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In memoria di Benedetto Vecchi, cercatore di futuri

Se n’è andato il 6 gennaio al termine di una lunga malattia Benedetto Vecchi, già caposervizio delle pagine culturali del Manifesto e presidente della nuova cooperativa, intellettuale operaista della rete Euronomade.

Benedetto Vecchi ha abbandonato il mondo dei vivi per entrare nel mondo dei compianti e dei ricordi la mattina del 6 gennaio scorso, prendendo come al solito tutti gli amici e i conoscenti in contropiede perché nonostante le molte chemio a cui si era sottoposto negli ultimi due anni, aveva continuato a scrivere per il Manifesto fino a pochi giorni prima, a recensire libri, a tratteggiare nuove possibili rotte collettive al pensiero di chi non si dà per vinto e continua a reclamare un mondo più giusto. 

Benedetto Vecchi da ultimo era il presidente della nuova cooperativa dei giornalisti del Manifesto ed era anche il caposervizio delle pagine culturali di quel quotidiano-pirata. Ma era soprattutto un cercatore e il suo campo di ricerca era il futuro, un altro futuro possibile anche se non proprio a portata di mano, un futuro non necessariamente distopico dove poter immaginare la generazione dei figli affidati alla scienza e all’etica. 

Nella veste di cercatore di futuri altri dal turbocapitalismo che semina distruzione di legami sociali ed equilibri ecologici ha partecipato negli anni passati a numerose discussioni e iniziative anche della campagna Sbilanciamoci!, oltre ad animare come invece presenza fissa e attesa quelle della rete politica di Euronomade.

Lettore onnivoro e colto, scriveva molto e su molti argomenti diversi per lo più di frontiera, come fosse sempre una sfida intellettuale, del resto il suo percorso era di talento costruito, non ereditato o cresciuto in accademia. Perciò la sua era una scrittura mai autoreferenziale, che si sforzava in ogni frase di non essere pedante o retorica e di far comprendere la complessità degli argomenti trattati – che fossero le criptovalute, l’intelligenza artificiale o la lotta di classe ai tempi della gigeconomy (il suo ultimo libro del 2017 è stato “Il capitalismo delle piattaforme” per la Manifestolibri) – ad un pubblico non necessariamente di addetti ai lavori. 

Conservava un’animo da ragazzo ribelle degli anni Settanta, ironico e dissacrante ma al tempo stesso attento a non ferire gli interlocutori e i compagni, a cercare le ragioni dell’altro, per quanto sicuro di quelle che aveva raggiunto. Ha affrontato la malattia con una forza d’animo e una compassata fierezza che dà il tratto della persona. 

Al quotidiano il Manifesto vanno le più calde condoglianze della redazione di Sbilanciamoci!. 

Alla memoria di Benedetto Vecchi abbracciando la figlia Marianna e la moglie Laura, una poesia di T. S. Eliot: 

Che mari che spiagge che scogli grigi che isole/
Che aqua a lambire la prua/
E profumo di pino. E canzone di tordo nella nebbia/
Che immagini ritornano/
O figlia mia/
Coloro che affilano il dente del cane, significando/
Morte/
Coloro che risplendono con la gioia del colibrì, significando
Morte/
Coloro che soffrono l’estasi degli animali, significando/
Morte/
Son divenuti irreali, ridotti a nulla dal vento/
Da respiro di pino, e la nebbia del canto dei boschi/
Da questa grazia dissolta in spazio/
Cos’è questo volto, meno chiaro e più chiaro/
Il pulsare nel braccio, meno forte e più forte
Donato o dato in prestito?più lontano delle stelle/
E più vicino dell’occhio/
Bisbigli e breve riso fra le foglie e piedi/
Affrettati dal sonno, dove tutte le acque s’incontrano.
Il bompresso schiantato dal gelo e il colore scrostato/
Dal caldo.
Ho fatto questo, ho dimenticato
E ricordo.
Le sarte afflosciate e i ferzi fradici/
Fra un certo giugno e un altro settembre.
Ho fatto questo senza saperlo, semi-cosciente, sconosciuto, mio.
La travatura dei torelli fa acqua, c’è bisogno di stoppa
Per le falle.
Questa forma, questo volto, questa vita
Vive per vivere in un mondo di tempo che mi supera;
Potessi
Rimettere la mia vita per questa vita, la mia parola
Per ciò che non è detto,
Il risvegliato, le labbra aperte, la speranzosi bastimenti nuovi.
Che mari. Che spiagge. Che isole granitiche verso i miei legni
E il tordo che chiama fra la nebbia
Figlia mia.