Una riflessione a partire dal libro “Bruno de Finetti. Un matematico tra Utopia e Riformismo”, introdotto e curato da Giuseppe Amari
Bruno de Finetti. Un matematico tra Utopia e Riformismo, Introduzione e cura di Giuseppe Amari e Fulvia de Finetti, Ediesse, Roma, 2015
Il libro è stato presentato in varie sedi, un delle quali ha visto tra gli organizzatori l’estensore di questa recensione, che si colloca tra alcune già uscite e altre in programma, ad esempio il 4 luglio presso l’Istituto della Enciclopedia Italiana con Giuliano Amato, Massimo Bray, Massimo De Felice e Giulio Giorello. La presentazione alla quale si è fatto riferimento ha avuto luogo presso la Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma, che ha contribuito alla preparazione dell’evento insieme a: Fondazione Giuseppe Di Vittorio; Dipartimento di Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza; Dipartimento di Economia e Diritto. I partecipanti all’incontro, del quale sono in preparazione gli Atti, sono stati: il Rettore Eugenio Gaudio; Adolfo Pepe per la Fondazione Giuseppe Di Vittorio; Fabrizio Cacciafesta, Grazia Ietto Gillies, Maria Carla Galavotti, Giovanna Leone, Brunero Liseo, Felice Roberto Pizzuti, Alessandro Roncaglia, Francesco Maria Sanna e Fabio Spizzichino.
Chi scrive intende dare atto che le sue parole sono il risultato della lettura del libro oltre che di spunti raccolti nel corso di tali presentazioni; non ultimo c’è anche il ricordo di chi ha avuto la fortuna di attingere all’insegnamento di Bruno de Finetti (BdF) in varie circostanze.
Ciò è avvenuto in fasi diverse: prima di tutto nella Facoltà di Economia e Commercio (allora si chiamava così) della Sapienza, dove BdF, come professore ordinario, ha insegnato per vari anni Matematica generale e Matematica attuariale, prima del suo trasferimento alla Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali, sempre della Sapienza . Egli non era un grande comunicatore, anche perché non era dotato di un efficace timbro di voce; si correva, quindi, con ore di anticipo a prendere un posto nelle prime file dell’Aula per poter comprendere le sue parole. Ciò avveniva, naturalmente, soprattutto per il corso di Matematica generale, materia del primo anno. Allo stesso tempo egli godeva di un rispetto straordinario, perlomeno tra gli studenti più assidui, che percepivano non solo lo sforzo fisico per raggiungere con la sua voce anche gli studenti più lontani, ma il suo impegno per rendere trasparente, a volte con dei meravigliosi grafici multicolori, il percorso intellettuale da cui scaturivano i concetti fondamentali del suo insegnamento: non è un caso che il suo libro di testo, indubbiamente complesso, aveva il titolo: Matematica logico intuitiva. La percezione molto affascinante che avevo, nel vederlo in cattedra, era dello scienziato che deve misurarsi continuamente con il tentativo di spostare più avanti la frontiera della conoscenza, o meglio, usando una sua espressione fare avanzare “una scienza probabilistica in cui si deduce il probabile dal probabile”. Questa particolare tensione intellettuale che si manifestava durante le sue lezioni ebbe una verifica convincente in sede di esame, quando due dei miei colleghi, di cui avevo potuto apprezzare l’acume durante l’anno, ottennero entrambi la lode alla fine di esami che a noi spettatori potevano sembrare insoddisfacenti, mentre erano avvenuti attraverso un dialogo ad alto livello col quale BdF aveva colto la capacità di orientarsi matematicamente da parte dei candidati, a prescindere dalla completezza delle loro risposte; una dei era Grazia Ietto Gillies che ne ha dato commossa testimonianza nel suo intervento. Anche io ottenni un ottimo voto, ma al termine di un esame condotto con metodo completamente diverso da un suo assistente.
Le condizioni in cui si svolgeva il corso di Matematica attuariale, materia di terzo anno, erano completamente diverse. In questo caso avevamo l’occasione di ascoltare lo studioso che aveva ottenuto riconoscimenti anche internazionali con la sua elaborazione della teoria della probabilità soggettiva, parte del corso. Sinceramente non so quanti di noi, me compreso, furono in grado di apprezzarne tutta la potenza innovativa; almeno il sapore ci venne però trasmesso attraverso la sua applicazione sperimentale, condotta tra noi e anche tra il personale amministrativo, alle partite contenute nella mitica schedina del Totocalcio.
Sensazioni analoghe sono espresse da Pierluigi Ciocca che ricorda nel volume la sua esperienza di studente di BdF, da me condivisa, durante il corso ISRE, svoltosi a Roma presso l’Istituto di Economia della Facoltà di Giurisprudenza, diretto, come lo stesso corso, da Giuseppe Ugo Papi.
Si trattava di un tentativo di riempire in parte il vuoto allora esistente nella formazione post-laurea in Italia, che spingeva inesorabilmente i giovani laureati ad andare all’estero; erano coinvolti quasi tutti i cattedratici romani, tra i quali BdF, ma il tentativo non decollò e si esaurì in un solo anno.
Rientra in questo contesto di mancanza del dottorato di ricerca, introdotto in Italia, soltanto nel 1980, un altro tentativo, condotto in prima persona da BdF, di creare un’occasione di incontro tra illustri studiosi, stranieri ma anche italiani, e giovani aspiranti economisti soprattutto italiani, sebbene non mancassero presenze straniere. Si tratta dei corsi CIME (Centro Internazionale di Economia Matematica), tenuti nel periodo estivo di alcuni anni in varie sedi, sotto la direzione di BdF e con la partecipazione, come docenti di studiosi autorevoli, tra i quali il futuro Premio Nobel Ragnar Frisch, , Janos Kornai, , Siro Lombardini, Edmond Malinvaud, Micho Morishima, Andreas Papandreu e Luigi Pasinetti. Essi offrivano l’occasione a BdF di elaborare dei preziosi saggi, in cui egli offriva le sue riflessioni di matematico, meglio di un intellettuale matematico tra Utopia e Riformismo, non solo ai presenti perché essi furono a suo tempo pubblicati negli Atti CIME da Franco Angeli. Essi sono riprodotti nel presente volume Un matematico tra…, arricchito da: altri scritti editi di BdF, contributi di Pierluigi Ciocca, Giorgio Lunghini, Roberto Schiattarella; vari documenti, anche fotografici, introduzione e cura di Giuseppe Amari e Fulvia de Finetti.
Le incursioni di BdF nel campo dell’economia non sono state numerose, ma di una straordinaria fecondità; come ci ha ricordato Ruggero Paladini, durante una delle presentazione del volume, svoltasi alla Fondazione Basso. BdF aveva individuato una situazione di selezione avversa (“antiselezione”, secondo la sua terminologia) già nel 1938, ben prima, quindi, che nascesse quel filone teorico riguardante le asimmetrie informative, che ha portato al Nobel economisti della levatura di Akerlof e e Stiglitz. Ed ancora, in un articolo del 1952, BdF ha anticipato il contenuto essenziale del teorema di Arrow-Pratt in tema di utilità attesa.
Del resto, e in questo caso è stato Felice Roberto Pizzuti, anche lui presentatore del libro, a ricordarcelo, pure su un punto importante di teoria del finanziamento di un sistema pensionistico, BdF aveva anticipato la conclusione sull’indifferenza tra il finanziamento a capitalizzazione rispetto a quello a ripartizione, che dieci anni dopo è stato rilanciato come “ teorema o paradosso di Aaron”.
Per quanto riguarda questo libro, a me appaiono più significative le considerazioni svolte da BdF in merito all’ottimo paretiano, sul quale egli aveva concentrato l’attenzione in un illuminante articolo sin dal 1936. Secondo BdF, il grande risultato analitico raggiunto da Pareto è stato, in un certo senso impoverito dall’uso che ne è stato fatto per avvalorare le proprietà di un’economia capitalistica, basata sull’operare di un sistema di prezzi monetari. Intanto non si può considerare irrilevante, secondo BdF, l’esistenza di un’infinità di ottimi, molti dei quali possono essere definiti “non buoni” se valutati secondo un qualche criterio di equità; ma più importante è la convinzione, adeguatamente argomentata da BdF, che l’impostazione paretiana possa essere generalizzata per guidare le scelte di economie ispirate a visioni non individualiste del sistema economico, come quelle socialiste, comuniste o corporative. La logica ottimizzante di Pareto può guidare, infatti, l’operato dei responsabili della politica economica che , come scriveva allora BdF , vogliano prendere in considerazione, “oltre gli individui singoli colle loro ofelimità, anche la nazione, la società, con quegli interessi generali che non si riducono a interessi di parte o tutti i suoi componenti attuali, ma riguardano, ad esempio, le generazioni future”.
Nel saggio, contenuto nel libro, quegli spunti vengono ripresi, collocandoli in quel forte e provocatorio richiamo all’utopia che, nella “scienza economica consiste proprio nella possibilità di esaminare il funzionamento di sistemi immaginati”. E proprio per evitare di incappare nella riserva sulle utopie, più o meno buone come possono essere le posizioni di ottimo paretiano, nel sistema immaginato da BdF entrano i “giudizi di valore alternativi”, che riguardano la tutela dell’ambiente, l’attenzione per le risorse naturali, le tradizionali componenti dello “Stato sociale” (sicurezza, salute, istruzione, casa, trasposti). Insomma obiettivi molto concreti, raccoglibili quasi tutti sotto l’esplicito impegno di lotta alle disuguaglianze. Sono evidenti le implicazioni per la politica economica e, proprio nello snodo che unisce l’utopia di BdF con il lavoro del riformista, solitario e radicale, Federico Caffè, sta il sodalizio intellettuale tra i due, sul quale pone sagacemente l’accento Roberto Schiattarella nel suo contributo al volume. Ed è opportuno annotare che tale sintonia avveniva, quando ancora non si era fatta sentire l’onda d’urto della cultura neoliberista, con la quale ancora oggi dobbiamo fare i conti.
Non va dimenticata, infine, la succosa introduzione dei curatori del volume; in particolare a Giuseppe Amari va riconosciuto anche il merito personale di avere voluto inserire il volume nella collana “gli Erasmiani” della Ediesse, ideata e diretta da lui.. Seguendo la definizione proposta da Dahrendorf, infatti, anche alla luce di quanto ci dice di lui questo libro si può convintamente collocare BdF tra gli “intellettuali dedicati soprattutto e all’insegnamento in varie discipline, oltre che all’osservazione impegnata della realtà, dando ad essi un forte contenuto civile”
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