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L’Europa che vogliamo: lettera aperta per le europee

In vista dell’appuntamento con le elezioni dell’8 e 9 giugno, l’Alleanza Clima Lavoro si rivolge alle forze politiche con una lettera aperta in sette punti chiave per accelerare, sostenere e governare il processo di una giusta transizione ambientale e sociale. Pubblichiamo qui il testo del documento.

Le prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno rappresentano un appuntamento fondamentale per il futuro del Green Deal, che mira alla neutralità climatica entro il 2050, e più in generale per il percorso della transizione ecologica del nostro continente.

Ci troviamo a fronteggiare una triplice crisi – climatica, economica e sociale – aggravata prima dall’emergenza pandemica e poi dalla guerra in Ucraina, che si trascina ormai da più di due anni. Negli ultimi mesi, alcuni Governi europei hanno fatto leva su questa convergenza per rallentare ulteriormente la marcia verso la transizione ecologica, condizionando le politiche del Green Deal (come nel caso del Regolamento SUR sull’uso dei prodotti fitosanitari) e posticipando la quanto mai urgente definizione di una strategia politica comune per l’abbandono di gas e petrolio. Tutto ciò avviene sotto la supervisione di alcune istituzioni europee e Governi caratterizzati da uno strisciante negazionismo climatico, che credono ancora in un’economia fondata sulle energie fossili e che spingono verso soluzioni inefficaci o addirittura insostenibili, come l’energia nucleare, i biocarburanti e gli impianti di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CSS).

A livello globale, gli ultimi 12 mesi (maggio 2023-aprile 2024) sono stati più caldi di qualsiasi altro periodo precedente, con un aumento di 0,73°C rispetto alla media 1991-2020 e di 1,61°C rispetto alla media preindustriale. L’Europa si trova in una condizione drammatica. Insieme alle ondate di calore, è stato registrato un numero di eventi climatici estremi senza precedenti, tra i quali incendi, periodi di siccità prolungata, nubifragi e inondazioni. Il Copernicus Climate Change Service (C3S) parla di 13,4 miliardi di euro di perdite dovute alla crisi climatica, con impatti pesantissimi sulla salute pubblica e le disuguaglianze economiche e sociali che vanno aggravandosi nel nostro continente. In linea con gli obiettivi prefissati nell’Accordo di Parigi, l’Europa dovrebbe ridurre le sue emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, ma l’implementazione di politiche “soft” e poco vincolanti adottate sino ad ora dalla maggioranza degli Stati membri, tra cui l’Italia, fa sì che tale traguardo risulti sempre più irraggiungibile.

Alla luce di quanto evidenziato l’Alleanza Clima Lavoro – un tavolo permanente di confronto, elaborazione, proposta e iniziativa comune tra organizzazioni sindacali e ambientaliste italiane – ritiene che l’Europa debba accelerare in modo deciso, anziché rallentare e posticipare, la transizione ecologica: una transizione che deve essere socialmente, oltre che ambientalmente, giusta e sostenibile. Per questo, l’Alleanza Clima Lavoro chiede alle forze politiche di sostenere questi 7 punti nella campagna elettorale e poi nel Parlamento Europeo, con i propri rappresentanti eletti.

1. Bisogna promuovere e accompagnare le politiche del Green Deal con ulteriori investimenti e politiche mirate. Chiediamo che le forze politiche che si candidano si impegnino a richiedere alla Commissione europea che tutti gli investimenti per il Green Deal, portati avanti dai Governi nazionali, non siano ricompresi nel calcolo delle spese per il Patto di Stabilità. In questo contesto riteniamo inadeguata la recente riforma della governance economica europea, che reintroduce politiche di austerità e di fatto penalizza gli investimenti pubblici per la transizione ecologica.

2. Nel 2022, gli Stati membri dell’Unione europea hanno speso complessivamente 123 miliardi di euro in sussidi pubblici ai combustibili fossili, tra incentivi diretti, agevolazioni fiscali, sostegni al reddito e fondi per la ricerca e lo sviluppo. Un mare di soldi a favore di un modello di produzione e consumo altamente inquinante e insostenibile, che contribuisce attivamente alla crisi climatica. Inoltre, solo il 47% dei combustibili fossili sussidiati ha un phase out previsto entro il 2025, l’1% ha una scadenza a medio termine (2025-2030), mentre per il restante 52% una deadline non è ancora stata fissata o è prevista soltanto dopo il 2030. Estendendo il calcolo oltre il settore energetico e includendo anche trasporti, agricoltura, edilizia, concessioni e canoni, Legambiente segnala che solo in Italia i Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) sono stati pari a 94,7 miliardi di euro nel 2022. A tal proposito, l’Alleanza Clima Lavoro ribadisce la necessità di promuovere a livello europeo una strategia ambiziosa e vincolante che preveda la progressiva eliminazione di tutti i SAD entro il 2030, proprio a partire dai sostegni pubblici alle fonti fossili, e la conversione di questi ultimi in Sussidi Ambientalmente Favorevoli (SAF).

3. Attualmente, il settore dei trasporti è responsabile del 29% delle emissioni di gas serra in Europa, ma nel 2030 tale percentuale potrebbe salire al 44%. Dal 1990 ad oggi le emissioni di questo comparto sono aumentate di oltre un quarto (26%) e i processi di decarbonizzazione procedono tre volte più lentamente rispetto al resto dell’economia. Automobili, camion e furgoni contribuiscono al 70% delle emissioni di gas serra causate dall’intero settore dei trasporti, ed è evidente che le politiche comunitarie oggi in vigore sono insufficienti e incompatibili con gli obbiettivi climatici di net zero emissions al 2050. Per questo, l’Alleanza Clima Lavoro sottolinea la necessità di chiari traguardi temporali e impegni per una giusta transizione alla mobilità sostenibile e all’elettrificazione dei trasporti pubblici e privati. È cruciale introdurre nella prossima legislatura obiettivi vincolanti per l’elettrificazione delle flotte di veicoli aziendali entro il 2030, il phase out dei motori endotermici entro il 2035, e per il potenziamento delle reti di elettrificazione e di ricarica dei veicoli. Sono necessarie inoltre robuste misure che contrastino e intervengano sulla mobility poverty attraverso formule di leasing sociale e investimenti nel Trasporto Pubblico Locale (TPL), che rappresenta senza dubbio uno strumento e un vettore fondamentale e strategico nell’ottica di una giusta transizione ecologica.

4. Non è mettendo la testa sotto la sabbia rispetto alla sfida del cambiamento climatico che si difende l’occupazione, quando 1 miliardo e 200 milioni di posti di lavoro a livello globale dipendono dalla salute degli ecosistemi. La transizione ecologica può e deve trasformarsi in una grande occasione per l’occupazione. Nell’immediato futuro alcuni posti di lavoro spariranno, altri si trasformeranno, altri ancora se ne creeranno e se ne potranno creare. Tuttavia, se non adeguatamente governata e accompagnata da misure e strumenti adeguati, la transizione non sarà in grado di tutelare automaticamente la condizione occupazionale e salariale dei lavoratori e delle lavoratrici. Per questo sono necessari ingenti investimenti pubblici per il sostegno alla formazione, alla ricerca e all’innovazione, orientati prioritariamente al reskilling e al miglioramento delle competenze dei lavoratori e delle lavoratrici nei comparti produttivi maggiormente coinvolti. Affinché la transizione del nostro modello economico sia socialmente giusta, la prossima legislatura europea deve sviluppare e attuare un piano che permetta la convergenza tra transizione ecologica e occupazione: un piano che metta gli occupati di oggi e di domani nelle condizioni di contribuire attivamente alla transizione stessa, svolgendo attività sostenibili sotto il profilo sociale e ambientale. Solo così l’Unione europea potrà contribuire in modo sostanziale al conseguimento del triplice obiettivo della decarbonizzazione, della creazione di posti di lavoro e della riduzione delle disuguaglianze.

5. Non solo dobbiamo accelerare per conseguire gli sfidanti obiettivi di decarbonizzazione stabiliti dall’Accordo di Parigi e recepiti a livello comunitario con il Green Deal e le successive normative, ma dobbiamo colmare una grave lacuna: la mancanza in Europa di un governo della transizione che affronti la sua complessità sistemica con l’idea che essa debba essere una leva anche per il lavoro e per i diritti, affiancando lotta al cambiamento climatico e lotta alle disuguaglianze. Un governo capace di agire sulla base di missioni, piani e programmi integrati e di cogliere in una chiave di condizionalità sociale l’intreccio tra le opportunità e i problemi ambientali, economici, occupazionali, sanitari che si pongono sul cammino della transizione. Sono pertanto indispensabili, a livello europeo, sostegni e incentivi per il lavoro stabile, con diritti e tutele, così come interventi che favoriscano e accompagnino la riconversione ecologica delle imprese e delle attività produttive. Al contempo, occorre avviare in sede UE un processo che porti a una fiscalità e a una politica industriale comuni, volte a finanziare e promuovere in modo strutturale un modello di sviluppo sostenibile sotto il profilo sociale, produttivo e ambientale.

6. Nell’ultimo periodo in Europa si è tornati a parlare di agricoltura, anche e soprattutto alla luce delle numerose proteste che per mesi hanno coinvolto gli Stati membri. Denominatore comune dei diversi attori in campo è senza dubbio la scarsa reddittività degli agricoltori, che ormai da tempo faticano a sopravvivere in un settore dominato da politiche e dinamiche neoliberali che puntano alla massimizzazione del profitto e marciano sull’esternalizzazione dei costi sociali e ambientali. Un settore in cui produrre cibo è economicamente insostenibile, specialmente per i medio-piccoli, messi al muro dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO), e per chi non sposa, ma anzi spesso si oppone, al modello industriale delle monocolture, dell’intensivo, del cibo prodotto ad ogni costo. In questo senso, l’Alleanza Clima Lavoro ribadisce la necessità di una svolta chiara, immediata e sistemica verso l’agroecologia, verso un’agricoltura sostenibile e di qualità, strettamente legata a una produzione di cibo che valorizzi le produzioni locali, il legame con il territorio, la tutela degli ecosistemi, la centralità delle persone e del benessere animale.

7. Le numerose criticità che affliggono il sistema agricolo europeo richiedono misure strutturali e immediate, a partire da una revisione dei criteri di erogazione dei fondi della Politica Agricola Comunitaria (PAC), lo strumento principe del settore agroalimentare europeo finanziato con quasi 400 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, ovvero il 31% del complessivo bilancio comunitario. Bisogna rivedere in chiave ecologica, giusta e collettiva le dinamiche di governo e di potere che regolano la produzione alimentare, a partire da una drastica riconfigurazione del ruolo ricoperto dalla GDO e dalle lobbies dell’agribusiness nel determinare i prezzi e nel formulare politiche agricole finalizzate al mantenimento dello status quo. In tal senso, occorre cambiare i processi decisionali che portano alla stesura della PAC, rendendo obbligatoria la partecipazione della società civile, delle organizzazioni di categoria e dei sindacati. Si tratta di passare da un sistema di sussidi che favorisce il consumo di fonti fossili, l’uso pressoché deregolamentato di fitofarmaci e modelli di produzione intensivi, ad uno che valorizzi e promuova un sistema agroalimentare sostenibile ed equo, e che vada nella direzione della transizione ecologica e del Green Deal, anche attraverso l’effettiva applicazione delle strategie europee Farm to Fork e Biodiversity 2030.

Come Alleanza Clima Lavoro, chiediamo a tutte le forze politiche di impegnarsi su questi 7 punti, che per noi sono determinanti per assicurare un futuro all’Europa, affinché ambiente e lavoro non siano contrapposti, ma insieme vadano nella direzione di un modello di sviluppo sostenibile, giusto, fondato sui diritti. La transizione ecologica non solo è necessaria e urgente per contrastare il cambiamento climatico e salvaguardare gli ecosistemi, ma può essere una straordinaria opportunità per il lavoro, le imprese, la qualità della vita dei cittadini e delle cittadine.

È una sfida cruciale per salvare il nostro pianeta e il futuro delle nuove generazioni. È questa la strada per costruire l’Europa che vogliamo.