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Le spese militari non conoscono crisi

Oltre 2.200 miliardi di dollari. A tanto ammontano, secondo i dati dell’ultimo Rapporto Sipri, le spese militari nel mondo nel 2022. Invece di proseguire sulla strada della guerra e del riarmo, bisogna affrontare le sfide di un’umanità sofferente e di un pianeta vicino al collasso.

I dati dell’ultimo Rapporto Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) resi noti lo scorso 24 aprile – e presentati in quell’occasione in un webinar dalla Rete Pace e Disarmo e dalla campagna Sbilanciamoci! – evidenziano un’ulteriore crescita delle spese militari nel mondo. La spesa globale è arrivata nel 2022 alla stratosferica cifra di 2.240 miliardi di dollari, con un aumento di 127 miliardi rispetto al 2021.

Il 39% della spesa militare mondiale appartiene agli Stati Uniti, il 55% ai paesi membri della NATO. L’82% della spesa militare mondiale è concentrata in 15 paesi. Oltre agli Stati Uniti (con il 39%), abbiamo la Cina che si trova al secondo posto della classifica mondiale (con il 13% della spesa militare), la Russia (3,9%), l’India (3,6%, con un aumento del 6% rispetto al 2021), l’Arabia Saudita (3,3%), l’Ucraina (2%). La spesa militare italiana (1,5% della spesa mondiale) è stata in costante aumento negli ultimi anni.

Dalla fine della guerra fredda (1989) ad oggi la spesa militare mondiale è aumentata di oltre 600 miliardi di dollari: quasi il 40% in più in termini di crescita reale. La spesa militare cresce nei paesi illiberali e dittatoriali, ma parimenti – se non di più – nei paesi democratici.

Per rendersi conto delle scelte scellerate dei governi, con 25 miliardi di dollari si potrebbero affrontare e risolvere le emergenze umanitarie più gravi del pianeta, con 100 miliardi si potrebbe aggredire efficacemente la crisi climatica globale e con 200 miliardi di dollari si potrebbero raggiungere tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite.

Le guerre sono certo un’emergenza nel pianeta, ma invece di affrontarle con gli strumenti dell’interventismo militare, bisognerebbe investire nella prevenzione dei conflitti, nello sradicamento delle condizioni di povertà e di degrado economico che sono la spesso la causa delle guerre, nel ruolo delle istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, prive di risorse, di strumenti, di autorevolezza.

Invece di proseguire sulla strada della guerra (che interessa in varie forme quasi 60 aree del mondo) e del riarmo, bisognerebbe affrontare le sfide reali di una umanità sofferente e di un pianeta sempre più vicino al collasso. La crescita della spesa per armamenti è la condizione per nuove guerre e conflitti ed è frutto degli interessi del business dei produttori di armi e della logica di potenza di molti paesi, che con le armi impongono logiche di dominio e di perseguimento dei propri interessi nazionali.

Non possiamo più permettercelo. L’unica strada da percorrere è quella della pace e della cooperazione internazionale, quella del disarmo e della riduzione delle spese militari, come Sbilanciamoci! continuerà – come ha fatto in questi anni – a proporre anche nella prossima Controfinanziaria.