Investimenti più alti, crescita più bassa. L’analisi degli indicatori fondamentali mostra i ritardi della nostra regione più sviluppata. E ci aiuta a capirne il perché
Studiare lo sviluppo economico significa analizzare l’evoluzione complessiva della società e delle sue istituzioni. Della complessità dello sviluppo troviamo traccia nella riflessione teorica economica, ma non esaurisce la conoscenza dell’oggetto.
Per sviluppo economico si può intendere “l’aumento nel lungo periodo della capacità di fornire beni economici sempre più diversificati alla sua popolazione; tale crescente capacità si fonda sullo sviluppo tecnologico e sugli aggiustamenti, sia istituzionali che ideologici, che esso rende necessari” (S. Kuznets, Lo sviluppo economico moderno: conclusioni e riflessioni in F. Caffè, Lezioni nobel di economia 1969-76, Torino, Boringhieri).
Questo aspetto è rilevante nell’analizzare realtà complesse e industrializzate come quella della Lombardia.
Un tratto caratteristico dei sistemi economici avanzati è l’accumulazione del patrimonio di conoscenze scientifiche per scopi produttivi che si manifesta con l’introduzione di nuovi prodotti e con nuovi metodi-modi di produzione in sostituzione di quelli vecchi. Un tratto caratteristico dei paesi avanzati di questi ultimi anni è il superamento della dicotomia tra nuovi prodotti e nuovi processi produttivi, almeno nell’immediato. Infatti, la possibilità di allargare il mercato ed i consumi, indipendentemente dalla distribuzione del reddito, ha consolidato la domanda di sostituzione al posto di quella incrementale. La riduzione della crescita del pil italiano per il 2009 stimata a meno 6% (-90 mld di euro), unitamente alla fine del paradigma “meccanico”, potrebbe riproporre all’attenzione dell’opinione pubblica la possibilità di riscrivere parte delle teorie economiche legate al paradigma tecnologico.
Una condizione indispensabile dello sviluppo è la presenza di un gruppo imprenditoriale in grado di recepire le conoscenze, oltre ad essere capace di avventurarsi in tentativi di applicazione su scale adeguate. Gli adeguamenti legati all’introduzione delle nuove tecniche di produzione generano innovazioni istituzionali e adeguamenti sociali.
Tale riflessione appare ancora più stringente se consideriamo che sviluppo e innovazione hanno generato profonde modificazioni nella struttura produttiva, dell’occupazione e della domanda finale dei consumatori e delle imprese. L’effetto è quello di una progressiva modificazione della struttura settoriale dell’occupazione.
Inoltre, occorre ricordare una delle osservazioni di Schumpeter: l’innovazione è destinata a diventare sempre meno incerta e sempre più il risultato dei processi di routine. Quest’ultimo punto, andando oltre la tesi della fine dell’innovazione, è importante. Oggi (dal 1985 a tutto il 2008) l’innovazione è sempre meno lasciata al caso e sempre più il frutto di un’attività programmatoria.
Utilizzando l’approccio metodologico di cui sopra possiamo “interpretare” la solidità economica e industriale della regione Lombardia. In particolare misurando la distanza tra l’Europa e la Lombardia dei principali indicatori macroeconomici e, per questa via, valutare se le politiche della Lombardia sono adeguate. In particolare se la legge n°1 del 2007 poggia su solide basi, ovvero se il sostegno alle imprese per l’innovazione e la competitività, fino al capitale di rischio, trovano una giustificazione.
L’analisi comparata della Lombardia rispetto alla media dei paesi di area euro permette di cogliere alcune dicotomie. Queste dicotomie sono “strutturali” perché fanno riferimento a un periodo sufficientemente lungo, dal 1996 al 2008.
L’aspetto che più di altri colpisce è la minore crescita del pil rispetto all’Europa di 14,8 punti di pil, nonostante gli investimenti fissi lordi siano stati più alti di 12,7 punti percentuali. Mediamente gli investimenti hanno un ruolo di moltiplicatore, con tratti persino inflazionistici, ma la minore crescita del pil suggerisce che gli investimenti lombardi hanno un tasso di produttività molto più basso della media europea.
Adottando sempre il modello di Harrod si può sostenere che la domanda implicita degli investimenti non si traduce in un effetto moltiplicare in ragione del fatto che gli investimenti, che sono la domanda delle imprese, non trovano una corrispondente offerta, determinando un effetto moltiplicatore depressivo. Cioè l’eccesso di investimento determina allo stesso tempo eccesso di capacità produttiva, una inadeguata domanda perché “i beni strumentali” sono importati e non realizzati sul territorio.
Adottando una parte dell’impostazione teorica schumpeteriana della programmazione dell’innovazione tecnologica, si può sostenere che le imprese lombarde rincorrono il target dei beni strumentali non attraverso la generazione di know how, piuttosto attraverso l’acquisto della stessa. Non a caso la spesa in ricerca e sviluppo italiana e Lombarda è coerente con la propria specializzazione, cioè il sistema necessità di poche attività in ricerca e sviluppo. Ecco perche la Lombardia non programma la ricerca e preferisce incorporarla, con una modificazione della struttura settoriale dell’occupazione per lo più modesto nel corso di questi ultimi 15 anni.
Ecco perché il tasso di produzione industriale della Lombardia rispetto alla media dei paesi euro è più basso di 14,1 punti percentuali. Se gli investimenti sono incorporati e non generati l’effetto è:
-
Una minore domanda aggregata;
-
Un tasso di utilizzo degli impianti più basso;
-
Una minore produzione industriale;
-
Un minore tasso di attività lavorativo;
-
Un eccesso di investimenti, senza che ciò generi inflazione.
La minore crescita degli investimenti previsti per l’Italia e la Lombardia potrebbero essere una opportunità, nel senso che l’investimento compensatorio (di tipo keynesiano) potrebbe dare origine a beni e servizi che anticipano la domanda ambientale ed energetica. Non si tratta di stimolare una generica domanda ambientale o energetica, piuttosto di beni e servizi per realizzare e soddisfare questa domanda.
Principali indicatori macroeconomici della Lombardia incrementi sull’anno precedente e/o dati aggregati (Banca d’Italia, Relazione annuale sulla Lombardia 2008), Eurostat, annuario statistico regione Lombardia (nostra elaborazione). |
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anno 1996 |
anno 1997 |
anno 1998 |
anno 1999 |
anno 2000 |
anno 2001 |
anno 2002 |
anno 2003 |
anno 2004 |
anno 2005 |
anno 2006 |
anno 2007 |
anno 2008 |
totale |
media annua 1995/2008 |
|
spread pil lomb. Ue |
0 |
-0,8 |
-1,1 |
-2 |
-2 |
-1 |
-0,7 |
-1,4 |
-1,6 |
-1 |
-0,6 |
-1 |
-1,6 |
-14,8 |
-1,14 |
Spread export lomb-UE |
-3,6 |
-6,5 |
-4,5 |
-6,2 |
-6,1 |
3,4 |
-2,9 |
0 |
-3,6 |
-4,7 |
1,4 |
2,6 |
-33,5 |
-2,79 |
|
Spread import lomb-UE |
-8,2 |
2,3 |
-1,5 |
-0,3 |
10,1 |
0,9 |
1,1 |
-1 |
0,3 |
-0,3 |
-0,6 |
6,6 |
-0,1 |
-0,01 |
|
Spread consumi lomb-UE |
-0,9 |
1,4 |
-0,3 |
-1,5 |
-0,3 |
-0,8 |
-0,2 |
-0,2 |
0,6 |
-0,6 |
0,2 |
0,1 |
-3,5 |
-0,29 |
|
Spread inflazione lomb-UE |
0 |
-1,6 |
-1,1 |
-1,1 |
-2,1 |
-2,3 |
-0,1 |
0,4 |
-0,1 |
-0,4 |
-0,2 |
-0,4 |
-8,6 |
0,22 |
|
Spread investimenti lomb-UE |
5,8 |
-4,8 |
-0,5 |
-1,2 |
4,8 |
2,7 |
3,1 |
-4 |
4,5 |
2 |
0 |
2,4 |
12,7 |
1,06 |
|
Spread tasso di attività lav. Lomb-UE |
-3,5 |
-4 |
-3,6 |
-3,7 |
-3,7 |
-2,8 |
-2,4 |
-2,4 |
-0,8 |
-2,8 |
-2,5 |
-2,6 |
-2,90 |
||
Spread produzione ind. Lomb-ue |
-0,5 |
-3 |
-2,3 |
-2,4 |
-1,7 |
0,1 |
-0,2 |
-0,9 |
-1,4 |
2,3 |
-0,6 |
-1,2 |
-14,1 |
-1,18 |
|
Spread utilizzo impianti lomb-ue |
-1,5 |
-4,4 |
-3,2 |
-5,7 |
-4,5 |
-5,1 |
-5,4 |
-4,5 |
-6,1 |
-3,9 |
-5,9 |
-4,60 |
|||
Elaborazione Roberto Romano |