Il rischio, dopo l’attentato di Butler, è molto alto ed è quello di veder attuato il Project 2025 della Heritage Foundation, che anche i “miliardari patriottici” americani vedono come il fumo negli occhi. Mentre proponendo la tassazione dei super ricchi il Front Populaire ha vinto le elezioni. Una sfida globale.
L’allarme è stato lanciato dai Patriotic Millionaires, i “milionari patriottici”, un piccolo gruppo di super ricchi che si era fatto conoscere in occasione del World Economic Forum del 2022. Il loro messaggio era semplice subito dopo la grande pandemia ed è semplice ancora oggi: “Mentre il mondo ha sofferto in questi due anni – hanno detto i milionari patriottici tra cui milita in modo molto attivo Abigail Disney, l’erede di Walt Disney – molti di noi possono dire di aver visto aumentare la loro ricchezza durante la pandemia. Pochi di noi, forse nessuno, può invece dire onestamente di aver pagato il giusto di tasse”. Ebbene i ricchi che fecero scandalo perché chiedevano, appunto, di pagare più tasse, ora mettono in guardia da quello che potrebbe succedere negli Stati Uniti in caso di vittoria di Donald Trump.
Il rischio che corrono gli Stati Uniti è altissimo perché il programma di Trump e le idee degli esperti dei think tank che sono stati messi al lavoro ridisegnano completamente la nazione da tutti i punti di vista: politico, economico, culturale. Sul piano economico si prospetta una vera e propria controrivoluzione fiscale che risulta evidente, fanno sapere i milionari patriottici, leggendo la parte del Project 2025, il Progetto 2025 elaborato dalla Heritage Foundation, il maggiore think tank della destra, oggi su posizioni radicali trumpiane.Il senso della controrivoluzione è evidente proprio da come viene ridisegnato il sistema fiscale americano e dalla proposta di abrogazione di tutte le modifiche fiscali che erano state introdotte dall’Inflation Reduction Act del 2022. Quel Democratic’s Inflation Reduction Act aveva compiuto passi apparentemente minimi, ma molto importanti, nel far sì che i ricchi e le aziende pagassero la loro giusta quota di tasse. Tra le altre cose, era stata introdotta un’imposta minima sulle società del 15% e un’accisa dell’1% sui riacquisti di azioni proprie. Per le menti pensanti dell’Heritage Foundation, applicando il Progetto 2025, si cancellerebbe tutto questo e si eliminerebbero le norme che “penalizzano” le imprese che invece, dicono, devono essere lasciate completamente libere, senza subire lacci e laccioli che indeboliscono la loro capacità di competere con i cinesi.
Ovviamente gli esperti della fondazione trumpiana (anche se il candidato alla Casa Bianca cerca di non identificarsi, per ora, completamente con le loro proposte) non pensano solo alla difesa delle imprese Usa. Pensano a tutti i cittadini che devono tornare ad essere “completamente americani”, nella migliore tradizione dell’epopea del West. L’Heritage Foundation propone dunque l’introduzione di due scaglioni con aliquote inferiori per le imposte ordinarie sul reddito, mentre oggi esistono sette scaglioni per le imposte sul reddito ordinario, con un’aliquota marginale massima del 37%. Anche se per molti esperti di fisco attualmente non ci sarebbero abbastanza scaglioni, con l’aliquota del 37% che copre tutti i redditi superiori a 731.000 dollari, il Progetto 2025 peggiorerebbe ulteriormente la situazione riducendo il numero di scaglioni a due soltanto: con un’imposta del 15% sul reddito imponibile inferiore a 168.000 dollari e un’imposta del 30% sul reddito imponibile superiore a tale livello.
Secondo le stime (quella di Brendan Duke, direttore senior per la politica economica presso il Center for American Progress citato in un documento diffuso dai Milionari Patriottici), applicando il modello trumpiano, milioni di persone all’anno riceverebbero un taglio fiscale di 325.000 dollari. Accanto a questo il progetto trumpiano si propone di ridurre l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società al 18%. Il Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) del 2017 aveva ridotto permanentemente l’aliquota dell’imposta sul reddito delle società dal 35% al 21% e, così facendo, era stato introdotto un grande regalo agli azionisti e ai manager più ricchi. Il Progetto 2025 ridurrebbe ulteriormente questo tasso al 18% e darebbe un vantaggio ancora maggiore ai ricchi.
Il documento dei Milionari Patriottici mette in evidenza anche un altro punto molto importante. Nel Progetto 2025 è prevista la riduzione dell’imposta sulle plusvalenze e sui dividendi al 15% (attualmente esistono due scaglioni fiscali per plusvalenze e dividendi: 15% e 20%). Il Progetto 2025 eliminerebbe completamente la fascia del 20% e tasserebbe le plusvalenze e i dividendi al 15%. “Tassare le plusvalenze superiori a 1 milione di dollari a un tasso così basso è già un omaggio assurdo ai ricchi che valorizzano la ricchezza più del lavoro – dicono, critici, i Milionari Patriottici – ma considerando il numero limitato di americani che possiedono azioni, e considerando che la stragrande maggioranza delle azioni quotate in borsa negli Usa è concentrata nelle mani dei ricchi, questo è solo un ulteriore regalo ai ricchi senza alcun beneficio per l’americano medio”. Tra le altre cose è prevista la riduzione dell’imposta sulla successione e sulle donazioni al 20% considerando che l’aliquota marginale massima sull’imposta sulla successione e sulle donazioni è attualmente del 40%.
Lo scenario del teatro politico americano è sempre più complicato e ora, dopo l’attentato a Trump, si carica di ulteriori tensioni e presagi foschi. Come reagiranno i democratici all’aggressività di una destra reazionaria che non si pone più limiti? Quale programma di sinistra è possibile contrapporre in un paese spaventato come gli Stati Uniti, ma anche in un’Europa che con grandi difficoltà sta cercando di riprendersi dallo scampato pericolo della vittoria di Marine Le Pen? Ad una destra aggressiva e sempre più classista si potrebbero contrapporre idee innovative come sta cercando di fare la campagna Tax The Rich lanciata da Oxfam e nella quale Sbilanciamoci è parte attiva. Ma la politica, nonostante la campagna e l’appello di un centinaio di economisti che propongono di introdurre una tassazione sui redditi e sui patrimoni dei super ricchi, è ancora timida.
Spunti interessanti ci sono venuti dal programma elaborato dal Fronte francese che è riuscito a fermare la grande onda nera. Oltre alla pensione a 60 anni, il Front Populaire propone “l’abolizione dei privilegi dei miliardari”. Per finanziare le riforme che andrebbero finalmente a favore dei lavoratori tartassati in questi anni di grande austerità, la chiave proposta è appunto quella dell’abolizione dei privilegi dei miliardari (in neretto nel programma della gauche). Tra le numerose proposte, spiccano la restaurazione della patrimoniale abolita da Macron nel 2018, l’aumento della progressività del fisco tassando maggiormente i redditi più alti, e la riforma della tassa di successione, al fine di renderla “più progressiva” per colpire maggiormente i grandi patrimoni e stabilire “un’eredità massima”.
Anche nel Regno Unito c’è un grande movimento dopo la vittoria dei laburisti, anche se questi non si pongono sulle posizioni della sinistra francese e non sembrano intenzionati a riaprire il discorso sulla patrimoniale e men che meno su misure che spaventano i ricchi, i quali per la cronaca hanno già cominciato a fare le valige subito dopo la Brexit. E indovinate quale paese europeo è diventato attrattivo per i ricchi inglesi che vogliono evitare le tasse? L’Italia, che può rivendersi la flat tax come fiore all’occhiello e biglietto da visita.
Siamo in presenza di un quadro molto chiaro e denunciato innumerevoli volte da un gruppo di ecomomisti che stanno combattendo la battaglia della giustizia. Tra questi il premio Nobel, Joseph Stiglitz che di recente ha rilanciato una denuncia molto importante. “La portata dell’elusione fiscale oggi è sbalorditiva – scrive Stiglitz – il sistema attuale consente alle aziende e agli individui facoltosi di “proteggere” i propri profitti nei paradisi fiscali. Ogni anno, il 35% dei profitti esteri delle multinazionali, cioè i profitti che provengono al di fuori del paese di origine di una società, vengono attribuiti a luoghi come Svizzera, Singapore, Bermuda e Isole Cayman, fuori dalla portata delle agenzie fiscali nei paesi in cui i profitti hanno davvero origine. Si stima che la conseguente perdita di entrate sia compresa tra 240 e 600 miliardi di dollari all’anno”.
Per Stiglitz, come per tanti altri (Gabriel Zucman e Thomas Piketty per esempio), la battaglia per la giustizia fiscale e l’eguaglianza non si potrà vincere a livello locale. “C’è una chiara necessità di una convenzione internazionale per correggere questi errori – dice il premio Nobel – e nel novembre del 2023, 125 paesi guidati dal Gruppo Africano, la più grande organizzazione regionale delle Nazioni Unite, hanno votato a favore della risoluzione per rivedere il sistema fiscale globale”. I leader di questi paesi comprendono che tassare le grandi società redditizie e i miliardari è il modo più razionale per aumentare le entrate e che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite metterebbe in moto un processo che consentirebbe loro di realizzare proprio questo obiettivo. Ma le Nazioni Unite, che in questo periodo storico sono già in grande difficoltà nel tentare di opporsi al ritorno della guerra, riusciranno a condurre la nuova guerra delle tasse? Intanto il riarmo è già partito e il quartier generale è stato attrezzato (per ora) nei locali dell’Heritage Foundation, in attesa del trasloco a Capitol Hill.