Il crollo di febbraio è enormemente maggiore rispetto a quello dell’altra influenza, e superiore anche a quello dello scoppio della bolla dei subprime. Da “Internazionale”.
Tre parole: “exceptionally bad times”. Chissà se gli estensori del patto di stabilità che regola i bilanci europei avevano previsto tutto questo. Fatto sta che quelle tre parole – tempi eccezionalmente brutti –, ricordate da una nota dell’ufficio parlamentare di bilancio, si adattano perfettamente allo choc all’economia che il nuovo coronavirus sta diffondendo in tutto il mondo globalizzato. Lo tsunami del coronavirus sull’economia è già arrivato, e l’Italia, il paese più indebitato della Ue, è in prima linea nella sperimentazione di quella clausola che apre il lucchetto dei deficit pubblici, sospendendo l’obbligo di rispettare il percorso di aggiustamento al quale sono tenuti i paesi che, come il nostro, sono fuori dai parametri Ue di finanza pubblica.
Lo stanziamento iniziale (sei miliardi, lo 0,3 per cento del pil, al quale la Commissione europea aveva già dato il via libera) è in poche ore salito a 25 miliardi. La stessa cifra menzionata dalla presidente della Commissione europea come fondo di emergenza per gli aiuti al sistema sanitario e alle imprese dei paesi che saranno colpiti.