Top menu

All’alba della nuova era trumpiana

Riflessioni a caldo sulla vittoria di Trump da Baltimora, Maryland, dietro uno dei pezzetti di muro democratico non ancora crollati. E dove gli elettori repubblicani, molto impoveriti, hanno paura soprattutto di una nuova recessione.

Il sole filtra dalle tende e sembra una mattinata calda e tranquilla in Maryland, senza nessuna tempesta all’orizzonte, neanche politica. Invece è il giorno dopo l’Election Day che ha riportato Trump alla presidenza. In effetti fa molto caldo, molto più caldo di quello che dovrebbe essere a novembre. Si sta in maniche corte mentre si fanno programmi per Natale. Pare non sia colpa del cambiamento climatico, anzi dicono che il cambiamento climatico non ci sia proprio, solo un incubo o un anatema delle lobby democratiche. E così per non turbare tutta questa quiete bevendo il primo caffè la televisione resta senza audio. Peccato che anche così la mappa degli States appaia tutta rossa, solo con qualche macchia azzurra qui e là sulle coste. Ci troviamo dentro una di quelle macchie ma non è proprio rincuorante. Andando a dormire si pensava di aver tempo fino a sabato per avere risultati certi, invece col sole del mattino è tutto inequivocabile, ha vinto The Donald, ha vinto a valanga. Tutta l’America è rossa, almeno quella che conta, quella con il maggior numero di grandi elettori, e il voto popolare non è andato meglio. A gennaio si insedierà il governo 2.0 di Trump, il “leader risorto”.  Sembrava impossibile che un uomo travolto dagli scandali e che ha commesso anche solo negli ultimi dieci giorni una gaffe dietro l’altra (per citarne una, mimando una fellatio al microfono durante un comizio o facendo un balletto perché non sapeva più cosa dire in un’altra occasione). La terra delle opportunità è diventata questa cosa qui. Cosa non avevamo capito? Eppure i film di Hollywood ultimamente erano molto cambiati, ce lo avevano detto che il sogno americano non esiste più, niente happy end.

Nei quartieri “bene” di Baltimora, dove vivono per lo più bianchi anziani ricchi – tra cui anche molti “italiani” di prima, seconda, terza generazione – era chiara la maggioranza di preferenze per Trump a contare i cartelli elettorali esposti tra le siepi. Qui The Donald non appare affatto un personaggio inquietante e impresentabile ma un politico “indipendente”, patriottico, addirittura rassicurante. I democratici sono incolpati di essere i responsabili della crisi economica e contemporaneamente dei “comunisti” cioè in pratica dei terroristi. Chi vota democratico preferisce non esporsi, perché magari poco convinto e soprattutto per non essere trascinato in discorsi deliranti. La base che ha sostenuto il Tycoon nel 2016 è quella ma stavolta si sono aggiunti altri pezzi di elettorato.

Perché questa volta Donald Trump ha vinto nell’ombra di Elon Musk, capo ricchissimo di un importante canale di comunicazione, di un certo tipo di comunicazione, che ha permesso di diffondere ogni tipo di notizia con limitati controlli anche riguardo alle fake news. Trump ha vinto tra i maschi bianchi non laureati, si dice, ma ha conquistato consensi anche tra gli scolarizzati e i professionisti, la classe media impoverita, e persino tra gli ispanici insultati a più riprese. Questo è curioso. Trump ha vinto contro le donne, non solo perché le donne conservatrici, soprattutto un certo tipo di donne conservatrici, lo hanno appoggiato, ma soprattutto perché per la seconda volta di fila Trump ha dovuto confrontarsi contro una donna, questa volta una “colored”, una indogiamaicana d’origine, cioè un misto tra Barack Obama e Hillary Clinton. Era parecchio preparato.

La sua vittoria vuol dire che tutti gli americani sono misogini? No. Molti americani prendono solo quello che vogliono dei proclami di Trump: c’è a chi piace perché considerato indipendente e fuori dalle lobby, c’è chi crede davvero che farà l’interesse solo degli americani con un sano protezionismo, e chi crede che con lui tutti i soldati spediti per il mondo a “mantenere la democrazia” torneranno a casa. C’è chi lo ha votato perché con lui il diritto a possedere un’arma, e ad usarla, sarà salvo.

Una delle promesse che ha fatto e a cui tutti vogliono credere, è quella di riportare il benessere economico, perché qui negli Stati Uniti negli ultimi anni, soprattutto dopo il Covid, il costo della vita è diventato insostenibile. Anche solo vivere, comprare da mangiare e curarsi è un privilegio per pochi. Un semplice elettriocardiogramma costa fino a 400 dollari, medicine salvavita centinaia di dollari, si è costretti a continuare a lavorare per pagare le assicurazioni anche se si è malati e anziani. Una medicina per una malattia cronica della tiroide che in Italia costa 2 euro con la ricetta e 12 senza, qui mi costa 75 dollari con contributo del 50% dell’assicurazione (senza assicurazione costerebbe 150 dollari), e anche con le assicurazioni i primi 3.500 dollari di spese sanitarie annuali non sono coperte.

Esiste un generalizzato e progressivo deterioramento della salute generale delle persone. Nei supermercati, accanto ai normali carrelli della spesa ce ne sono altrettanti motorizzati per le persone con mobilità ridotta, che sono per lo più obesi. Non si fa niente a piedi perché non ci sono i marciapiedi, anche ritirare i soldi al bancomat si fa comodamente seduti nella propria auto passando nei “drive thru” appositi. Così si è più sicuri. E comodi. Quando i soldi scarseggiano non importa se in quello che mangi ci sono veleni, coloranti e grassi idrogenati a dismisura. L’imperativo d’altra parte è vendere. Anche al ristorante vista la mancia a percentuale i camerieri cercheranno in tutti i modi di promuovere i piatti più cari: senza quel 20% la paga base è solo 5 dollari l’ora.

Magari i camerieri sono stranieri e vengono guardati con ostilità. Non da tutti, naturalmente. Ma è più facile covare rancore da distribuire a casaccio se si studia poco, si parla poco, si pensa solo al proprio giardinetto e non ci si sposta molto da quel praticello. E si pensa che tutte le persone che vengono da fuori siano una minaccia, perché quando le cose vanno male il primo da incolpare è sempre quello che è arrivato per ultimo, quello che è un po’ meno ricco, solo un po’. Trump ha promesso la deportazione di milioni di immigrati irregolari. E i loro figli, nati in America e per diritto di Ius Soli americani, che succederà a loro? Verranno smembrate le famiglie, veramente?

Trump non appena proclamato prossimo 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America ha rinnovato la promessa di mettere fine a tutte le guerre. Il che probabilmente significa che si prodigherà a tenere l’America fuori dalle guerre, essendo un isolazionista. Musk glielo permetterà?

Sono tante le domande del giorno dopo, mentre ci si aspetta un periodo di recessione immediata, un periodo di protezionismo, l’aumento dei prezzi per tutti quanti i generi che arrivano da fuori, dall’estero. In Maryland hanno vinto i democratici, è uno Stato con maggioranza di neri e i neri sono una delle poche minoranze che non ha creduto alle parole di Trump.  Anche nella ricca, sana e atletica California hanno vinto i democratici e nello Stato di New York con la sua incredibile, carissima, metropoli: piccole bolle di luce non sono state sufficienti a rischiarare il quadro.

D’altra parte nelle riflessioni del mattino una grandissima responsabilità di questo risultato viene addossato allo stesso partito democratico che ha commesso errori strani, grossolani, o almeno di cui non si capiscono i motivi. Per esempio ritirare un candidato inadeguato troppo tardi oppure non schierasi in modo deciso su importanti questioni come i crimini commessi da Israele nella Striscia di Gaza. Molti pro-Pal si sono rifiutati di votare Kamala Harris per questo motivo. Ora Israele sarà libero di colonizzare la Striscia come nei suoi piani originari senza neanche la minima mediazione americana. Il licenziamento del ministro della Difesa Gallant a urne americane aperte è un segnale chiaro.

Nei pensieri del giorno dopo viene da ripensare al fatto che la campagna elettorale democratica ha raccolto tantissimi fondi, molti più di quella di Trump. Ed è stata appoggiata da persone del campo della cultura e dello spettacolo con grandissimi audience, e non è bastato. Forse perché non importava a chi per mangiarsi un panino deve spendere 14 dollari in un supermercato o a chi deve spendere 3 dollari al gallone per la benzina quando ne costava 1 e mezzo qualche tempo fa.

Poi c’è la questione delle armi. Chi ha votato Trump pensa che sia giusto e legittimo possedere delle armi e in caso usarle. E la gaffe finale con cui Kamala Harris si è iscritta a questo club maggioritario, non ha convinto.

Quello che è rimasto del sogno americano, oltre all’epopea delle armi come retaggio del Selvaggio West, è un grande ottimismo e una grande positività anche solo formale. Così apri la porta, un’ondata di caldo innaturale ti avvolge e “Ciao com’è stai oggi? Spero che tu abbia una buona giornata!”. Come no? Iniziata splendidamente.