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Cronache dai fronti della pandemia

Il virus ad aprile si è diffuso come una schiuma e come una schiuma ha messo in evidenza assurdità e storture. Un esempio: le grandi navi da crociera hanno continuato a imbarcare migliaia di turisti in barba agli allarmi sanitari mondiali.

In queste settimane, accanto alle notizie e ai commenti anche urlati sulla diffusione dell’epidemia, sugli ammalati, sui morti, sugli aspetti tecnici del virus, sono apparsi sui giornali di tutto il mondo molte altre informazioni, magari nelle pagine interne, che fotografano la pandemia da un angolo visuale più sommesso, quasi ordinario, anche se non meno tragico; esse sottolineano spesso, in particolare, le divisioni sociali che persistono nelle nostre società. Elenchiamo di seguito alcuni dei contributi apparsi sulla stampa in proposito nei primi giorni di aprile.

Come sperimentare l’efficacia di possibili vaccini

Raccontano i giornali (vedi La Repubblica, 2020, a) che due medici francesi (omettiamo i loro nomi), dal momento che bisogna sperimentare i possibili vaccini sull’uomo  hanno proposto in televisione che lo si faccia in Africa, dato anche che si potrebbe trattare di  un modo per combattere il coronavirus in un continente dove non ci sono mascherine e medici. 

Immediata e prevedibile è stata a questo punto la reazione degli stessi soggetti interessati. Così, due glorie del calcio africane che hanno giocato in Francia, Drogba e Samuel Eto’o, hanno bocciato  ovviamente la proposta; i giornali riportano le loro affermazioni: “non siamo cavie, figli di puttana”, “l’Africa non è il vostro parco giochi”; “in Occidente razzismo e stupidità diventano una banalità”.

Parlano gli esperti

In un pezzo il cui titolo occupa la prima pagina di un quotidiano francese, Le Parisien, dei personaggi esperti in varie materie raccontano come potrà essere il mondo dopo il coronavirus (La Repubblica, 2020, b). L’iniziativa riveste sulla carta un certo interesse, anche  perché cerca di rispondere ad una domanda che tutti ci facciamo. Ma c’è un piccolo problema: tutti gli intervistati dal quotidiano sono bianchi e maschi.

Il virus è veramente egualitario? 

Ci raccontano che il virus è egualitario, che esso può infettare bianchi e neri, poveri e ricchi, in egual misura. Questa affermazione sembrerebbe quasi un’ovvietà, ma da molti punti di vista essa appare profondamente fuorviante.  Un giornalista del New York Times (Blow, 2020) ci ricorda che in realtà la maggiore o minore vulnerabilità al virus è anche legata alla povertà e al colore della pelle. In una contea nell’area di Chicago, riferisce il giornale, i residenti neri rappresentano il 23% della popolazione, ma i morti neri da coronavirus sono il 58% del totale. A sua volta in una contea del Wisconsin i neri sono il 26% della popolazione, ma i morti neri da coronavirus sono invece l’81% del totale. E si potrebbero fare molti altri esempi. 

Stare a casa è un privilegio, il distanziamento sociale è un privilegio. Solo un lavoratore nero su cinque e un lavoratore ispanico su sei possono lavorare da casa. Se vanno al lavoro, molti di essi poi devono utilizzare un trasporto pubblico molto affollato, con le conseguenze del caso.

A sua volta uno studio britannico ( Agyemang, 2020) mostra che sono i giovani, le donne e i poveri ad essere più colpiti dal coronavirus; in effetti, si afferma, nel testo citato, che tali categorie di persone sono più presenti nei settori che stanno soffrendo di più per il coronavirus.  Così, le donne hanno un terzo in più di probabilità rispetto agli uomini di lavorare in un’attività in difficoltà; i giovani si trovano ancora di più esposti, dal momento che essi hanno una probabilità più alta di due volte e mezza rispetto agli altri impiegati di lavorare in un settore di quelli più colpiti, mentre  ancora peggio vanno le cose per i lavoratori a basso reddito, che hanno una probabilità sette volte maggiore di quelli a remunerazione elevata di lavorare in un comparto in difficoltà.

Alla fine, quindi, la cosa migliore è essere bianco, maschio, di età adulta ma non anziano, lavorare come manager nel settore dell’economia digitale, magari in un paese occidentale; quella peggiore è essere donna, nera o ispanica, giovane, lavorare in mansioni subordinate ad esempio in una azienda nel settore del turismo o delle pulizie.

I  problemi dell’essere nero in America

Come riferisce un articolo pubblicato sul Guardian (Thomas, 2020), i neri Usa sono abituati a dover stare sempre attenti a molte cose, a dove andare, a come vestirsi, a come atteggiarsi, a cosa dire, in un paese in cui regnano l’odio e la bigotteria.  Più in generale nel paese la situazione per le minoranze sta peggiorando; così, come è noto, vi è stato, con il coronavirus,  un aumento delle discriminazioni anche contro gli asiatici. Le donne e gli uomini neri sono in America normalmente uccisi per le ragioni più futili, racconta l’articolo, un bambino perché portava un fucile giocattolo, un uomo mentre comprava una pistola ad aria compressa in un negozio e così via.

Così un giornalista nero (sempre Thomas, 2020) dichiara che non indosserà la mascherina di protezione come suggerito dai medici, perché egli non potrebbe entrare in un negozio di alimentari senza dover spiegare in tutti i modi le ragioni della sua presenza e i suoi scopi. E magari senza che qualcuno gli spari addosso. 

 Le proteste del personale sanitario francese

Tutte le sere, alle ore 20, come ci informa il Courrier International riprendendo un articolo apparso su di un giornale tedesco (Courrier International, 2020, a) i francesi applaudono dai balconi, indirizzando tale manifestazione di solidarietà al personale degli ospedali pubblici che lotta contro il virus. Ma gli eroi e le eroine devono certamente provare una certa amarezza in proposito, a parte il grande rischio di contrarre la malattia e anche di morirne.  Erano in effetti dei mesi che il personale sanitario scioperava e manifestava per le strade contro le penurie ospedaliere e contro il degrado delle loro condizioni di lavoro, in particolare nei pronto-soccorso. Ma nessuno nel governo li ascoltava.  Adesso tutti ci amano, dice un medico. Tutti portano dei dolci, delle pizze, delle crêpes. Pochi offrono in regalo delle mascherine, oggetti di cui   il personale manca.

Le cliniche dei poveri

In America, come del resto altrove, ci sono delle cliniche non profit che, come ci racconta un articolo apparso sul New York Times (Johnson, Goodnough, 2020), oltre a fornire dei servizi a pagamento, si occupano dei poveri;  curano cioè gratuitamente le malattie croniche in zone e quartieri lontani e nascosti, che la gran parte degli americani non vedono mai. Il sistema fu a suo tempo creato negli anni sessanta del Novecento ed oggi esso cura normalmente circa 30 milioni di persone, circa il 70% delle quali vive in povertà. 

Grazie alle provvidenze dell’era Obama che hanno aumentato i sussidi a tali organizzazioni, oltre ai servizi a pagamento che esse forniscono normalmente ai clienti,  per alcuni anni le cliniche hanno goduto di buona salute. Ma ora, proprio quando con la crisi il numero di quelli che richiedono i loro servizi va aumentando,  le entrate esterne si vanno prosciugando: si fanno molti meno check-up ed esami medici di routine a pagamento e le difficoltà finanziarie aumentano. 

Così, tra l’altro, sono cominciati i licenziamenti e si teme che tutto il sistema possa collassare, anche perché molti dei medici che lavoravano in tali organizzazioni sono ora impegnati altrove, a salvare la vita dei malati di coronavirus. Nessuno a Washington sembra curarsi del problema.

Le crociere incredibili

Mentre il mondo è in quarantena per la pandemia, mentre le imprese non lavorano più e i morti crescono di molte  migliaia di unità ogni giorno, va certamente, in un certo senso, ammirata la fermezza dei passeggeri delle crociere nonché delle imprese proprietarie e organizzatrici della stesse. Ancora ai primi di aprile, come ci informa il Financial Times (Braithwaithe, 2020),  si scopriva in effetti che c’erano parecchie  navi da crociera che andavano in giro per il mondo piene di passeggeri ( alcuni piroscafi hanno visto i posti occupati al 90%),  i quali, stesi sul ponte, prendevano il sole e bevevano esotici cocktail, almeno sino a quando le navi sono state costrette a chiedere un porto di sbarco perché avevano dei malati a bordo.

Si scopre anche (McCormick ed altri, 2020) che gli operatori del settore si sono giustificati della cosa dicendo di essere stati presi di sorpresa, mentre in realtà   ancora a metà marzo essi promuovevano le loro crociere, dopo  che già ai primi di febbraio si erano verificati i primi casi di contagio sulle navi e anche dopo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva dichiarato ufficialmente lo scoppio della pandemia.  Ma chi è questa gente, in che mondo vive e come ha potuto imbarcarsi su di una nave in queste settimane e con quale coraggio le società di navigazione hanno poi fatto partire le stesse mentre i vari paesi hanno permesso che lo facessero?

La distruzione  degli accampamenti dei senzatetto 

La città di Seattle ha perseguito, negli ultimi anni, una politica di distruzione sistematica degli accampamenti dei senzatetto, come ci informa The Nation (Dae Shik Kim, Guy Oron, 2020). La cosa ha riguardato negli ultimi anni in città circa 11.000 persone. La faccenda sta ora diventando ancora più tragica con lo scoppio del virus.  In piena epidemia c’è stata, in effetti, l’ennesima distruzione delle bidonville e di tutto il loro contenuto e il collocamento dei pazienti all’aria aperta nel parcheggio di un impianto sportivo.

Abbiamo bisogno dei letti

Sui giornali è apparsa la notizia che, per le paure suscitate dalla pandemia, nel mese di marzo del 2020 gli americani hanno acquistato altri due milioni di armi da fuoco. Il New York Times (Kaufman, 2020) riporta a tale proposito le dichiarazioni di una dottoressa di Filadelfia. 

I dottori come me, essa afferma, stanno cercando di lottare contro la pandemia. Ma migliaia di famiglie in America sono già da tempo intrappolate in un’altra epidemia, quella delle armi da fuoco. Ogni anno 120.000 persone sono ferite o uccise per colpi di armi da fuoco. Sempre ogni anno circa 80.000 persone visitano il dipartimento delle emergenze sanitarie sempre a seguito di ferite da arma da fuoco.  “Noi”, dice la dottoressa, “avremmo bisogno di letti, di ventilatori e di personale per curare gli ammalati da virus; ma dobbiamo contendere le risorse per loro con quelle per le vittime degli spari. Ci sono stati 120 episodi in proposito a Filadelfia nell’ultimo mese mentre cresceva il numero degli infettati da virus; non sappiamo più come fare”. Altre città come Baltimora hanno lo stesso problema. Con lo scoppio dell’epidemia le sparatorie non sono purtroppo rallentate. “Per favore, smettetela di sparare”, dice la dottoressa, “abbiamo bisogno dei letti per curare l’epidemia!”.

E’ colpa del 5G

Nelle scorse settimane, come ci informa il Courrier International (Courrier International, 2020, b), si è diffusa sulle reti sociali, Facebook, Twitter, You Tube, la falsa informazione secondo la quale sono le antenne del 5G a facilitare la propagazione della malattia. Secondo questa diceria, il coronavirus sarebbe apparso a Wuhan perché la città è stata tra le prime ad installare una rete 5G, mentre il virus si starebbe propagando in altri grandi agglomerati del mondo perché esse, a loro volta, hanno cominciato ad utilizzare il 5G. Così, in Gran Bretagna una ventina di antenne-relais sono state incendiate in alcune grandi città del regno, a Birmingham, Belfast, Manchester, Liverpool. Sono dovuti intervenire i pompieri e i servizi di manutenzione delle società di telecomunicazione per porre rimedio ai guasti.

Le rimesse degli emigrati

Secondo i dati della Banca Mondiale, come scrive il Corriere della Sera (Corriere della Sera, 2020), le rimesse dei lavoratori migranti alle loro famiglie nei paesi di origine valgono all’incirca, secondo gli ultimi dati, circa 529 miliardi di dollari all’anno, senza contare poi quelle che non passano per i canali ufficiali e che dovrebbero ammontare a qualche centinaia di miliardi ulteriori. Le rimesse ufficiali dall’Italia si aggirano ogni anno intorno ai 7 miliardi di dollari. 

In molti paesi emergenti questi arrivi di denaro da parte di concittadini superano l’ammontare degli investimenti esteri e degli aiuti che arrivano dall’estero ed essi  rappresentano una fonte importante di risorse per sostenere l’economia e la società, nonché le finanze degli Stati, come è anche indicato in diversi studi appositi.  Ora sta purtroppo succedendo che con il coronavirus le entrate dei migranti si vanno drasticamente riducendo e così anche gli invii nei paesi di origine degli stessi, paesi che soffriranno quindi anche da questo punto di vista, proprio in un momento in cui avrebbero invece bisogno di maggiori risorse finanziarie per combattere il morbo. 

Chi muore in Gran Bretagna

Sino al 7 aprile nella lotta contro il coronavirus sono morti in Gran Bretagna otto dottori (Mueller, 2020); potrebbe sembrare strano che essi siano tutti immigrati. Ma il punto è che i giovani che vengono dai paesi dell’ex-impero britannico e che studiano nelle università inglesi sono esclusi dalle discipline più prestigiose e sono di solito inviati poi negli ospedali peggiori, dove il coronavirus impazza.  Tra l’altro, i medici dell’ex-impero devono pagare ogni anno migliaia di sterline per il rinnovo del loro visto di soggiorno e altre 500 sterline per usufruire dei servizi sanitari nell’area in cui lavorano.

Anche la simpatia per i differenti partiti conta 

Riferisce l’Economist (The Economist, 2020) che negli Stati Uniti in tutti gli Stati in cui con il coronavirus si sono ridotti i viaggi delle persone di più del 44% rispetto alla situazione precedente, sono tutti a maggioranza democratica, mentre per quanto riguarda i 25 Stati che hanno ridotto i viaggi del 29% o meno, tutti tranne tre sono a maggioranza repubblicana. Una situazione simile si riscontra anche a livello delle singole contee. Così i democratici sembrano prendere la crisi più seriamente dei repubblicani, commenta il giornale.

Testi citati nell’articolo

-Agyemang E., Women and young people bear brunt of business shutdown, www.ft.com, 7 aprile 2020

-Blow C. M., Social distancing is a privilege, www.nytimes, 5 aprile 2020  

-Braithwaithe T., Some holidaymakers can’t wait for their next cruise, www.ft.com, 3 aprile 2020

Corriere della Sera, Calano le rimesse verso i paesi poveri, 8 aprile 2020

Courrier International, Vu d’Allemagne. Dans les hopitaux d’Ile-de-France l’amertume s’installe, www.courrierinternational.com, 5 aprile 2020, a

Courrier International, Complot. Au Royaume-Uni, des antennes 5G vandalisées sur fond de rumeurs liées au coronavirus, www.courrierinternational.com, 6 aprile 2020, b

-Johnson K., Goodnough A., Just when they’re needed most, clinics for the poor face drastic cutbacks, www.tnytimes.com, 4 aprile 2020

-Kaufman E., Please, stop shooting, we need the beds, www.nytimes.com, 1 aprile 2020

La Repubblica, Coronavirus, furia Drogba e Eto’o, 3 aprile 2020, a

La Repubblica, Francia, gaffe del quotidiano Le Parisien, 6 aprile 2020, b 

-McCormick E. ed altri, 6000 passengers on cruise ship despite coronavirus crisis, www.theguardian.com, 9 aprile 2020

-Mueller B., Eight doctors died from the coronavirus. All were immigrants, www.nytimes.com, 8 aprile 2020

-Shik Kim D., Oron G., Seattle destroyed homeless encampments as the pandemic raged, www.thenation.com, 2 aprile 2020

The Economist, Movement Republicans, 4 aprile 2020

-Thomas A., I’m a black man in America. Entering a shop with a face mask might get me killed, www.theguardian,com, 7 aprile 2020