Top menu

L’ultraliberismo al governo

Il governo ha appena nominato cinque consulenti per monitorare la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tutti accomunati da una matrice culturale di stampo liberista e tecnocratico. Una scelta precisa, che indica chiaramente la direzione che si intende perseguire con il PNRR: quella sbagliata.

Il governo ha nominato cinque consulenti per la realizzazione del PNRR, una squadra dove il marchio liberista è ben evidente.

Carlo Stagnaro è direttore del comparto ricerche e studi del sancta sanctorum del liberismo italiano: l’Istituto Bruno Leoni, dove possiamo trovare interventi contro l’acqua pubblica, l’imposta di successione e l’intervento pubblico in economia. Niente di strano per un istituto che ha per titolo “idee per il libero mercato”. In uno dei suoi ultimi interventi Stagnaro fa le pulci alla proposta G7 sulla tassazione delle multinazionali che evadono. Altro liberista è Riccardo Puglisi. Ha un blog dove campeggia il post “In lode di Alberto Alesina”, il capostipite (scomparso) insieme a Giavazzi dei liberisti italiani. Un tributo scontato. Nei suoi tweet se la prende con la Mazzucato e il keynesismo. Promotore del think thank molto mainstream Tortuga è Francesco Filippucci, che ritwitta lo stesso Puglisi, Calenda e Cottarelli. E poi ci sono Carlo Cambini (Politecnico di Torino) e il bocconiano Marco Percoco, favorevole alla liberalizzazione dei trasporti. Un pezzo di Percoco per la voce.info ha per titolo “L’unica via per la mobilità urbana è la competizione”. Largo ai privati.

 Si tratta di una decisione molto grave, a fronte di un impianto del PNRR che collima in molti punti con l’impostazione e la filosofia liberista e tecnocratica: assenza di politica industriale, incentivi “orizzontali” alle imprese, privatizzazioni, allentamento dei vincoli e dei controlli, governance verticistica, monitoraggio con metodi McKinsey. Nel PNRR ci sono poi diversi “favori” a grandi gruppi industriali (come Leonardo ed Eni/Snam).

La politica economica del governo Draghi – e del PNRR – non solo strizza gli occhi ai liberisti, ma li recluta per controllare meglio la realizzazione dei progetti e delle iniziative previste nel Piano. Avevamo sperato che – come effetto della crisi gravissima che stiamo attraversando – ci fosse un ripensamento anche in Italia nelle politiche economiche, con l’archiviazione dell’austerità e dei vincoli europei, ma il nostro ottimismo è stato smentito. Si ritorna sulla vecchia strada: al governo Draghi vince la linea di Salvini (e di Forza Italia). PD, Cinque Stelle e LeU facciano sentire la loro voce.

In Italia non mancano esperti e consulenti competenti ed equilibrati, ma avere scelto proprio questi nomi è un segnale ben preciso sulla direzione in cui si vuole andare. Quella sbagliata.