Un ricordo di Gianni Rufini, direttore di Amnesty International recentemente scomparso. Una vita spesa, con passione e competenza, a favore dei diritti umani, della cooperazione internazionale, della pace.
È morto mercoledì notte Gianni Rufini, direttore di Amnesty International. Aveva coordinato VOICE, la rete europea delle organizzazioni umanitarie e aveva lavorato in diverse organizzazioni umanitarie, tra cui per breve tempo l’ICS (Consorzio italiano di solidarietà), di cui ero in quel momento presidente. Ho incontrato molte volte Gianni, l’ho frequentato, e spesso è venuto a trovarci e a fare riunioni nelle sedi di Lunaria e di Sbilanciamoci.
Una ventina d’anni fa organizzammo insieme, a Lucca, un incontro su “dove va l’aiuto umanitario” e grazie a Gianni parteciparono a quell’incontro Toni Vaux (dirigente di Oxfam, autore de L’altruista egoista) e David Rieff (scrittore, figlio di Susan Sontag, e autore de Un giaciglio per una notte): fu una giornata importante di riflessione aperta e vivace. Gianni era attento e aperto al dibattito sulle contraddizioni dell’aiuto umanitario: invece di chiudersi era pronto a confrontarsi, a dialogare, anche da posizioni diverse.
Gianni era una persona estremamente mite, sempre gentile, capace di ascoltare, con un sorriso a volte disarmante e ironico, velato da un accenno di timidezza. Era preparato e competente su tutto quello che riguardava l’aiuto umanitario, aveva uno stile di lavoro “anglosassone” largamente stemperato dal calore mediterraneo, era attento e sostenitore della causa pacifista, del disarmo, della riduzione delle spese militari. Si accalorava, ma non perdeva le staffe. Negli ultimi anni si era dedicato ad Amnesty International, diventandone il direttore, e – naturalmente – il tema dei diritti umani era diventato il centro prioritario della sua attenzione e del suo lavoro. Non per questo rinunciava a interessarsi e occuparsi delle vicende dell’aiuto umanitario.
Come molti della sua generazione – i migliori – l’impegno umanitario, la cooperazione internazionale, i diritti umani e la pace si sono fusi in un’unica traiettoria di vita, perché doveva essere naturalmente così; gli specialismi si confondevano in una unica ragione generale, politica e culturale. Gianni era quello che Gramsci avrebbe potuto definire un intellettuale organico dell’aiuto umanitario: specialista+politico. La sua saggezza e la sua intelligenza ci mancheranno.