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Esplosione di spese militari: 32 miliardi nel 2025

Dall’esame del disegno di legge di bilancio si desume un aumento della spesa per la Difesa di oltre 2 miliardi, arrivando così al nuovo record di quasi 32 miliardi, più 12% in dieci anni. Di questi 13 miliardi all’industria militare vanno per nuove armi.

La trasmissione al Parlamento della Legge di Bilancio da parte del governo permette, come ogni anno, di poter effettuare un’analisi delle allocazioni relative alla sfera della Difesa e degli armamenti, giungendo quindi ad una valutazione della spesa militare previsionale per il 2025. Ovviamente tale cifra è suscettibile di aggiustamenti da implementare nei prossimi mesi: in parte perché potranno essere affinate alcune stime per il momento solo parametrizzate (grazie ad acquisizione di maggiori informazioni specifiche), in parte perché solo fra qualche mese verranno assegnati nel dettaglio alcuni fondi per il momento solo allocati nelle loro cifre complessive (ad esempio quelli legati alle missioni militari all’estero).

Come quasi sempre, tranne in alcune annualità molto particolari in cui si sono realizzate delle modifiche alle legislazioni vigenti determinate da necessità di equilibrio finanziario, la prima parte del Disegno di Legge di Bilancio, che determina gli interventi voluti dal governo per realizzare le proprie linee politiche, è abbastanza povero di decisioni legate alla sfera della Difesa. Anche il DDL 2112 presentato alle Camere dal ministro Giorgetti lo scorso 23 ottobre non si discosta da questa consuetudine: nei 124 articoli che lo compongono gli unici riferimenti diretti ed espliciti ad interventi in questa sfera si trovano negli articoli 90 e 91 dedicati il primo ai programi “Strade Sicure” e “Stazioni sicure”, e il secondo al rifinanziamento del NATO Innovation Fund. Mentre gli importi relativi a questo specifico programma sono di scarsa consistenza (circa 7,7 milioni di euro) ben più rilevanti dal punto di vista finanziario (tralasciando per un momento l’aspetto operativo e politico) sono i circa 240 milioni annui (fino al 2027) che garantiscono la proroga della presenza sulle strade del contingente di circa 6.000 militari già previsto e dell’incremento di 800 unità per quanto riguarda la vigilanza sulle stazioni ferroviarie.

Ovviamente anche questa cifra evidenziata nel DDL, in quanto necessitante di una esplicita proroga di missione, va ad inserirsi nel totale complessivo del Bilancio del ministero della Difesa, che costituisce il punto di partenza di base per qualsiasi stima delle spese militari. La cifra messa a disposizione del ministero di via XX Settembre guidato da Guido Crosetto come “bilancio proprio” evidenzia fin da subito la forte crescita (in termini assoluti e percentuali) di tali spese: per il 2025 il totale infatti si attesta su 31.295 milioni di euro, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (aumento del 7,31%) rispetto alle previsioni per il 2024. Per la prima volta nella storia viene dunque superata (e di gran lunga) la quota complessiva di 30 miliardi.

Al fine di comprendere la portata di questa continua (e robusta) crescita, non certo episodica, è opportuno fare alcuni confronti in prospettiva storica: nel 2016 – cioè dieci bilanci dello Stato fa – il budget proprio della Difesa era pari a 19.423 milioni di euro, mentre nel 2021 – cioè cinque bilanci dello Stato fa – si attestava su 24.541 milioni di euro. L’aumento decennale in termini assoluti (senza tenere conto di aggiustamenti inflattivi) è stato dunque pari a quasi 11,9 miliardi (+61% nel decennio), mentre quello quinquennale (ancora una volta a valori contabili, senza trasformazioni in valori costanti per tenere conto del potere di acquisto mutato) è stato pari a 6,7 miliardi (+27,5% nel lustro). Si nota quindi un aumento medio leggermente più marcato negli ultimi cinque anni, con il salto maggiore avvenuto proprio tra il 2024 e il 2025 (l’unico con differenza in valore assoluto di più di 2 miliardi).

Per arrivare alla stima reale di spesa militare (sempre in accordo con la metodologia Mil€x da noi adottata da qualche anno ed esplicitata in questa pagina) è necessario poi effettuare alcuni ricalcoli per riflettere in maniera aderente alle reali operatività militare alcuni costi o interni al ministero della Difesa ma con scopi differenti (quindi da sottrarre) o esterni allo stesso Ministero e quindi da aggiungere.

Le sottrazioni riguardano in primo luogo la parte non militare dell’impiego operativo dei Carabinieri all’interno della Missione 1 (Difesa e sicurezza del territorio – 005) di cui viene conservata solo una quota relativa al dispiegamento nell’ambito delle missioni militari all’estero. Per alcuni anni il Documento Programmatico Pluriennale della Difesa ha esplicitato tale cifra, da alcuni anni non più presente: per la valutazione previsionale 2025 Mil€x ha dunque utilizzato una parametrizzazione media derivata dalle annualità per cui tale dettaglio era disponibile, mantenendo dunque nell’ambito della spesa militare circa 590 milioni di euro appartenenti al Programma: 1.1 (Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza). Una ulteriore sottrazione deve poi essere compiuta per la cifra totale (494 milioni) del Programma 2.1 (Approntamento e impiego Carabinieri per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare) inserita nella Missione 2 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente – 018). Effettuati questi scorpori, la parte preponderante del “bilancio proprio” della Difesa che rimane nel perimetro delle spese militari è relativa ai costi diretti, soprattutto per il personale, delle tre Forze Armate (5,95 miliardi di euro per l’Esercito; 2,3 miliardi di euro per la Marina; 2,87 miliardi di euro per l’Aeronautica). Aggiungendo anche la quota prima calcolata per i Carabinieri impiegati nelle missioni all’estero si arriva ad un totale del personale operativo effettivo di 11,7 miliardi di euro. Il totale delle voci non operative, ma più di natura gestionale centrale e politica, è invece di 2,6 miliardi di euro così suddivisi: 1,3 miliardi di euro per lo Stato Maggiore della Difesa, poco più di 50 milioni di euro per il Gabinetto del ministro, 745 milioni di euro per gli uffici amministrativi e di bilancio della Difesa (216 milioni dei quali riferiti a trasferimenti correnti verso l’estero per somme dovute in particolare per obblighi NATO) e circa 506 milioni di euro per costi di altra natura (trattamento di ausiliaria, indennità varie, rifornimenti, servitù). Infine, nel “bilancio proprio” della Difesa proprio una quota sempre più rilevante (letteralmente esplosa negli ultimi anni e principale responsabile degli aumenti prima descritti) è quella relativa agli investimenti per nuovi sistemi d’arma. Per la prima volta nello stato previsionale per il 2025 tale cifra è spezzata in due tronconi a seguito della separazione tra Segretariato generale della Difesa e Direzione nazionale Armamenti voluta dal ministro Crosetto, che ha richiesto la creazione di un nuovo Programma contabile (1.10 “Pianificazione dei programmi di ammodernamento e rinnovamento degli armamenti, ricerca, innovazione tecnologica, sperimentazione e procurement militare”) nell’ambito della Missione 1. Sommando a tale voce – che vale da sola 2,6 miliardi di euro di cui poco meno di 2,3 direttamente legati ad acquisizioni dirette di materiali e sistemi per lo strumento militare – quella di 7,1 miliardi (6,7 per acquisizioni dirette) relativa al programma 1.5 (Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari ed infrastrutturali) legato a SegreDifesa si deriva una quota totale di fondi a disposizione diretta della Difesa per i programmi di acquisto di nuovi sistemi d’armamento di oltre 9,7 miliardi di euro. Ma per valutare in maniera complessiva i fondi destinati all’investimento e al procurement militare occorre effettuare una delle aggiunte alla spesa militare extra bilancio della Difesa: quella relativa ai fondi del ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex ministero dello Sviluppo Economico). Nel bilancio di tale ministero è infatti presente un intero Programma (1.9 “Interventi in materia di difesa nazionale” pari a circa 2,9 miliardi di euro) ed un capitolo inserito in un altro Programma (il 7423 Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia” dell’1.8, pari a circa 330 milioni di euro) che portano il totale globale delle spese per la realizzazione dei programmi armamenti previste nel 2025 ad un record storico che sfiora i 13 miliardi di euro (12.983 milioni per la precisione). Anche per questo rilevante aspetto specifico la portata della continua e significativa crescita si può valutare con dati in prospettiva storica: i costi complessivi per gli investimenti in nuovi armamenti erano pari a 7,3 miliardi di euro nel 2021 (cinque bilanci fa) configurando dunque un balzo nel quinquennio di ben il 77%. Scorporando da questa cifra i costi relativi al personale che (nei due ministeri) gestire i programmi di procurement si ottiene un totale “puro” di investimento per armi diretto all’industria militare di 12.485 milioni di euro.


Le ultime aggiunte di fondi che permettono di arrivare al totale di spesa militare previsionale per il 2025 riguardano le spese di circa 1,21 miliardi per le missioni militari all’estero (Stima del 90% del totale del Programma: 4.1 “Missioni internazionali” della Nota di previsione MEF pari a 1.345.000.000€) e la stima di 4,5 miliardi di spesa pensionistica militare (le nostre stime precedenti erano a circa 4,25 miliardi ma sono state aumentate per effetto inflativo e a seguito di valutazioni indirette derivate dagli aggiustamenti segnalati su DPP per elaborazione Bilancio in chiave NATO a partire da Bilancio integrato).

La somma complessiva di queste voci porta ad una valutazione – secondo la metodologia Mil€x – della spesa militare italiana diretta per il 2025 a 32.023 milioni di euro, ulteriore record storico con un aumento del 12,4% rispetto al 2024 (+3,5 miliardi in un anno) e del 60% sul decennio(rispetto alla spesa valutata da Mil€x per il 2016 di 19.981 milioni di euro (a valori correnti).

Aggiungendo poi ulteriori due voci di costi indiretti (da noi stimati in qualche caso in passato, ma non che si possono anche non inserire nel totale per coerenza di confronto) legati a costi ed investimenti (dentro e fuori bilancio Difesa) per basi militari e alle quote di compartecipazione per spese di natura militare in ambito UE si potrebbe aumentare il totale complessivo di un ulteriore miliardo, giungendo quindi a superare i 33 miliardi di euro. Considerando per valida (anche se in realtà appare eccessiva) la stima del PIL previsionale 2025 presente nel NADEF ciò equivale ad un rapporto di spesa militare sul PIL dell’1,42% se consideriamo i soli costi diretti e dell’1,46 se invece si inseriscono anche gli ultimi costi indiretti segnalati. Va qui notato come le stime Mil€x si sono sempre storicamente allineate, con scostamenti tutto sommato minimi, ai ricalcoli di spesa militare che il ministero della Difesa esegue, esplicitandoli nel DPP, per organizzazioni come l’OCSE (200 milioni di differenza con Mil€x per il 2024) o istituti di ricerca come il SIPRI (600 milioni di differenza con Mil€x per il 2024) con le nostre stime sempre più conservative rispetto a quelle calcolate dal ministero stesso anche con altre metodologie.

Una grossa differenza si evidenzia invece con il conteggio effettuato per il cosiddetto “bilancio in chiave NATO” che, per quanto riguarda il dato 2024, vedeva una differenza di ben 3,8 miliardi in più per tale valutazione rispetto a quella prodotta dall’Osservatorio Mil€x. Se tale forbice dovesse mantenersi anche per il 2025, considerando l’aumento che abbiamo registrato e dettagliato a partire dalle Tabelle della Legge di bilancio, il rapporto sul PIL della spesa militare con valutazione NATO (quella che conta per l’Alleanza Atlantica come parametro per il raggiungimento del famoso 2% – non vincolante) potrebbe arrivare ad attestarsi a circa l’1,58% cioè in forte crescita (diversamente da quanto previsto nelle valutazioni esplicitate nel Documento Programmatico della Difesa).

NB In tutta questa analisi vengono tenuti in considerazione le cifre di Competenza per l’anno 2025, non quelle relative ai flussi di cassa