Le tre proposte del ministro delle Infrastrutture per risolvere il problema delle grandi navi da crociera nella laguna sono funzionali solo a lasciare la situazione, drammaticamente, qual è. Quando la soluzione ci sarebbe.
Le grandi navi da crociera hanno raggiunto una dimensione talmente gigantesca da renderle incompatibili con la laguna di Venezia: il loro dislocamento con lo spostamento di enormi masse d’acqua lungo il percorso attraverso i canali interni della laguna agisce sugli assetti idromorfologici, compromettendo e aggravando il già precario equilibrio lagunare. Le energie generate creano rilevanti sollecitazioni sui marginamenti (fondali, scarpate, bassifondi) provocando la sospensione di sedimenti che le correnti di marea espellono in mare, contribuendo ad aggravare il processo erosiv. Il transito di queste navi in laguna provoca un effetto negativo unanimemente riconosciuto dal mondo scientifico.
La comunità veneziana, assistendo al transito di navi da crociera di notevole stazza (che superano anche le 100.000 – 130.000 tonnellate) ha iniziato fin dal 2011 a mobilitarsi con numerose manifestazioni (che tuttora perdurano) reclamando la fuoriuscita delle grandi navi da crociera dalla laguna, coinvolgendo anche l’opinione pubblica nazionale ed internazionale.
Nel frattempo accade la tragedia della grande nave crociera Concordia all’isola del Giglio ed il governo di allora emette un decreto recante disposizioni per limitare o vietare il transito per la protezione delle aree sensibili; stabilisce nello specifico per Venezia, considerando la particolarissima sensibilità e vulnerabilità ambientale della laguna, il divieto di transito per il bacino San Marco e il canale della Giudecca di navi con stazza superiore alle 40.000 tonnellate e, nello stesso decreto, richiede che venga individuata una via alternativa a quella vietata. Una volta individuata quella, si potrà autorizzare il passaggio in deroga delle navi sino alla realizzazione della nuova infrastruttura (l’attuale accesso delle grandi navi crociera avviene lungo il percorso bocca di Lido, canale San Nicolò, bacino di San Marco, canale della Giudecca, Marittima).
La questione delle grandi navi da crociera a Venezia riguarda un territorio, altamente tutelato e salvaguardato da un corpo legislativo speciale, da riferimenti normativi europei, dal codice dei beni culturali e del paesaggio, da varie disposizioni urbanistiche vincolanti. E va collocata in un contesto temporale che deve tener conto dei vari governi che si sono avvicendati e di quanto accaduto nei 7 anni trascorsi dalla data del ricordato decreto, promulgato nel marzo 2012, in termini di iter procedurali amministrativi e autorizzativi.
Ci si trova in una situazione paradossale in cui l’attuale percorso è vietato – bisogna trovare una via alternativa – ma a distanza di 7 anni non si è voluto risolvere il problema – uno stallo decisamente non proficuo all’immagine dell’Italia nel mondo e che genera continui conflitti in città.
Eppure i vari governi che si sono avvicendati hanno avuto modo di rapportarsi con varie soluzioni, prospettate da vari soggetti pubblici e privati, interne ed esterne alla laguna. Si trattava anche di soluzioni la cui progettazione non raggiungeva alcun grado di definizione (nuova stazione passeggeri a Marghera – realizzazione di una tangenziale lagunare, canale retro Giudecca – adeguamento canale Contorta S.Angelo – nuovo terminal crociere Venezia bocca di Lido – avamporto galleggiante alla bocca di Lido – messa in fonda di due terminal galleggianti alla bocca di lido – molo galleggiante integrato al Mose, bocca di Lido – ripristino e adeguamento canale Vittorio Emanuele – variante del canale delle Trezze).
Palazzo Chigi ha potuto visionare specifici progetti redatti in conformità alle norme vigenti e per loro natura obbligatoriamente sottoposti alla valutazione di impatto ambientale con procedure attivate dal 2012 al 2018 attraverso atti (dispacci, ordinanze, decreti e atti di indirizzo del governo) per l’individuazione della soluzione.
I vari esecutivi avrebbero dunque dovuto accorgersi che un unico progetto ha superato la valutazione di impatto ambientale ed è pronto, dal punto di vista tecnico e giuridico, per essere individuato quale soluzione alternativa subito realizzabile (cioè un nuovo terminal passeggeri alla bocca di Lido, fuori dalla laguna e del tutto compatibile con le esigenze di salvaguardia e tutela, che non interferisce con il Mose, è a distanza di sicurezza dai centri abitati, utilizza la Marittima come home port, conferma la tutela dell’occupazione e risponde pienamente alle raccomandazioni dell’Unesco).
Il governo avrebbe dovuto conoscere le denunce delle criticità di tutte quelle ipotesi alternative interne alla laguna che prevedono l’ingresso dalla bocca di Malamocco percorrendo canali per approdare a Marghera o proseguire per raggiungere la stazione Marittima attraverso il canale Vittorio Emanuele. Aspetti negativi peraltro evidenziati anche dal ministero dell’Ambiente e dalla Capitaneria di porto che comportano :
-scavi e mobilitazione di milioni di metri cubi di fanghi per lo più inquinati, mettendo a rischio il già delicato equilibrio idrodinamico e morfologico della laguna,
– una commistione di traffici diversi, crocieristi, commerciali, petroliferi che mette a rischio la sicurezza della navigazione e per gli stessi passeggeri obbligati ad attraversare il polo chimico di Porto Marghera, dichiarato sito a rischio di incidenti rilevanti ( RIR ),
– per gli attracchi a Marghera aspettative speculative legate al cambio di destinazione d’uso delle aree dismesse, da industriale a turistico commerciale, che rischiano di pregiudicare il futuro e lo sviluppo di attività industriali e manifatturiere della prima zona industriale a scapito del l’occupazione che già ha visto la perdita di migliaia di posti di lavoro ; tutto ciò in aperto contrasto con il riconoscimento legislativo di Porto Marghera come “area di crisi complessa”;
– una accessibilità nautica unica al mondo con un percorso di solo andata di 24 km tutto interno alla laguna, con aumento di costi di pilotaggio e rimorchio;
-allungamento dei tempi di percorrenza, dato che il canale Malamocco/Marghera non può essere percorso nei due sensi ma a senso unico e senza convoglio;
– frequenti interruzioni del transito delle navi crociera nel medio periodo derivanti dal numero elevato di chiusure delle paratoie del Mose alla bocca di Malamocco a seguito dell’aumento del livello marino ( le dimensioni delle grandi navi crociera non permettono l’utilizzo della conca)
I governi precedenti si sono contraddistinti per privilegiare attracchi situati all’ interno della laguna mentre l’attuale ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, invece di dare piena applicazione del decreto Clini-Passera (al fine di garantire la tutela ambientale e la sicurezza della navigazione nella laguna di Venezia), invece di individuare l’unico progetto con valutazione di impatto ambientale positiva come la soluzione alternativa al transito delle grandi navi crociera per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca, annuncia l’intenzione di abbandonare le soluzioni interne al sistema lagunare ( il che sarebbe bene se ciò fosse garanzia di comportamenti coerenti) indicando 3 diverse ipotesi. Queste tre ipotesi di Toninelli sono situate alle tre bocche di porto: a Chioggia, a Malamocco sulla piastra per la fabbricazione e varo dei cassoni del Mose, al Lido, cioè a mare, adiacente alla diga di San Nicolò. Non viene esclusa poi l’ipotesi proposta dal VTP (società che gestisce le banchine portuali delle crociere) da considerarsi provvisoria e nel frattempo possibile, di arrivare in Marittima attraverso la bocca di Malamocco e il canale Vittorio Emanuele, ignorando tutte le criticità che tale percorso comporta e soprattutto quelle relative al canale Vittorio Emanuele, che presenta addirittura effetti negativi maggiori di quelli del tracciato del canale Contorta-S.Angelo, a suo tempo bocciato dalla Commissione nazionale di Valutazione di Impatto Ambientale.
Esternazione, quella del ministro Toninelli che essendo priva di qualsiasi incardinamento procedurale normativo e di studi di fattibilità progettuale, rende tali indicazioni impraticabili e rappresenta solo una manovra dilatoria che allontana la soluzione del problema per raggiungere l’effetto (desiderato dalle compagnie di crociera) di prolungare il passaggio delle grandi navi crociera dal bacino di San Marco e il canale della Giudecca in via provvisoria.
Nell’esaminare il caso di Venezia relativamente alle grandi navi crociera è opportuno considerare alcuni punti che possono aiutare a far comprendere perché dopo 7 anni e a fronte di un progetto disponibile per risolvere la questione, ci si impantani ancora con un nulla di fatto.
- -la società Venice Terminal Passeggeri ( VTP) gestisce a Venezia i servizi del traffico passeggeri di navi da crociera ha avuto dal Porto una concessione trentennale che scade nel 2024; concessione peraltro rilasciata senza gara in violazione alla legge sui porti (legge 84 del 1994)
- -il Porto ha dato una concessione in cambio di un canone che è molto più basso degli introiti in continuo aumento di questa società3
- – il fatto che si profili una soluzione alternativa come quella che individua nuove banchine di attracco alla bocca di Lido mette in discussione e rende vana una concessione di tale fatta, perché l’affidamento per la realizzazione di questo nuovo terminal croceristico e la sua gestione sarebbero soggetti a gara di evidenza pubblica, in virtù del codice sugli appalti. E in tale nuovo scenario il ruolo di VTP sarebbe completamente ridimensionato e non potrebbe costituire alcuna posizione privilegiata
- – oggi la VTP si presenta con una proposta di contribuire al finanziamento dello scavo del canale Vittorio Emanuele per continuare a far arrivare in Marittima, via bocca di Malamocco, le grandi navi crociera. Proposta che sottintende la volontà di prolungare la discussione e ottenere direttamente e senza gara per altri 30 anni l’attuale concessione attualmente in scadenza
La questione delle grandi navi crociera a Venezia, al di là di tutte le considerazioni da più parti sollevate, sta rivelando una collusione di chi oggi detiene il potere politico con l’interesse privato, di pochi, che in nome di un profitto e di propri tornaconti non esita a contrapporsi all’interesse generale ed a quelle norme comportamentali volte a difendere e salvaguardare quell’inestimabile valore sociale ed ambientale del territorio veneziano.
Uno scenario inquietante il cui prolungamento obbligherà verosimilmente mobilitazioni di contrasto sempre più attente e radicali.