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Il non voto e le larghe intese

Il pasticcio, e le polemiche di questi giorni, sulla riforma della legge elettorale sono la cartina di tornasole di quella scarsa credibilità della politica che è alla base dell’astensionismo montante. E la prossima volta è possibile che non vadano a votare nemmeno coloro che alle scorse elezioni sono andati

Tutta l’Italia per bene si è scandalizzata per la vastità dell’astensionismo: a Roma ha votato un elettore su due, nel complesso del paese meno di due su tre. C’è chi grida alla crisi della democrazia, ma c’è anche qualcuno come la sottoscritta che considera questo astensionismo triste, ma del tutto comprensibile, anzi segno di normalità.

Vediamo. Nel formare il governo delle larghe intese, il premier Enrico Letta aveva dichiarato che in ogni modo bisognava prevedere un marchingegno di modifica della legge elettorale nota come “porcellum” perché, in caso di infarto delle larghe intese, si potesse andare alle elezioni con un sistema elettorale non così indecente. Pareva quindi ovvio che il parlamento ci si mettesse subito, anzi per prima cosa. Anna Finocchiaro, zelante, ha ripresentato la formula già avanzata in passato che sembra la più semplice: un ritorno al sistema elettorale precedente, il Mattarellum. Senonché Silvio Berlusconi ha fatto sapere che se si riforma la legge elettorale prima di tutto l’assetto istituzionale lui fa cadere il governo: questa è la sua concezione delle larghe intese, tanto amate da Giorgio Napolitano. Rapidamente il governo, e in esso il Pd, ritira la proposta e accetterà una supercommissione che lavorerà almeno 18 mesi per riformare, non si sa entro quali limiti, la Costituzione della Repubblica nella sua seconda parte (la prima è già bell’e superata nei fatti). Un deputato del Pd, Roberto Giachetti vicepresidente della Camera, non ci sta e ripresenta un progetto di legge che ritorna, grosso modo, sul Mattarellum. Tuoni e fulmini. La medesima Finocchiaro lo considera un atto di prepotenza pressoché eversiva. Ieri la Camera vota contro il deputato, non senza dividersi. Divisione che passa manifestamente dentro al Partito democratico.

Perché l’elettore normale dovrebbe aver capito qualcosa di questo inverecondo pasticcio? E se ha capito che il sugo della faccenda, cioè che le larghe intese si intendono “quello che Berlusconi accetta”, perché dovrebbe accettarle ogni italiano? Non si tratta di un compromesso ma di un sistema ricattatorio nelle mani del Cavaliere.

Se il governo e il Colle non capiscono che è impossibile prendere in giro i cittadini in questo modo, vuol dire che sono ben lontani non solo dal senso comune della politica ma dal buon senso e dalla limpidezza nel gestire la cosiddetta governabilità. La prossima volta può darsi che non vadano a votare neanche coloro che stavolta sono andati.

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