È stato presentato al Salone dell’editoria sociale il Rapporto di Lunaria sul sistema di accoglienza romano. Una analisi dettagliata per capire i problemi. E provare a cambiare
Sono passati quasi due anni da quando i primi arresti dell’indagine “Mondo di mezzo” hanno gettato un’ombra più che oscura sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati della Capitale. Eppure, anche a distanza di due anni, l’attenzione è rimasta concentrata sulla quantità di risorse pubbliche investite, e il dibattito confinato tra l’“accettazione” della mala-accoglienza e la privatizzazione tout court del sistema di accoglienza. Esiste però una terza possibilità, quella di una riforma profonda delle politiche attuali, cosa possibile ma solo a patto di individuare e rimuovere le cause che stanno alla base della cattiva accoglienza.
È proprio a partire da questo presupposto che si muove il Rapporto di Lunaria “Il mondo di dentro. Il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma” – presentato sabato 29 ottobre al Salone dell’Editoria Sociale. Una analisi dettagliata e puntuale del sistema di accoglienza romano: come è stato disegnato, chi sono gli attori in campo, quali le procedure per affidare i servizi, le carenze strutturali e le prassi amministrative che hanno aperto il varco all’utilizzo improprio, per usare un eufemismo, delle risorse pubbliche stanziate. In particolare il Rapporto analizza i due principali sistemi in cui si articola oggi il sistema pubblico di accoglienza della capitale: quello dei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) in capo alla Prefettura e il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo (Sprar).
Emerge, come si legge nelle conclusioni del Rapporto, che il vizio di fondo che caratterizza l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati nella Capitale è la sostanziale assenza di una programmazione degli interventi complessiva, coordinata, standardizzata, progettata e collegata con i soggetti sociali e i servizi pubblici presenti sul territorio. Tale programmazione è possibile solo nella misura in cui vi sia a monte una netta scelta politica dell’amministrazione comunale: quella di ripensare completa- mente il modello di accoglienza “a cipolla” attualmente esistente, assumendo in pieno il suo ruolo di indirizzo, coordinamento e controllo dei servizi.