Ancien régime/Chi tesse davvero i fili della politica ai tempi della globalizzazione? Chi è oggi il «quarto partito» di cui parlava Alcide de Gasperi? Tra borghesia interna e transnazionali, burocrazie di Bruxelles e multinazionali, una mappa di chi comanda oggi in Italia e in Europa. Al di sopra dei cittadini
I poteri forti sono, secondo alcuni, quelli che superano le leggi finora valide a favore di altre ancora più forti e assolutamente obbligatorie anche se non sempre conosciute. Spesso si tratta di un potere esterno fortissimo che viene riconosciuto e accettato o sopportato per causa maggiore; sovrapposto alla normale dinamica degli affari e degli affetti per evitare maggiori sofferenze, maggiori guai. In economia e in politica c’è il caso proverbiale del «quarto partito» richiamato da Alcide De Gasperi sul finire degli anni quaranta del secolo scorso, come molto più forte degli altri tre: socialisti, comunisti, democristiani. Ma correva allora la piccola Italia della Ricostruzione e della Guerra Fredda. In un mondo ben più vasto e terribile di quello meschino di economia e politica, di democrazia e guerra, vale sempre il famoso comando di Virgilio al traghettatore che protestava: «Caron non ti crucciare: / vuolsi così cola dove si puote / ciò che si vuole, e più non dimandare». È il canto III dell’Inferno dantesco: già allora la nostra cultura sapeva dell’esistenza di poteri superiori e inconoscibili, e aspettava tempi migliori.
Oggi i poteri forti, economici e culturali, poteri di classe, sono travestiti da Europa. La povera Europa è descritta attentamente nei testi che pubblichiamo in questo speciale: c’è una burocrazia bruxellese senza sentimenti, una finanza crudele, un apparato industriale che, multinazionale e remoto come è, forse risponde a regole ancor più sconosciute. Sono gli articoli di Azzolini, Baranes, Pullano a consentire un rapido sguardo. Poi si parla di poteri più lontani (Diletti), o anche più interni (Martiny), ma pur sempre inarrivabili. Tutti insieme essi descrivono leggi, disposizioni, regolamenti, procedure, abitudini che limitano le nostre scelte nazionali – da dentro oltre che da fuori – ma applicano poteri che valgono anche per noi, a scanso di guai peggiori.
O almeno così crediamo, visto che una minoranza sempre più consistente di nostri connazionali è molto insoddisfatta della situazione attuale e del futuro prossimo venturo che si delinea. Così non teme il cambiamento e sarebbe pronta a rischiare tutto. Decisa, insomma, a scambiare un po’ del tranquillo benessere di oggi con una pericolosa e malsicura democrazia, che è l’aspirazione di domani. Il mondo dei poteri forti e sconosciuti da una parte, quello del futuro indecifrabile e molto incerto dall’altra. I poteri sconosciuti cui inchinarsi di qua; e di là altri poteri, difficili da decifrare ma portatori di una magnifica futura democrazia. O rassegnarsi ai poteri forti e sconosciuti o affidarsi agli incerti profitti di un futuro attraente, democratico, ma imprecisato. Tertium non datur.
Ma siamo sicuri che sia così? Se ci dessimo tutti da fare per sostenere e difendere i poteri deboli? Difficile immaginare eresia più invereconda. Gli autori di solito scrivono di poteri deboli per irriderli, per farne un rimprovero alla comunità imbelle che non riesce a esprimere i poteri forti che essi ritengono necessari e che in realtà bramano. I poteri deboli sono invece la capacità di resistere alle oppressioni dei poteri forti, di decidere per sé e per i figli di pochi anni, di andare e di venire. Di imparare e divertirsi, di scegliere e di lavorare, di non essere infastiditi dagli altri, con l’impegno, d’altro canto di non infastidire alcuno.
L’Europa allora sarebbe un paese magnifico, un Erasmus generalizzato, accogliente, nel quale ciascuno può «coltivare il proprio giardino», come suggeriva di fare, con un bel po’ di ottimismo, il nostro amato tedesco di Westfalia, francese, concittadino europeo, Candide.