Le lobby sono all’attacco a Bruxelles, il loro tentativo di greenwashing dei progetti di decarbonizzazione va dal nucleare al gas. Tentano di aggirare le commissioni di monitoraggio, rianimano Euratom e Ceea. La reazione in Germania e all’Europarlamento rafforza i verdi tedeschi di Annalena Baerbock.
Il 21 aprile 2021 la Commissione Europea si è espressa adottando un atto delegato, un’implementazione del EU taxonomy for sustainable activities, entrato in vigore già nel luglio del 2020. Un giorno prima, Sven Giegold, europarlamentare dei Verdi, ha inviato alla Commissione una lettera, firmata da centinaia di personalità, ognuna con un ruolo nella finanza sostenibile. Nel testo, si ripete la necessità di un sistema di classificazione, una tassonomia di scelte green, che aiuti le aziende e gli investitori a rimanere fedeli agli obiettivi del green new deal europeo e all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Eppure, scrive Sven Giegold, «preoccupa che alcuni Stati membri dell’Unione Europea stiano spingendo la Commissione a ridiscutere alcune delle priorità del testo».
Tra queste, la possibilità di inserire il gas tra gli investimenti verdi, una direzione totalmente contraria al parere del gruppo di tecnici (Technical Expert Group on Sustainable Finance, o TEG) nominato dalla Commissione a sostegno del Taxonomy Act. Il piano europeo per il clima prevede la neutralità climatica del continente entro il 2050. La tassonomia per la finanza sostenibile giudica gli investimenti sulla base di sei macro-obiettivi: mitigazione del cambiamento climatico, adattamento al cambiamento climatico, economia circolare, inquinamento, effetto sulle acque e salvaguardia della biodiversità. Si legge sul sito della Commissione Europea: «L’atto delegato sulla tassonomia UE è un documento in divenire, che continuerà a evolvere nel tempo alla luce degli sviluppi e del progresso tecnologico. I criteri saranno riesaminati periodicamente, in modo da potervi aggiungere via via nuovi settori e attività, comprese attività di transizione e altre attività abilitanti». Per questo, ridiscutere le regole di ingaggio di una fonte fossile come il gas, in nome della “stabilità della rete”, per molti rappresenta l’ennesimo tentativo di greenwashing. In un altro caso, la Commissione Europea ha proposto di inserire il nucleare tra le fonti di energia pulita necessarie alla transizione energetica. Di nuovo, lo ha fatto in disaccordo con il gruppo di esperti del TEG da lei stessa incaricati, preferendo ascoltare il parere del Joint Research Centre, fondato nel 1950 nell’ambito della nascita dell’Euratom, la Comunità europea dell’energia atomica (CEEA) istituita con i trattati di Roma del 1957. La durata della CEEA è illimitata, a differenza di quella della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), scaduta nel luglio del 2002. Come denuncia Greenpeace in una nota, la Francia ha in progetto di prolungare di dieci anni l’operatività di trentadue reattori nucleari e allerta sul silenzio delle autorità francesi di fronte alla richiesta di una consultazione transfrontaliera pubblica. Gli interessi particolari dei singoli stati sembrano avere la meglio, mettendo in pericolo il lessico comune definito dalla nuova tassonomia. «Tutto questo», continua Giegold «mina terribilmente la credibilità della Commissione, che si mostra dipendente da scelte politiche e da interessi lobbistici». Per ora, le scelte sul gas e sul nucleare sono state rimandate. O almeno è così all’interno delle istituzioni, perché in Europa il dibattito a riguardo è più caldo e più politico che mai.
Proprio dal Paese di Giegold, la Germania, arriva un’onda verde destinata a durare. I Verdi (Die Grünen) saranno l’ago della bilancia nel Bundestag, il parlamento tedesco, alle prime elezioni federali del post-Merkel, che si terranno il prossimo 26 settembre. Mentre l’Unione cristiano-democratica del CDU/CSU perde votanti, i Verdi guadagnano terreno. Gli ultimi sondaggi danno il primo partito tra il 24 e il 28 per cento, mentre i secondi sono a pochi punti di distanza. Insieme agli altri due partiti di centro-sinistra, la SPD e Die Linke, Die Grünen avrebbe la maggioranza dei seggi, anche se risicata. Una coalizione del genere già esiste, e governa Berlino, dove è stato recentemente approvato un blocco degli affitti della durata di cinque anni. Anche se il crescente sostegno a politiche economiche più sostenibili ha determinato uno slittamento verso le posizioni dei Verdi, gli stessi dichiarano di poter governare anche con il centro-destra a livello nazionale. Quest’ultima settimana è stata decisiva per la politica tedesca, dove tutti i partiti sono stati chiamati a indicare i rispettivi rappresentanti in vista delle elezioni. Nel CDU/CSU c’è stata la conferma di Armin Laschet, mentre in Die Grünen è stata individuata Annalena
come volto guida della competizione elettorale. In Germania, lo scenario politico è cambiato molto negli ultimi anni: Angela Merkel ha avvicinato il suo partito alle posizioni dei Verdi e della SPD, attuando scelte economiche tutt’altro che liberali. Il mercato energetico tedesco non è più un mercato libero, ha invece assunto sempre più l’aspetto di un’economia pianificata. Tutte le centrali nucleari e a carbone verranno chiuse nei prossimi anni e l’industria automobilistica tedesca dipende ormai dal governo per sapere quali auto produrre. Di fronte a tali prospettive, la Germania è pronta a una rivoluzione completamente green. Resta da sapere se lo sarà anche l’Europa.