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La strada da percorrere e quella sbagliata

La strada giusta, come vuole Duccio Valori- è quella di “un’economia al servizio della società”. La strada da percorrere.La strada sbagliata è quella degli anni delle privatizzazioni, del dominio del mercato, della svalorizzazione del lavoro, della riduzione del ruolo dello Stato.

“La strada sbagliata” è il titolo della raccolta di scritti di Duccio Valori (1941-2017), da poco uscita per tabedizioni. Duccio Valori ha lavorato per anni nel settore dell’industria pubblica e delle partecipazioni statali, facendo anche il condirettore centrale dell’IRI ai tempi della presidenza Prodi.

Gli scritti sono stati selezionati da Giovanna Gentile Valori e da Ludovica Valori (bravissima musicista e illustratrice, autrice – tra l’altro – dei loghi di Sbilanciamoci e Lunaria). Si tratta di articoli (pubblicati tra il 2005 il 2017) e usciti sul manifesto, l’Unità, l’Altreconomia che hanno un filo rosso: la critica delle politiche liberiste degli ultimi 30 anni e la difesa dell’intervento pubblico dell’economia e della politica industriale.

La strada sbagliata è quella degli anni delle privatizzazioni, del dominio del mercato, della svalorizzazione del lavoro, della riduzione del ruolo dello Stato. Con assoluta padronanza dei problemi, con eleganza e ironia, Duccio Valori smonta pezzo per pezzo la vulgata del pensiero neoliberista e ricostruisce i meriti profondi del periodo delle partecipazioni statali nel secondo dopoguerra e più in generale del ruolo dell’intervento pubblico in economia.

Nel 2008 Duccio Valori partecipò alla “controcernobbio” di Sbilanciamoci a Marghera -una delle città chiave, tutt’ora, del settore cantieristico- parlando di industria pubblica e di sistema produttivo, prendendo in giro, con raffinatezza e sarcasmo, quella nuova e allora incipiente nuova fauna imprenditrice che nel corso dell’adolescenza passa da  Harry Potter a Dan Brown per approdare ad una economia new age fatta di scambi di “simboli” e di fantasticherie dannunziane del consumo più o meno vistoso -per usare l’espressione di Veblen: un’economia che poggia sulle sabbie mobili che distrugge i fondamenti reali di un’economia sana.

Proprio alla cantieristica e alla vicenda di Fincantieri – alle sue spericolate acquisizioni e iniziative sul mercato finanziario – Valori dedica alcuni importanti articoli che prevedono l’involuzione successiva di quel settore e tracciano gli errori di gestione e di strategia. Lo stesso Duccio Valori fa per il settore siderurgico e per altri ambiti chiave del sistema industriale del paese. E non manca di ripetere come sia profondamente sbagliato giudicare l’industria pubblica con il metro dell’industria privata. La prima, a differenza della seconda, tiene conto (o dovrebbe farlo) non solo dei vincoli del profitto, ma anche di quelli sociali (produzione di occupazione e delle conseguenti entrate fiscali, di benessere sociale, di sostegno indiretto all’industria privata) di cui il mercato si disinteressa, avendo come unico scopo il profitto. L’eventuale situazione di perdita economica dell’industria pubblica può essere adeguatamente bilanciata dai vantaggi sociali ed economici per lo Stato, determinati dall’occupazione e dal sostegno all’industria privata: pensiamo allo storico ruolo dello Stato in alcuni comparti decisivi, la siderurgia, l’energia elettrica, i trasporti. Ricorda Valori:  “L’obiettivo dell’impresa privata è ovviamente il profitto… Per l’impresa pubblica gli obiettivi sono (o dovrebbero essere) diversi: la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo delle aree depresse, la lotta ai monopoli, il progresso tecnologico, ecc”.

Questi articoli – in anticipo con la (timida) attuale riscoperta dell’intervento pubblico  a causa del Covid-  ribadiscono con forza le ragioni del pubblico, il suo ruolo fondamentale per la crescita, il progresso, il benessere sociale. Dopo 40 anni di neoliberismo in cui molti hanno seguito l’invito di Reagan ad affamare la bestia (cioè lo Stato: starving the beast, il motto reaganiano) è quanto mai attuale l’invito di Duccio Valori a riprendere a nutrire quello che ormai è ridiventato solo un cucciolo del settore pubblico: è necessario farlo crescere e irrobustire e fargli fare la guardia di fronte alla famelica rapacità dei lupi pericolosi di un mercato fuori controllo. Non è  lo Stato ad essere una funzione del mercato, ma il mercato ad essere una funzione sociale. Di fronte ad un liberismo che vuole la “libera volpe in libero pollaio”, è necessario ricordare che questa è una strada sbagliata che porta solo alla barbarie e alla guerra di tutti contro tutti – o meglio dei forti contro i deboli  – di una lotta di classe all’incontrario, per citare Gallino, condotta dai ricchi contro i poveri. La strada giusta, come vuole Duccio Valori- è quella di “un’economia al servizio della società”. La strada da percorrere.

DUCCIO VALORI

La strada sbagliata

Riflessioni per un’economia al servizio della società

tabedizioni 2021, pp. 150 euro 13