È fortunatamente naufragato l’annuncio di istituire una guardia civica di cassintegrati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, volontari per i controlli della movida. Ma resta il suo messaggio irricevibile e sbagliato: non servono 60mila guardie civiche, ma 60mila operatori socio-sanitari e assistenti sociali per le tantissime persone non autosufficienti.
L’annuncio di istituire una sorta di guardia civica di 60mila cassintegrati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza e volontari vari da dedicare ai controlli della movida facendo i surrogati dei vigili urbani nelle città per far rispettare il distanziamento sociale, sembra fortunatamente naufragato. Si trattava di una scelta completamente sbagliata, oltre che irrealizzabile e ingestibile: una proposta irrispettosa verso il mondo del volontariato che in questi due mesi non è mai stato fermo, aiutando i poveri nelle periferie e i senza fissa dimora.
Il messaggio sociale e culturale è indigeribile: voi che ricevete la cassa integrazione, l’indennità di disoccupazione, il reddito di cittadinanza siate riconoscenti allo Stato, non state con le mani in mano, datevi da fare e aiutateci a fare il controllo sociale e a garantire l’ordine pubblico delle città. Il “volontariato di Stato”, poi, è inaccettabile e va rispedito al mittente. Non è un volontariato per portare i pacchi alimentari a casa dei poveri, per soccorrere i senza fissa dimora sotto i portici, per accompagnare l’anziano a fare la visita medica in clinica. No: è il volontariato questurino dei vigilantes davanti ai locali notturni. Inaccettabile.
La proposta, poi, concretamente non sarebbe stata in piedi: come dovevano essere organizzati, chi li doveva “gestire”, quali erano le mansioni? Era tutto per aria: avrebbero dato il compito di coordinare alla Protezione civile, ma insieme ai Comuni, non si sa come. Comuni che, con l’esperienza del servizio civile, spesso hanno dimostrato le difficoltà a gestire le attività ordinarie e programmate dei ragazzi e delle ragazze in servizio civile, molto più normate ed organizzate.
Invece di queste proposte sbagliate, servono infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali: qualcosa l’ultimo Decreto Rilancio fa, ma ancora troppo poco. Invece di 60mila guardie civiche, assumiamo 60mila operatori socio-sanitari e assistenti sociali per le tantissime persone non autosufficienti che devono ricorrere al mercato per avere qualche aiuto.
In Italia abbiamo oltre 335mila organizzazioni non profit e 5,5 milioni di volontari. Perché invece di lanciare questo assurdo e sconclusionato bando, il governo non ha lanciato un piano speciale di sostegno a queste organizzazioni (troppo poco c’è nell’ultimo decreto per il terzo settore ed il servizio civile), come la Caritas o l’Arci, siglando specifici accordi e protocolli d’intesa per lo svolgimento di determinate funzioni in ambito sociale, sanitario, culturale, eccetera?
L’articolo 118 della Costituzione recita: Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Il reclutamento di una “guardia civica” è una cosa ben diversa.
Abbiamo subito chiesto che a questo annuncio non fosse dato seguito. Speriamo che la proposta sia archiviata per sempre. La strada è un’altra: è quella che abbiamo indicato nel nostro documento In salute, giusta, sostenibile. L’Italia che vogliamo. Per il welfare e per le nostre città serve un piano pubblico di investimenti, di assunzioni, di politiche capaci di sconfiggere la povertà e l’emarginazione, contribuendo a ricostruire le condizioni della convivenza civile e sociale.