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Inflazione come redistribuzione di reddito

Il peso dell’inflazione non è uguale per tutti. L’impatto è concentrato sugli strati sociali più deboli e con redditi fissi. Ogni volta che aumenta l’inflazione, se non è governata, aumenta la polarizzazione del reddito. Quindi non possiamo contrastare l’inflazione senza curarci della distribuzione del reddito.

Preambolo

Sebbene sia noto a tutti che l’impatto della crescita dei prezzi sia inversamente proporzionale al reddito disponibile, cioè incide di meno sui redditi più alti rispetto ai redditi più bassi, è difficile catturare il fenomeno legato alla distribuzione del reddito sottesa proprio alla crescita dei prezzi. 

Per comprendere come e quanto la crescita dell’inflazione incida sul reddito è necessario fare una serie di operazioni, in particolare rispetto alla tipologia dei beni consumati. Prendiamo in considerazione solamente i beni alimentari, energetici-gas e combustibile che, per definizione, rientrano nei così detti beni incomprimibili, cioè i beni che sono irrinunciabili per qualsiasi essere umano. 

L’inflazione e l’economia

I dati statistici forniti da ISTAT ed Eurostat permettono di osservare quanto e come la guerra in Ucraina abbia accelerato la crescita dei prezzi. Entrambi informano che la crescita dei prezzi è particolarmente forte in alcune tipologie di consumo (luglio 2022): la crescita dei prezzi dei beni alimentari è pari all’8,1%, per i prodotti energetici-gas è pari al 26,3% e al 10,6% quella dei combustibili.

La crescita dei prezzi non è un fenomeno legato interamente alla guerra, piuttosto si aggiunge alla già galoppante inflazione del post pandemia. I prezzi post-pandemia erano già in crescita, la guerra ha semplicemente esasperato la situazione. La necessità di far fronte alla crescita della domanda, per lo più legata alla fine dei lockdown del 2020-2021, ha fatto emergere la debolezza strutturale delle catene del valore globale. L’offerta aggregata, ovvero la struttura e articolazione internazionale dell’offerta, ha trovato un vincolo proprio nella globalizzazione. La difficoltà nel reperire sul mercato i cosiddetti beni intermedi e/o primari ha, nei fatti, causato la crescita dei prezzi delle commodities e delle materie prime, senza dimenticare che nel frattempo la pandemia aveva suggerito a molte imprese di riscrivere la loro catena del valore.

Inflazione e distribuzione del reddito

Per stimare l’effetto redistributivo dell’incremento dei prezzi dobbiamo, innanzitutto, recuperare le informazioni sulla distribuzione dei redditi tra la popolazione. In tal senso, l’informazione più aggiornata e disponibile a livello nazionale è l’indagine sui redditi delle famiglie italiane realizzata da Banca d’Italia. Il principale risultato di tale indagine è la stima del reddito delle famiglie raggruppato in cinque fasce reddituali di pari dimensione dette quinti. Per ognuno dei cinque scaglioni, Banca d’Italia fornisce una stima del reddito medio. Per il 2020, Banca d’Italia afferma che il 20% più povero della popolazione (primo quinto) disporrebbe di un reddito medio di 10.780€, il secondo quinto un reddito medio di 19.993€, il terzo di un reddito medio di 28.204€, il quarto di 41.753€ e il quinto superiore mediamente di 95.995€.

La seconda operazione che dobbiamo fare è quella di trovare quanto e come i beni alimentari, energetici e combustibili pesano sui percettori di reddito. ISTAT mette a disposizione informazioni sulle spese delle famiglie in varie categorie di beni, suddividendo i consumi in quinti di spesa familiare equivalente. Ciò rende comparabili i dati dei redditi delle famiglie di Banca d’Italia con i consumi delle famiglie di ISTAT.

L’aggiornamento delle banche dati avviene in maniera differita e riguardano periodi diversi. Alla data di scrittura del presente articolo (settembre 2022), i dati più recenti inerenti al reddito delle famiglie sono riferiti al 2020 (pubblicazioni Banca d’Italia del luglio 2022), mentre i dati più recenti sui consumi per tipologia di beni sono invece relativi al 2021. La nostra comparazione si basa sull’ipotesi che il reddito tra il 2020 e il 2021 sia rimasto sostanzialmente invariato per ognuno dei quinti, così come la loro propensione al consumo.

In Tabella 1 riportiamo (per ogni quinto) il reddito disponibile medio annuo nel 2020 fornito da Banca d’Italia, le spese medie delle famiglie nel 2021 in prodotti alimentari, energia-gas e carburanti fornito da ISTAT, e la quota di reddito disponibile spesa mediamente per ognuno delle tre classi di beni considerati.

Come era lecito attendersi, all’aumentare del reddito disponibile aumenta anche l’acquisto di questi beni, ma non in misura proporzionale. Infatti il consumo dei beni alimentari del primo quinto rappresenta il 34,9% del reddito disponibile, contro il 7,7% dell’ultimo quinto; i beni energetici sono pari al 10,4% nel primo quinto contro l’1,6% dell’ultimo quinto; il consumo di combustibili è pari al 5,9% nel primo quinto contro il 2% del quinto superiore.

Un’altra informazione essenziale che dobbiamo conoscere è l’ammontare di spesa aggiuntiva derivante dall’aumento dei prezzi che ogni scaglione deve impegnare per consumare la stessa quantità di beni alimentari, energetici e combustibili. L’operazione è relativamente semplice, sebbene sia estremamente insidiosa; infatti la crescita dei prezzi potrebbe (dovrebbe) modificare le abitudini dei consumatori. ISTAT fornisce stime aggiornate trimestralmente sull’inflazione per tipologia di bene e per fasce di popolazione. L’ultimo dato disponibile è stato pubblicato a settembre 2022 ed è relativo ad agosto 2022.

L’aggiornamento trimestrale di ISTAT del settembre 2022 sugli indici dei prezzi al consumo riporta che l’inflazione acquisita tra gennaio e agosto 2022 per i beni alimentari è del 8.1%, quella per energia è del 26.3% e quella sui carburanti è del 10.6% 

Nella Tabella 2 riportiamo i consumi aggiornati all’attuale dinamica dei prezzi per ogni quinto di reddito. La spesa per classe di bene e quinto che viene riportata è data dalla spesa media annuale del 2021 aumentata dell’inflazione acquisita per tipologia di bene.

La Tabella 3 riporta la differenza tra le incidenze sul reddito nel 2021 con quelle aggiornate ad agosto 2022. I valori sono calcolati come differenza tra la quota parte di reddito destinata al consumo nelle tre categorie di spesa dopo e prima dell’inflazione. Per esempio, nel primo quinto il consumo dei beni alimentari al netto dell’inflazione pesava il 34,9% e il 37,7% con l’inflazione. La differenza tra la spesa comprensiva dell’inflazione e in assenza di inflazione è quindi pari a 2.82.

Dalla tabella si evince che l’aumento dei prezzi dei beni alimentari erode almeno il 2.8% di reddito disponibile per il quinto più povero, mentre erode quote sempre più basse al crescere del reddito. Nel caso del quinto più ricco, l’erosione è di circa 0,6%. Relativamente al consumo di carburanti, la differenza sembrerebbe più contenuta, a prescindere dalla fascia di reddito, mentre la spesa per energia presenta una dinamica molto simile a quella degli alimenti. 

Se l’incidenza della crescita dei prezzi è inversamente proporzionale al reddito disponibile, possiamo chiederci quanto sia grande la “percezione” dell’aumento dei prezzi? In un’ottica di formazione del reddito è plausibile affermare che i redditi dei quinti inferiori siano ‘stabili’ in quanto derivanti principalmente dal lavoro dipendente. Al contrario, le famiglie appartenenti ai quinti di reddito più elevati hanno (di norma) la possibilità di adeguare il proprio reddito all’incremento dell’inflazione. Questo fatto ci dà la possibilità di calcolare la diversa incidenza generata dall’aumento di spesa dei beni presi in considerazione, che è sostanzialmente equivalente a chiedersi quanto sia la distanza tra i primi quinti e il quinto superiore.

Nella Tabella 4 mostriamo il peso degli aumenti dei prezzi sul reddito per ogni quanto rispetto agli aumenti registrati per il quinto superiore. In particolare, facendo 100 l’incremento dei prezzi dei beni considerati dell’ultimo quinto, la tabella restituisce il rapporto tra l’incremento di spesa registrato per ogni quinto e l’incremento registrato nel quinto superiore.

L’impatto dei prodotti alimentari sul primo quinto è di 4.52 volte più alto rispetto all’incremento nell’ultimo, che diventa 3.16 volte per il secondo quinto, seguito da 2.63 volte per il terzo scaglione e da 2 volte superiore per il quarto scaglione. Più profondo è il peso dei beni energetici: l’impatto sul primo scaglione è 6.4 volte superiore rispetto al quinto più elevato, seguito da 3.97 volte per il secondo, da 2.97 volte del terzo e da 2.12 volte del quarto quinto.

Conclusioni

L’inflazione è un fenomeno economico e come tale può essere interpretata in modi diversi. Sappiamo che l’inflazione è una convenzione, ma l’impatto sociale non è omogeneo, piuttosto è concentrato sugli strati sociali più deboli e con redditi fissi. Ogni volta che aumenta l’inflazione, se non è governata, aumenta la polarizzazione del reddito. In altri termini, non possiamo contrastare l’inflazione senza curarci della distribuzione del reddito. Dal momento che l’inflazione può essere interpretata come un fenomeno di medio periodo, determinata da meccanismi molto complessi da governare (nazionali e internazionali), la redistribuzione del reddito è un tema prettamente interno al paese che può essere affrontato anche nel brevissimo periodo (es. legge di bilancio per il 2023).