settembre 2023).

Nostra elaborazione su dati NADEF 2023

Come già sottolineato in precedenza, una parte della manovra economica è affidata a disegni di legge collegati. I disegni collegati che più e/o meglio di altri incidono sulla spesa/entrate pubbliche sono relativi alla (1) revisione degli incentivi alle imprese, (2) previdenza, (3) politiche del lavoro, misure per contrastare la povertà, (4) misure a sostegno della maternità, (5) misure a sostegno delle famiglie numerose, (6) riorganizzazione dell’assistenza territoriale del sistema sanitario, (7) disposizioni per l’autonomia differenziata. L’utilizzo di disegni collegati non è inusuale. Infatti alcuni provvedimenti di riforma necessitano di quadro di riferimento organico che non è possibile realizzare nella Legge di Bilancio, la quale ha il solo compito di computare il dare e l’avere di certe voci di entrata e di spesa. Non è possibile capire come e quanto l’indebitamento netto incorpori i provvedimenti su menzionati, ma più passa il tempo tra la votazione della Legge di Bilancio e l’approvazione dei disegni di legge collegati, tanto più è possibile ridurre l’indebitamento netto in ragione di maggiori/minori entrate/spese fiscali. Non è da escludere, quindi, che la votazione dei disegni di legge collegati sia valutata sulla base dell’impatto finanziario degli stessi. Forse un modo per modificare l’indebitamento netto in funzione della discussione tra il governo e la Commissione Europea.

Criticità e sostenibilità

La prima Legge di Bilancio del governo Meloni (quella dell’anno scorso era sostanzialmente condizionata dal precedente governo Draghi) restituisce la difficoltà di governare un Paese e la distanza tra i desiderata e la realtà economica del paese, esacerbata dalla politica dei tassi di interesse della BCE che aumenta il costo del servizio del debito pubblico, riduce gli investimenti e la domanda aggregata al solo scopo di ridurre l’inflazione che, al netto della narrazione della stessa BCE, è in diminuzione. Inoltre il governo fatica a trovare delle policy diverse da quella della riduzione delle tasse, condizionando tutte le potenziali politiche che potrebbero modificare i rapporti di potere nel mercato.

L’orientamento politico del governo e l’ossessione delle sempre troppo alte tasse impediscono l’adozione di provvedimenti che meglio di altri potrebbero migliorare la vita delle famiglie.

Abbiamo già osservato in precedenza che le politiche di contenimento dell’impatto sulle famiglie dell’aumento dei prezzi adottate dal governo durante il 2023 hanno determinato minori entrate per 26 mld di euro. Sebbene siano dai più considerate misure di buon senso, in realtà non hanno modificato di molto la perdita di potere di acquisto delle famiglie. Probabilmente sarebbe stato molto più utile un decreto-legge che temporaneamente agganciasse i salari all’inflazione, almeno per la componente che eccede il target della BCE del 2%. Le risorse liberate potevano essere utilizzate per realizzare una politica industriale tesa a modificare la specializzazione produttiva e quindi a ridurre l’impatto dell’aumento dei prezzi. Infatti l’inflazione non è uguale per tutti i beni e servizi. In altri termini, l’inflazione è un fenomeno sociale legato all’adeguamento dell’output, che dopo la pandemia e con la guerra in corso stanno riscrivendo la propria matrice produttiva. Sarebbe stato anche possibile delineare un riferimento politico ed economico circa il peso e il ruolo dei salari e dei profitti. Infatti solo in Italia il profitto in rapporto al PIL è più alto di quello dei salari. Consegnare a capitale e lavoro un orizzonte europeo circa il peso dell’uno e dell’altro nella contabilità nazionale, avrebbe delineato un aumento dei salari di almeno 7 punti di PIL. Ovviamente non tutto nel corso di un anno, ma prospettare una crescita di 7 punti in 5 anni avrebbe permesso una crescita dei consumi e degli investimenti almeno in linea con la media europea.

In realtà la politica nazionale ha un problema culturale e strutturale. Se la politica economica di un governo è declinabile solo in maggiori (o minori) entrate fiscali, il piano normativo della politica economica è destinato a scomparire dall’orizzonte sociale.