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Il primo passo falso di Draghi

Il Governo Draghi appena insediatosi dovrà affrontare da subito le molte emergenze e sciogliere i nodi cruciali da cui dipendono il futuro e lo sviluppo del paese. Ma le scelte “dorotee” del nuovo Presidente del Consiglio per la formazione della compagine di governo appaiono già assai discutibili.

Nel precedente editoriale su questo sito avevamo cercato di smontare ogni paragone tra Draghi e Monti, spendendo qualche parola incoraggiante per l’ex Presidente della BCE. Alla luce della formazione del nuovo governo, un altro confronto irriverente – solo per le tecniche di gestione degli equilibri di maggioranza – si impone in queste ore, quello tra Draghi e Cencelli.

La compagine di governo è infatti quasi un caso di scuola nel sapiente dosaggio tra le varie componenti delle forze politiche: una lezione di doroteismo, quello che serve – dirà qualcuno – per far partire questo governo e per consentire di arrivare all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

La composizione di questo governo è molto discutibile. A fianco di ministri validi e apprezzabili come Bianchi, Speranza, Orlando, Giovannini (ma che ci sta a fare in quel ministero?) c’è poi l’elenco di presenze imbarazzanti. Brunetta alla Funzione pubblica è una mina vagante per i lavoratori della pubblica amministrazione. La Gelmini è ancora ricordata come una delle ministre più odiate dagli studenti: fu lei a cambiare con il governo Berlusconi la denominazione del Ministero della Pubblica Istruzione in Ministero dell’Istruzione. Erika Stefani da ministra degli Affari Regionali del primo governo Conte ha dato manforte all’autonomia differenziata delle regioni leghiste. Il tecnocrate liberista Colao lo immaginiamo accompagnato al suo ministero dai consiglieri della McKinsey, come ha fatto quando era a capo della commissione istituita dal secondo governo Conte. Roberto Cingolani – già responsabile del settore innovazione di Leonardo, che fa i cacciabombardieri F35 e vende sistemi d’arma ai paesi in guerra – ad un ministero della Transizione ecologica, una definizione affascinante dietro la quale rischia di esserci ben poco. La transizione ecologica senza la regia delle politiche industriali e dello sviluppo economico rischia di arenarsi presto.

Una buona riforma della pubblica amministrazione con Brunetta non si può fare. Di politiche d’accoglienza per i migranti con la Stefani e Garavaglia non se ne parla. Con Giorgetti allo sviluppo economico che futuro può avere la prospettiva di una regia pubblica delle politiche industriali? La sensibilità ambientalista di Roberto Cingolani è tutta da verificare.

Vedremo ora i contenuti, i programmi del governo – che sono quelli che interessano a Sbilanciamoci. Attendiamo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio in Parlamento. Le due sfide principali cui il governo è chiamato sono il piano vaccinale e il Recovery Plan. Queste sono le prove del fuoco che sanciranno il successo o il fallimento del governo. E poi ci sono altre scadenze importanti all’orizzonte: la scadenza del blocco dei licenziamenti, il lavoro, gli interventi per fronteggiare il disagio sociale, il rafforzamento della sanità pubblica.

Aspettiamo le scelte dei prossimi giorni, l’indirizzo delle politiche del governo sui nodi cruciali da cui dipendono il futuro e lo sviluppo di questo paese. Ci auguriamo che il governo faccia bene. Dai nomi e dalla struttura della compagine ministeriale l’idea di uno scatto in avanti del paese, però, certo non ci viene.