Égalité/In Europa le differenze salariali in gran parte non sono legate al titolo di studio. Contano di più le origini familiari e, a volte, il puro caso
Negli ultimi anni, una gran mole di studi ha indagato le cause dell’aumento della dispersione retributiva verificatosi in gran parte dei paesi occidentali e la causa principale è stata individuata nell’aumento dei differenziali salariali fra lavoratori ad alta e a bassa istruzione.
Tale aumento si sarebbe verificato a causa di un progresso tecnologico skill biased. Le nuove tecnologie informatiche, per risultare produttive, devono infatti essere utilizzate da lavoratori ad alto capitale umano. Ciò avrebbe determinato un aumento della domanda di lavoratori skilled non compensato da una corrispondente crescita dell’offerta, con una pressione al rialzo per le loro retribuzioni. Al contempo, le nuove tecnologie consentirebbero di fare a meno dei lavoratori meno qualificati e ciò, insieme alla crescente offerta di lavoratori unskilled provenienti dai paesi in via di sviluppo, contribuirebbe a comprimere i loro salari.
La diseguaglianza salariale viene dunque ricondotta alle differenti dotazioni di capitale umano dei lavoratori. La visione della diseguaglianza salariale che discende da tale interpretazione è, in una qualche misura rassicurante: la crescita delle sperequazioni dipenderebbe da aspetti meritocratici, legati alle abilità individuali. Una volta che si riuscissero a equalizzare i punti di partenza garantendo agli individui le stesse possibilità di accesso all’istruzione superiore, gli esiti di mercato dipenderebbero da abilità e produttività dei lavoratori. La soluzione di policy proposta è, dunque, semplice, poco costosa e non invasiva del funzionamento dei mercati: basterebbe favorire l’investimento in istruzione per realizzare l’eguaglianza di opportunità, favorire l’equità distributiva e sostenere la crescita economica.
Tuttavia, la visione centrata sul solo capitale umano è chiaramente smentita quando si analizza quanta parte delle diseguaglianze fra lavoratori sia effettivamente attribuibile ai differenti livelli di istruzione dei lavoratori e quanta, invece, si manifesti all’interno di gruppi di lavoratori omogenei per titoli di studio. Semplici tecniche statistiche di scomposizione consentono di misurare quanta parte della diseguaglianza sia legata a differenze medie fra lavoratori con diversa istruzione – la cosiddetta diseguaglianza “between” – e quanta, invece, alle differenze osservate all’interno di gruppi di lavoratori con lo stesso titolo di studio – la cosiddetta diseguaglianza “within”.
Da tali scomposizioni emerge che nella quasi totalità dei paesi europei solo un’esigua parte della diseguaglianza nei salari – nell’ordine del 10-15% – è attribuibile a differenze di istruzione e, dunque, oltre l’85% dei differenziali annui fra lavoratori è dovuto a differenze che si realizzano all’interno di gruppi omogenei per istruzione. Inoltre in alcuni paesi, fra cui l’Italia, la quota di diseguaglianza legata al titolo di studio si è ridotta nel corso del tempo: nel nostro paese, infatti, negli scorsi venti anni tale quota è diminuita dal 16,5% all’8,9%.
La diseguaglianza tra lavoratori con la stessa istruzione è quindi altissima e, quantomeno in Italia, crescente. Il fenomeno della diseguaglianza within sfugge alle principali analisi del mercato del lavoro, preoccupate quasi esclusivamente delle differenze “fra” gruppi di lavoratori. Tuttavia, su questo aspetto l’attenzione della letteratura economica è praticamente assente. Al contrario, nel tentativo di trovare una causa delle diseguaglianze osservate più rassicurante e più coerente con le visioni teoriche ortodosse, si attribuisce solitamente ad “abilità individuali non osservabili” la quota di diseguaglianza che non si riesce a spiegare sulla base delle determinanti standard dei salari individuali (come età, anzianità di servizio, genere, istruzione, occupazione, settore). Ciò significa che si ritiene che la diseguaglianza within tragga origine da fattori che, in vario modo, incidono esclusivamente sulle abilità e sulla produttività dei lavoratori, mentre, in realtà, tale diseguaglianza potrebbe dipendere da circostanze ben poco, o per nulla, collegate a queste, quali, ad esempio, le origini familiari, le forme contrattuali o il mero caso.
Più in generale, la diseguaglianza tra lavoratori omogenei per caratteristiche è molto diffusa e rimanda a modalità di funzionamento del mercato del lavoro che sfuggono quasi completamente alle interpretazioni teoriche più diffuse. In effetti, l’esistenza di una elevata diseguaglianza within genera il forte sospetto che il funzionamento di tale mercato sia piuttosto diverso da quello che si ipotizza nella letteratura economica, secondo cui vengono premiate sempre e soltanto efficienza, abilità e produttività dei lavoratori. Nel moderno capitalismo il mercato del lavoro, invece, potrebbe avere caratteri che ben lo distanziano da questo “ideale” valutatore delle abilità individuali. Il modo in cui le origini familiari possono condizionare le prospettive dei lavoratori, a prescindere dalla loro istruzione appare, in particolare, cruciale per capire a fondo il funzionamento del mercato del lavoro, specialmente in Italia.