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Come possiamo liberare il lavoro

“Oggi c’è una crisi di democrazia anche per il modello di comando che esiste nei luoghi di lavoro”, ha detto Maurizio Landini al convegno su Rossana Rossana (di cui ripubblichiamo qui un testo) all’università Roma 3 presentando i referendum contro il Jobs Act.

Un sospetto è stato sollevato sulla necessità, che io affermo, di un momento sintetico, di un “progetto” politico per “liberare il lavoro”. Non sarebbe in contraddizione con l’altrettanto affermata e ormai riducibile diversità e specificità degli atteggiamenti della persona verso il lavoro e i lavoratori?e soprattutto con le tesi che questa diversità e specificità è in assoluto una forma matura e positiva? E poi, questo progetto stesso di liberazione del lavoro che cosa vuol dire? Mario Vegetti, criticandolo, ha detto: “In fondo, la sola cosa di cui io riesco a pensare che il lavoro possa essere liberato, è il profitto”. 

Bene, lo penso anch’io e quel titolo del convegno questo vuol dire. Solo questo. Ma non è così poco, per chi veda la storia non solo in termini di millenni ma in quel periodo, certo relativamente breve, in cui nasce il lavoro salariato. Il capitalismo è una modesta fase della storia, lo sfruttamento anche, l’alienazione specifica del lavoro operaio anche (una quota di alienazione nel lavoro c’è sempre). Ma questa piccola cosa che è liberare il lavoro dal profitto, cioè dal sistema capitalistico di produzione e dal suo stato, è il punto centrale dello scontro di questo secolo. 

Ora questa sia pur parziale “liberazione” non può avvenire, a mio avviso, senza un progetto di trasformazione non meno ma più radicale di quello delle rivoluzioni politiche finora avvenute; che hanno affrontato precipuamente la presa del potere “politico”, cioè la sostituzione della classe dominante, senza poter o voler affrontare la questione della dominazione capitalistica come continua a darsi quando sia abolita la proprietà privata dei mezzi di produzione. Nelle “nuove” culture sul lavoro e sul rifiuto del lavoro urge, ormai a livello di massa, un rivoluzionamento che vada fino in fondo in questa direzione. 

Non credo che questo rivoluzionamento possa avvenire semplicemente invertendo i termini classici dati: poiché la rivoluzione politica non basta, facciamone a meno. Che possa darsi a prescindere cioè da un rovesciamento del sistema strutturale e politico su cui si fonda la classe dominante, attraverso una “liberazione” individuale o di gruppo, rivoluzioni private o nell’unità produttiva che vivrebbe comunisticamente nel grande mare del mercato o sotto ali di multinazionali troppo grosse per vederla. Né credo a una liberazione del lavoro attraverso la pura e semplice appropriazione del prodotto, che qualcuno dovrebbe sempre apprestare – giacché non siamo già ai prodigi d’una tecnica autosufficiente, né a un mondo liberato dai bisogni della sussistenza. Siamo in un’Europa piena di turchi, arabi, jugoslavi tutti “produttivi” nelle zone basse del ciclo, che tenderà anche a trasferirle interamente in sub-continenti. Possiamo pensare di appropriarci comunisticamente di lavoro altrui?

Affrontare questi processi implica dunque una progettualità, come capacità di conoscenza e di sintesi, una mobilitazione e, ahimè, un’organizzazione più grande, non minore. È mia profonda persuasione che chi rede di eludere questo problema inconsapevolmente compone, nei punti alti e  perché gli è concesso, ( o apparentemente concesso) il tempo e il modo, con il sistema. È anche mia profonda persuasione che una “sintesi” non avverrà senza un rapporto assolutamente nuovo con la ricchezza dell’esperienza individuale e di gruppo, non esistendo più masse gregarie, ma masse di individui, uomini, donne, fortemente connotati. Qui è il valore decisivo delle specifiche soggettività: e quel che, forse approssimativamente, chiamo “progetto” non è la loro semplice addizione, il mosaico dei molti frammenti. 

Questo è il testo delle conclusioni di Rossana Rossanda al convegno del quotidiano il manifesto “Liberare il lavoro o liberarsi dal lavoro?” che si è tenuto il 31 ottobre-2 novembre 1980 a Milano. 

Nella prossima primavera voteremo in quattro referendum promossi dalla Cgil (più un quinto per il diritto più celere alla cittadinanza) contro la precarietà e il degrado del lavoro. Il voto punta a cancellare le misure più gravi introdotte dieci anni fa dal Jobs Act, voluto dal governo di Matteo Renzi. Contro le politiche del governo, Sbilanciamoci! ha pubblicato nel 2015 l’ebook “Workers Act. Le politiche per chi lavora e per chi vorrebbe lavorare” (scaricabile qui) e Rossana Rossanda ne firmò la prefazione. Il libro è stato ripubblicato in occasione del convegno “Liberare il lavoro. Rossana Rossanda e le questioni del lavoro, ieri e oggi” che si è tenuto mercoledi 29 gennaio, all’Università Roma Tre, organizzato da Fondazione Di Vittorio, Cgil Roma Lazio, Iress Lazio, Sbilanciamoci! e Comitato per il centenario della nascita di Rossana Rossanda. Il video della registrazione dell’incontro è disponbile sul sito della Fondazione Di Vittorio (clicca qui) e su rossanarossanda.it.

Gli articoli di Rossana Rossanda scritti per Sbilanciamoci! tra il 2011 e il 2019 sono raccolti nell’ebook “Promemoria” (scaricabile qui). Tra le iniziative per il centenario della nascita di Rossana Rossanda c’è la mostra fotografica, aperta fino al 16 febbraio, presso la Casa delle donne a Roma dal titolo “Rossana Rossanda. La ragazza del Novecento” promossa da Casa Internazionale delle Donne Roma, Iveser, il Manifesto quotidiano comunista, Comitato per il centenario della nascita di Rossana Rossanda, Archivia.

Alla mostra si affiancheranno due altri appuntamenti dedicati alla figura di Rossana Rossanda, che si terranno sempre alla Casa internazionale delle donne, Via della Lungara 19 Roma, sabato 1 febbraio alle 17 su Rossanda e il femminismo, dal titolo Noi, le altre, con Simona Bonsignori, Lidia Campagnano, Michela Cicculli, Carlotta Cossutta, Alisa Del Re, Vinzia Fiorino, Chiara Giorgi, Ludovica Jaus, Alessandra Pigliaru, incontro coordinato da Maria Palazzesi. Il secondo appuntamento sarà invece il 12 febbraio alle 17 e 30 su Rossanda, la politica e il giornalismo con Maria Luisa Boccia, Luciana Castellina, Ida Dominijanni, Gabriele Polo, la tavola rotonda sarà coordinata da Chiara Giorgi.