I dieci giorni di Atene/Dopo le elezioni, diventano fondamentali i rapporti di Atene con Russia e Cina, paesi che hanno una grande importanza strategica nell’immediato futuro
Dopo le elezioni greche, l’attenzione di tutti è assorbita dal possibile sviluppo dei rapporti del paese ellenico con l’eurozona. Molta minore attenzione viene data ai rapporti con la Cina e la Russia, rapporti che, mentre vengono in qualche modo scossi dai risultati delle elezioni, appaiono comunque molto importanti per le sorti future del paese.
Una delle prime decisioni prese dal nuovo governo è stata quella di bloccare i processi di privatizzazione imposti a suo tempo dalla troika, ciò che potrebbe colpire in particolare le strategie cinesi.
Questi ultimi si sono subito allarmati, ma sono poi stati in qualche modo rassicurati dal governo sulla volontà di continuare la collaborazione.
Gli interessi cinesi in Grecia stanno diventando molto rilevanti e vanno inquadrati anche in un impegno crescente verso il Sud Europa; la strategia del paese asiatico si indirizza, tra l’altro, sempre più verso lo sviluppo degli investimenti esteri, più ed oltre che di quella dei commerci.
L’opinione pubblica internazionale è in qualche modo informata della vicenda del porto del Pireo, ma le questioni in ballo sono molto più rilevanti.
Va ricordato che nel 2009 la Cosco ha ottenuto in concessione per 35 anni la gestione di due terminali container del porto. I cinesi sottolineano che dal momento in cui essi hanno avviato le attività ad oggi il volume dei traffici si è incrementato di otto volte, mentre circa i due terzi delle attività del Pireo passano ormai da tali terminali; sarebbero previsti importanti ulteriori sviluppi con investimenti per circa 1,5 miliardi di euro. Intanto è stato aperto un collegamento ferroviario del porto con i Balcani e l’Europa Centrale, che asseconda la rilevante penetrazione in atto delle attività cinesi in tali aree.
Era prevista la privatizzazione del porto ed i cinesi erano dati come favoriti nella gara, ma ora essa è bloccata.
Un consorzio formato da un fondo di investimenti di Hong Kong e da un gruppo cinese era inoltre interessato all’acquisto dell’aeroporto di Atene. Intanto la Fosun partecipa, insieme a partner greci e dei paesi del Golfo, ad un progetto di 6 miliardi di euro per sviluppare il fronte marittimo del vecchio aeroporto di Atene.
Ma gli interventi programmati nei vari settori erano ancora molti altri.
Va anche ricordato che nel giugno del 2014, durante una visita del premier cinese, Li Kequiang, sono stati firmati accordi per investimenti cinesi per circa 4,8 miliardi di dollari nelle infrastrutture, nei trasporti e nel settore dell’energia.
Come ci informa la stampa internazionale, circa il 60% delle merci strategiche del paese asiatico (petrolio, carbone, minerale di ferro) trasportate via mare viaggia sotto bandiera greca, mentre circa 200 navi di armatori dello stesso paese sono in costruzione nei cantieri cinesi; così la Grecia è il principale cliente di tali cantieri.
La Cina è poi oggi il quarto paese come importazioni, mentre il commercio bilaterale era di circa 4 miliardi di dollari nel 2013, peraltro in rilevante crescita. Negli scorsi anni, la Cina ha indicato la sua fiducia nel paese comprando qualche miliardo di euro di titoli pubblici dello stesso.
Ricordiamo infine che nel 2014 il paese ha ospitato 40.000 turisti cinesi e che esistono potenzialità per un forte incremento della cifra.
I rapporti con la Russia
Dopo le elezioni abbiamo registrato le dichiarazioni di parte greca sostanzialmente ostili alle sanzioni della UE contro la Russia, anche se per il momento tali dichiarazioni non hanno dato luogo ad atti troppo conseguenti; intanto tale paese ha subito offerto aiuti sul piano finanziario.
Il processo di blocco delle privatizzazioni tocca anche i russi. Essi sono interessati al settore dell’energia, ma nel 2014 hanno dovuto rinunciare all’acquisto della compagnia di stato Depa, su pressioni probabilmente degli Usa; essi stavano anche concorrendo alla privatizzazione della società pubblica ferroviaria Trainose. Per quanto riguarda il gas, nel febbraio 2014 i russi, nel corso delle discussioni, hanno concesso uno sconto del 15% del prezzo di acquisto.
E’ noto che, anche a seguito della questione ucraina, la Russia ha dovuto rinunciare alla costruzione del gasdotto South Stream; ma si sta ora sviluppando un percorso alternativo in accordo con la Turchia. Il nuovo progetto prevede la creazione di un grande centro logistico e di smistamento sul territorio greco.
Capitali russi sono fortemente presenti nel settore alberghiero e immobiliare. Si può dire che l’economia del nord del paese si regge in buona parte grazie alla presenza russa e balcanica; il numero dei turisti russi nel paese supera ogni anno il milione di unità.
La Russia è il primo esportatore in Grecia, che acquista prevalentemente prodotti energetici.
Non esiste forse un paese con cui i russi abbiano un rapporto migliore; tale intesa nasce da una comune fede ortodossa, ma si è sviluppata nel tempo in profondità in varie direzioni, al di là dei differenti regimi politici prevalenti nel tempo nei due paesi.
L’economia greca, insomma, oltre ai tradizionali settori agricolo, navale e turistico e in mancanza di una adeguata base industriale, potrebbe trovare una via importante di crescita posizionando il paese come centro per i traffici marittimi ed aerei tra l’Asia e il nostro continente, come punto di raccordo di quelli ferroviari verso il Centro Europa e infine come snodo di transito delle risorse energetiche russe. Lo sviluppo di tali piste potrebbe anche creare delle sintonie importanti con le attività più tradizionali.
I rapporti economici tra Grecia da una parte e Cina e Russia dall’altra apparivano, prima dell’avvento del nuovo governo, in forte sviluppo ed essi potrebbero fornire al paese un rilevante ancoraggio per la sua economia. Naturalmente spetterà al nuovo governo trovare le vie per assicurare nello stesso tempo una adeguata salvaguardia degli interessi nazionali.
I due paesi potrebbero poi rappresentare un punto di ancoraggio importante nel caso di un’ipotetica uscita del paese dall’euro.