La spesa militare russa è passata dai 23 miliardi di dollari del 2000 ai 67 del 2020: 10 volte quella dell’Ucraina, ma un undicesimo di quella statunitense. Gli Usa hanno conquistato nuovi mercati ai danni di Mosca. E dopo 50 anni l’ipotesi di una escalation nucleare è diventata più concreta.
Autori Sezioni: Maurizio Simoncelli
Per pace e clima ripartire dalla proposta dei premi Nobel
Spese militari in forte aumento, nuovi sistemi d’arma basati sull’Intelligenza artificiale, crescenti tensioni, caratterizzano questa seconda guerra fredda. La società civile non è insensibile a fermare la geopolitica del caos, lo dimostra la proposta dei premi Nobel. Ma deve fare più pressione sulla politica, anche in Italia.
Rilanciamo il disarmo nucleare
Il summit a Madrid dell’Iniziativa di Stoccolma ha rilanciato a luglio l’obiettivo mondiale del disarmo nucleare e rilanciato il Trattato di non proliferazione, ma il processo nei fatti langue. E ci sono segnali in controtendenza da Londra, da Pechino, mentre viene rimandata la ripresa del negoziato Usa-Iran.
Spese militari, lobby delle armi e Pnrr
Nell’anno della pandemia e del collasso di vari sistemi sanitari la spesa militare ha continuato a crescere nel mondo al ritmo del 2,6%. In Italia quest’anno sfiora i 25 miliardi, con incremento dell’8,1%, primo committente l’Egitto di al Sisi. Stanziamenti ancora poco precisati nel Pnrr.
Eliminare le atomiche dall’Italia si può
L’Italia è uno dei paesi che ospita più bombe atomiche B1, nelle basi di Aviano e Ghedi. Il network Rete Pace e disarmo promuove la campagna “Italia ripensaci” perché aderisca al nuovo trattato anti atomico in vigore dal 22 gennaio. Mentre si fanno strada le Nuclear Weapon Free Zones.
Le armi italiane in Turchia contro i curdi
Anche se gli Stati Uniti non vogliono più vendere gli F35 alla Turchia, a causa dell’acquisto dei sistemi missilistici russi, Erdogan spadroneggia in Medioriente come membro della Nato, a scapito dei curdi. Ed è il terzo partner armiero italiano.
Armi italiane non solo in Yemen
L’Italia ha firmato una cinquantina di accordi di cooperazione militare bilaterale anche con Paesi non Nato o non Ue, alcuni in guerra o che non rispettano i diritti umani. Così si facilita l’export di armi aggirando la normativa 185.