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Lo yuan digitale, le criptovalute e il sistema monetario 

La Cina sarà presto la prima economia avanzata a offrire una valuta virtuale, lo Yuan digitale, un progetto che a piccoli passi viene elaborato dal 2014. Intanto si fa pressante la necessità di una riforma del sistema monetario internazionale.

La situazione del sistema monetario internazionale

Un recente testo di Michel Aglietta e di Natacha Valla (Aglietta, Valla, 2021) può introdurci ad analizzare alcuni sviluppi delle questioni monetarie in Cina e nel resto del mondo. Il libro ricorda che siamo giunti ad un punto in cui appare evidente l’obsolescenza dell’attuale sistema monetario internazionale, basato in particolare sulla dominazione del dollaro e sul suo ruolo come unica divisa guida. 

La globalizzazione, sottolineano i due autori, ha portato negli ultimi decenni ad una forte crescita economica anche dei paesi emergenti. Registriamo così,  da una parte la forte ascesa economica della Cina, ormai prima potenza economica del mondo se si calcola il Pil con il criterio delle parità dei poteri di acquisto, dall’altra, anche come conseguenza non necessaria del primo mutamento,  l’utilizzo recente da parte degli Stati Uniti del dollaro come strumento di rappresaglia e dominazione unilaterale, per tentare di bloccare l’ascesa del paese asiatico, usando il sistema sanzionatorio o minacciando di usarlo con chiunque usi il dollaro. Questo sviluppo entra necessariamente in contraddizione con il ruolo di divisa di riserva della moneta.

Sul ruolo del dollaro nella politica Usa ricordiamo soltanto poche righe di un documento dell’Office of the Director of National Intelligence  (Haring, 2020): “…Ci sono molti vantaggi per la sicurezza nazionale nell’avere il dollaro come moneta di riserva mondiale…gli Stati Uniti sono in grado di imporre sanzioni contro delle entità che violano la legge e i trattati internazionali, o hanno la potenzialità di causare instabilità finanziaria sui mercati globali. Gli Stati Uniti mantengono il dominio internazionale in non piccola parte in ragione del loro potere finanziario…”. Incidentalmente: la Federal Reserve può usare il dollaro per finanziare il debito pubblico e privato del paese in maniera massiccia.

In queste condizioni, continuano i due autori sopra citati, in cui la dominazione del dollaro (il suo “privilegio esorbitante”, come ricordò a suo tempo Valéry Giscard D’Estaing, che permette al paese e ai suoi abitanti di vivere al di sopra dei loro mezzi) tende a diventare obsoleta, il sistema non può più funzionare senza problemi; se portato avanti nella direzione citata, avrebbe come conseguenza finale una deglobalizzazione devastatrice. Dobbiamo allora passare da un sistema basato su una sola divisa-chiave ad un altro, basato sul multilateralismo. 

Ora, se mancherà una concertazione tra i vari paesi del mondo, si arriverà alla presenza in contemporanea di diverse divise principali, dollaro, forse euro, yuan. Se si giungerà invece ad un accordo, si potrebbe varare una soluzione migliore, un sistema basato come moneta di riserva sui Diritti Speciali di Prelievo (DSP) del Fondo Monetario Internazionale. Tale sistema dovrà necessariamente essere frutto di un accordo politico basato su di una cooperazione monetaria istituzionalizzata. 

Quest’ultima soluzione non è auspicata soltanto dai due autori principali ma anche, da tempo, da molti esperti ed auspicato in particolare, già qualche anno fa, dallo stesso governatore della banca centrale cinese.

Bisogna ricordare che il dominio del dollaro non è limitato al ruolo di moneta di riferimento – il 60% delle riserve valutarie delle banche centrali nel mondo sono in dollari (anche se la percentuale appare in discesa) e solo il 20% in euro -, ma si estende ai sistemi di clearing e di pagamento. Oggi il dollaro è utilizzato nel regolamento dell’88,3% di tutte le transazioni internazionali e lo yuan solo in poco più del 4% (Chi Lo, 2021). 

I pagamenti internazionali dipendono in specifico dal sistema Swift, sempre controllato dagli americani, che lo hanno usato in passato per mettere in difficoltà l’Iran e Cuba, nonchè per ricattare la stessa l’Unione Europea cercando di imporre il blocco della pipeline Nordstream2 ed infine contro alcune imprese tecnologiche cinesi. Parallelamente, la centralità del dollaro fornisce al governo Usa un grande accesso alle informazioni sulle transazioni che si svolgono a livello globale (Rogoff, 2021).

Le criptovalute

Un altro elemento importante e parallelo che si può trarre dal testo di Aglietta e Valla riguarda la questione delle criptovalute. Alcuni sognano un nuovo mondo in cui le monete non sarebbero più monopolio dello Stato, ma un modo di scambio democratico e condiviso dalle varie comunità o imprese private. Ma i due autori ci ricordano che le monete non sono innovazioni tecnologiche, quanto piuttosto istituzioni essenziali, costruzioni sociali e politiche.  Sin dai tempi dei Sumeri, quando è nata, sostanzialmente insieme alla scrittura e allo Stato, la moneta è sempre stata il simbolo di appartenenza sociale ad una comunità umana. 

Come afferma anche Villeroy de Gallau, attuale governatore della Banca di Francia (Charrel, 2021), la moneta si è sempre evoluta, ma deve restare un bene pubblico; non c’è mai stata una moneta privata durevole. Le innovazioni sono indispensabili, ma è nostro compito vegliare che queste innovazioni non minino la stabilità finanziaria.

Per altro verso, la proliferazione in atto e il sempre maggior successo delle pseudo-monete digitali private rappresentano da una parte il tentativo del capitalismo di trovare una nuova area di profitti e di speculazioni- secondo una logica che spinge a privatizzare qualsiasi cosa-, e d’altra parte possono  rafforzare l’egemonia del capitale statunitense.  

Negli ultimi anni abbiamo così assistito allo sviluppo delle pseudo-monete elettroniche private: dal Bitcoin alla Libra, varata a suo tempo da Facebook, esperimento che aveva ambizioni molto vaste, mentre il nuovo progetto, ora ridimensionato della stessa impresa porta il nome di Diem Dollar. A tali progetti sono associate le principali società statunitensi che gestiscono l’attività di carte di credito, che vi vedono una naturale evoluzione ed estensione delle loro attività.  

La diffusione delle criptomonete elettroniche approfitta poi delle abbondanti liquidità presenti nel mondo grazie alle politiche molto liberali delle banche centrali e alle mire di investitori che sono alla continua ricerca di forme di impiego anche molto rischiose -visto che i titoli obbligazionari pubblici e privati, nonché i normali impieghi bancari, rendono ormai pochissimo. 

Queste novità hanno contribuito a portare le stesse banche centrali, timorose dei pericoli di instabilità finanziaria, dell’erosione del controllo della politica monetaria, dei rischi per la privacy e dei possibili riciclaggi di denaro sporco, a studiare l’introduzione di una moneta numerica pubblica, cosa cui stanno riflettendo, secondo alcune fonti, l’86% di esse (Charrel, 2021).

Per altro verso, Willem H. Buiter (Buiter, 2021), uno dei massimi esperti mondiali di questioni monetarie, ha sottolineato di recente come le criptomonete siano un investimento eccessivamente rischioso – hanno una volatilità persino molto più grande dell’oro – e indesiderabile dal punto di vista ambientale (già oggi in queste operazioni si consuma in un anno nelle più energia di quella necessaria all’Argentina). Non possono inoltre servire come deposito di valore o come mezzo di scambio e di pagamento affidabili, né specificamente per le rimesse degli emigranti, essendo le  transazioni relative molto inefficienti. D’altra parte le criptomonete non hanno niente a che fare con le valute digitali ufficiali che vengono sviluppate in questo momento. Non si basano sulla tecnologia del blockchain ed evitano altri problemi. Quindi, prima questi strumenti saranno messi da parte e meglio sarà, conclude l’esperto, anche se, aggiungiamo noi, forti interessi ormai consolidati tendono a spingere per mantenere in vita il sistema e anzi per espanderlo ancora. 

Le mosse della Cina

-Verso la convertibilità della moneta?

E’ noto come la Cina stia investendo sempre di più nelle nuove tecnologie, con l’obiettivo di raggiungere i paesi avanzati in un ampio spettro di settori. Ricordiamo che dal 2014 la Cina ha avviato una strategia, a piccoli passi e molto prudente, che dovrebbe rendere progressivamente convertibile la moneta nazionale, nell’ambito di una apertura internazionale e di una liberalizzazione del sistema economico e finanziario. La moneta è stata tenuta strettamente sotto controllo sino al 2015; da allora, la banca centrale di Pechino ha permesso che fosse trattata sul mercato sempre più liberamente. La Cina ha concesso agli investitori istituzionali stranieri di acquistare obbligazioni in renmimbi e nel 2016 il Fondo Monetario Internazionale ha incluso quella cinese nel gruppo delle monete che determinano il valore dei DSP.  

Tali sforzi sembrano trovare qualche riscontro importante negli ultimi tempi; il ruolo economico crescente del paese e la crisi del Covid hanno condotto, accanto ad una rivalutazione del corso della moneta, ad una corsa a tratti frenetica verso l’acquisto di titoli cinesi da parte degli investitori internazionali. Va anche ricordato che ormai il numero delle valute che si muovono in tandem con il renmimbi è maggiore di quelle che utilizzano il dollaro (Leung, 2020), anche se si tratta in sostanza nel primo caso di paesi emergenti.  

Il piano per la liberalizzazione dello yuan sembra nell’ultimo periodo subire un’accelerazione in relazione alla crescita ulteriore delle dimensioni dell’economia (la Cina è ormai troppo grande per continuare a danzare alla musica della Federal Reserve (Rogoff, 2021). Inoltre, soprattutto in relazione al conflitto crescente con gli Stati Uniti, Whashington potrebbe arrivare a bloccare i movimenti finanziari verso la Cina, anche se la cosa appare abbastanza improbabile perché questa mossa porterebbe al caos tutta l’economia mondiale. 

La prudenza manifestata dalle autorità cinesi verso la convertibilità è da attribuire prevalentemente al timore che i circuiti finanziari internazionali, oggi ancora controllati dagli Stati Uniti, spingano la moneta e il sistema finanziario al di fuori del controllo nazionale, verso sviluppi che porrebbero il paese in grandi difficoltà.

Peraltro l’internazionalizzazione della moneta deve fare ancora molti passi avanti visto che il mercato finanziario cinese è ancora relativamente sottosviluppato e, come fanno rimarcare diversi esperti, esiste ancora oggi una grande differenza tra la Cina e gli Stati Uniti per quanto riguarda la disponibilità sui rispettivi mercati di attività finanziarie liquide e sicure, come le obbligazioni governative, anche se la situazione sta lentamente cambiando.

Nell’ambito del processo di integrazione nei mercati finanziari, comunque, sono state eliminate di recente molte delle precedenti restrizioni alle operazioni delle banche e di altri operatori finanziari stranieri. 

-Lo yuan digitale

Una via più importante verso la convertibilità della moneta è rappresentata dal varo dello yuan digitale, che potrebbe forse vedere la luce ufficialmente nel 2022. Bisogna ricordare come anche la banca centrale europea studi da tempo l’introduzione di una tale misura ed abbia annunciato nel mese di ottobre 2020 l’intensificazione degli studi sul tema. E’ stato messo in piedi a tal fine un gruppo di lavoro che comprende anche Giappone, Svizzera, Gran Bretagna, Svezia, Canada. Ad un certo punto si è inserito nel gruppo un rappresentante degli Stati Uniti, che ha imposto che vengano coinvolte nel progetto le multinazionali statunitensi, bloccando contemporaneamente anche la velleità della Bce e della altre banche centrali di sganciarsi dal dominio del dollaro e dal potere sanzionatorio statunitense (Haring, 2020).   

La Cina si è posta all’avanguardia rispetto ai paesi occidentali sin dai primi anni del nuovo millennio nel campo della digitalizzazione dei sistemi di pagamento. Oggi che è la più grande economia cashless del mondo, con una rete che ha gestito un volume di pagamenti digitali pari a 500 trilioni all’anno dal 2015 fino ad ora, contro i 100 di Europa e Stati Uniti (Chi Lo, 2021), quello della valuta digitale sembra uno sviluppo logico di tali premesse.

Lo studio del progetto ha avuto inizio in Cina nel 2014. Nel 2019 è stata creata ufficialmente in via sperimentale la valuta digitale. Parallelamente è stato frenata nel paese la diffusione di quelle private. La Cina sarà così presumibilmente la prima economia avanzata ad offrire una valuta virtuale. Del resto il paese è stato a suo tempo il primo ad introdurre la moneta cartacea, agli inizi dell’11° secolo della nostra era, così come sempre in tempi lontani c’erano nel paese un gran numero di monete private, basate nella sostanza nella fiducia che si aveva in chi le emetteva.

Il primo esperimento pilota per lo yuan digitale è stato varato nell’ottobre 2020 a Shenzhen ed è stato poi esteso in altre località. Nel marzo del 2021 sei grandi banche commerciali del paese hanno aperto la possibilità anche ai privati di aprire un conto con l’uso di portafogli digitali in yuan virtuali.  

Nelle prime settimane del 2021 la banca centrale cinese, insieme a quelle di Tailandia, UAE e Hong Kong hanno lanciato inoltre il Multiple Central Bank Digital Currency Bridge Project (CBDCBP), con l’evidente obiettivo di arrivare ad una graduale internazionalizzazione della nuova moneta (Chi Lo, 2021).

Nelle ultime settimane si è poi deciso che i residenti di Hong Kong possono fare acquisti con lo yuan virtuale in alcune aree contigue della Cina continentale.

Per altro verso, il paese sta portando avanti da qualche tempo accordi di scambio nelle valute nazionali con i paesi produttori di petrolio, da quelli del Medio Oriente alla Russia; si parla a questo proposito di petroyuan.

-Gli obiettivi dello yuan digitale

L’introduzione della moneta virtuale dovrebbe servire a promuovere l’internazionalizzazione dello yuan e ad aiutare a trasformare il sistema di pagamenti internazionali. La mossa potrebbe servire ad abbandonare il sistema dollaro-centrico e parallelamente assecondare lo sforzo cinese di sfidare la supremazia dello stesso. 

La Cina ha, tra l’altro, varato nel 2015 il suo Cross-Border Interbank Payments System (CIPS) che potrebbe diventare un’alternativa allo Swift (Chi Lo, 2021).

Parallelamente, la valuta virtuale dovrebbe servire a consolidare il crescente peso geopolitico del paese, costruendo, attraverso la AIDS – la banca per lo sviluppo asiatico di matrice cinese-, la banca dei BRIC e altre istituzioni finanziarie votate all’internazionale, nonché la Belt and Road Initiative e lo stesso RCEP – accordo commerciale tra un certo numero di paesi della regione-, una rete di Stati da collegare all’iniziativa. Presumibilmente lo yuan digitale dovrebbe attrarre presto una parte importante dei paesi di Asia, Africa, America Latina.  

Inoltre permetterà la raccolta in tempo reale di tutti i dati relativi ai flussi monetari della sua economia, un riferimento molto utile per la politica monetaria. Parallelamente esso riuscirà a mettere sotto controllo le attività illegali come il riciclaggio, le evasioni fiscali, i finanziamenti illegali. Esso fugherà inoltre la preoccupazione di Pechino verso la crescente influenza dei giganti digitali nazionali e dei loro servizi di pagamento, con Alipay-Alibaba e WeChat Pay-Tencent. Essa così contribuirà anche a difendere il monopolio statale nel battere moneta. Infine faciliterà l’accesso al sistema monetario anche a chi è sprovvisto di internet e non ha un conto bancario.

Conclusioni

Noi pensiamo con Aglietta e Valla che sarebbe molto opportuno arrivare ad un accordo per una valuta globale basata sui Diritti Speciali di Prelievo del FMI. Ma poiché pensiamo anche che gli Stati Uniti si rifiuteranno sino all’ultimo di rinunciare al dollaro – sono troppi i vantaggi economici e politici che il paese ne trae -, sarà molto probabile che avremo fra qualche anno almeno due monete di riserva, così come avremo due reti internet distinte. 

Certo, presumibilmente gli Stati Uniti non perderanno lo status di valuta globale presto, però,  mentre molti paesi stanno da tempo cercando delle alternative per ridurre il rischio USD, la sfida cinese sembra destinata a raggiungere i suoi obiettivi. E in ogni caso una modernizzazione delle regole relative ai movimenti della moneta e dei tassi di cambio potrebbe dare allo status del dollaro, un colpo molto forte (Rogoff, 2021).

Il fatto che la Cina sarà, e con parecchio anticipo sugli altri, il primo grande paese a utilizzare la moneta digitale, indica la sua capacità a porsi in molti campi alla testa dell’innovazione tecnologica.

Dal testo preso in esame appare chiaro come i bitcoin e le altre pseudo-valute digitali non siano presumibilmente destinate ad un brillante futuro, se non eventualmente come strumenti altamente speculativi nonché di copertura di attività illegali. Comunque, mentre in Cina esse non avranno diritto di cittadinanza, può darsi che riescano a mantenersi ed anche a svilupparsi in Occidente sotto la pressione degli interessi degli Stati Uniti. 

 

Testi citati nell’articolo

-Aglietta M., Valla N., Le futur de la monnaie, Odile Jacob, Parigi, 2021

-Buiter W. H., Why bitcoin and other cryptocurrencies of its kind are best relegated to a footnote in economic history, www.scmp.com, 30 marzo 2021

-Charrel M., Banques centrales : la course à l’innovation, Le Monde, 25 marzo 2021 

-Chi Lo, The digital yuan and its disruptive potential, www.asiatimesfinancial.com, 20 marzo 2021

-Haring N., All the good things a digital euro could do-and all the bad things it will, Real-world economic review, n. 94, 2020 

-Leung A., How China’s digital currency will thwart US dollar trap and help the world, www.scmp.com, 28 dicembre 2020

-Rogoff K., The US dollar hegemony is looking fragile, www.theguardian.com, 2 aprile 2021