Per la crisi politica e di governo ancora non si vede un approdo certo e stabile. Sul Recovery Plan si sono fatti passi in avanti, ma ci sono ancora diversi aspetti critici, in primis sulla parte ambientale. Serve un atto di responsabilità e con l’urgenza che si impone, le elezioni anticipate non sono l’opzione migliore.
L’Italia è in mezzo al guado. Per la crisi politica e di governo ancora non si vede una via d’uscita, un approdo certo e stabile. Sul Recovery Plan si sono fatti passi in avanti, ma ci sono ancora diversi aspetti critici (primo tra tutti quelli sulla parte ambientale, che dovrebbe essere la parte più significativa del piano) e c’è un serio interrogativo sulle modalità realizzative delle attività: già in passato abbiamo dimostrato cattiva prova nella spesa dei fondi europei. La crisi sociale ed economica è pronta a scoppiare in tutta la sua virulenza, con degli effetti difficili da valutare ora.
E anche il piano vaccinale, pur partito bene, rischia – non per colpa del governo o dei governi – di trovare ostacoli enormi sia per la moltiplicazioni delle varianti del virus, che per i ritardi nella produzione dei vaccini e per la necessità di un loro aggiornamento di fronte a queste varianti molto più contagiose. E va comunque ricordato che per vaccinare 300 mila italiani al giorno serve un’organizzazione e delle strutture molto più solide ed efficienti di quelle attuali.
Sembra prolungarsi una situazione di incertezza cui la fase due di questo governo (iniziata dopo l’estate) ci ha in qualche modo abituato. Ora servirebbe una compattezza maggiore, una determinazione fortissima nell’affrontare le sfide difficilissime del Recovery Plan e del piano vaccinale. Sembra però così non sia. L’interesse del Paese dovrebbe essere messo sopra l’interesse di parte, il bene dell’Italia sopra le ambizioni personali e i protagonismi delle singole personalità.
Il Recovery Plan può essere l’occasione di fare quello che manca da anni: un piano di investimenti pubblici capaci di far ripartire la domanda, creare posti di lavoro e dare ossigeno alle imprese. E soprattutto di orientare il modello di sviluppo e il nostro sistema industriale sulla strada della sostenibilità e di un’economia diversa. Il piano vaccinale è una sfida enorme, ma un’occasione irripetibile – anche attraverso i fondi del Recovery Plan – di fare quello che non abbiamo mai avuto: un sistema di medicina territoriale, capace di garantire molto meglio il diritto alla salute e di superare quelle diseguaglianze sanitarie insopportabili, a causa delle quali se sei nato in Campania vivi in buona salute dieci anni in meno di un altro che vive in Trentino Alto Adige.
Non si può più stare in mezzo al guado. Bisogna essere in grado di assicurare le svolte necessarie: la riconversione ecologica dell’economia, una politica industriale veramente forte ed incisiva, il varo di un reddito di base realmente universale e ben più organico dell’attuale reddito di cittadinanza, una riforma fiscale veramente progressiva e che colpisca le grandi ricchezze, l’investimento massiccio nel sistema sanitario e dell’istruzione come chiave di una società inclusiva, e altro ancora.
Queste le scelte da fare: non ci sono alternative, e sicuramente le elezioni anticipate non lo sono. Serve un atto di responsabilità per dare al Paese le risposte improrogabili che si attende.