Con l’insediamento del “Conte-bis” si apre una fase politica che promette di essere diversa rispetto a quella del precedente governo giallo-verde. Ma alla bontà di alcuni punti del programma e di alcuni nuovi ministri fanno da contraltare le ombre e le incognite su decreti sicurezza, spese militari, investimenti pubblici, sistema fiscale e bancario.
Parte un governo nuovo, diverso da quello del passato. Certo, migliore: scompaiono dal radar di governo il virulento Salvini e alcune politiche scellerate come la flat tax e la cosiddetta autonomia differenziata in salsa leghista. Si rompe il connubio liberista-populista. Diventano ministri persone di qualità come Provenzano, Fioramonti, Pisano, Boccia.
Nel programma dei 29 punti ci sono cose nuove, che non possono non essere apprezzate: il Green New Deal, la promessa di una politica economica espansiva e di sostegno al welfare, alla scuola, all’istruzione, il salario minimo, l’impegno sull’Agenda 2030, la web tax, la promessa della legge sull’acqua pubblica e altro ancora.
Ma ci sono anche cose negative: i decreti sicurezza non vengono cancellati (ci si limita a una loro “rivisitazione” e si rimanda a una futura legge sull’immigrazione), le spese militari non vengono tagliate (e nemmeno i cacciabombardieri F35), il richiamo al “cuneo fiscale” è del tutto vago (tutto dipende da come verrà declinato), sugli investimenti pubblici non ci sono impegni concreti, solo due righe insignificanti sul sistema bancario e zero parole sulla tobin tax.
Vedremo come tutto ciò si concretizzerà. Le incognite sulle misure specifiche e la tenuta del governo sono molte. Quello che conta è il merito delle scelte: spazzare via i decreti sicurezza è dirimente, una questione di civiltà e di democrazia. Così come stanziare più soldi per la scuola, per gli ospedali, per i servizi sociali. Ci sono emergenze sociali in questo paese: la povertà non è stata di certo “abolita”, le diseguaglianze continuano a essere profonde, le condizioni dei giovani sono drammatiche. La questione sociale – insieme a quella ambientale – deve tornare al centro delle scelte.
Il paese è in stagnazione, l’economia e l’apparato industriale (e la finanza) galleggiano in una situazione di grandissimo rischio sistemico, anche per il contesto globale. Il paese non ha bisogno – come dice Conte – di “novità”, ma di una vera e propria svolta, come invece più volte in questi anni ha chiesto Sbilanciamoci!: più investimenti pubblici e meno inventivi fiscali alle imprese, più lavoro con diritti e meno precariato, più lotta ai cambiamenti climatici e meno sussidi ambientalmente dannosi (16 miliardi di euro), più soldi per l’accoglienza dei migranti e la cooperazione e meno spese militari.
Aspettiamo il nuovo governo alla prova dei fatti, a partire dalla prossima Nota di aggiornamento del DEF.