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Il panico morale di fronte alle critiche a Israele

Nel pamphlet “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica” Donatella della Porta analizza come artisti, attivisti e intellettuali solidali con la Palestina – ebrei compresi – siano stati presi di mira e accusati di antisemitismo, in particolare in Germania, per le loro posizioni critiche di Israele.

Al Festival del Cinema di Berlino 2024 (la Berlinale) il premio per il miglior film documentario è stato assegnato a “No Other Land”, opera congiunta del regista palestinese Basel Adra e del giornalista israeliano Yuval Abraham, che esamina l’impegno comune di un cittadino palestinese e un cittadino israeliano a portare alla luce le violazioni dei diritti umani perpetrate da Israele nella Cisgiordania occupata. Durante la cerimonia di conferimento del premio, l’artista palestinese ha condannato i massacri in corso in Palestina e ha chiesto alla Germania di interrompere la fornitura di armi al governo israeliano (cosa che Paesi come Spagna, Irlanda e Portogallo si erano già impegnati a fare); l’artista israeliano ha denunciato la situazione di apartheid nel suo Paese e ha chiesto la fine dell’occupazione. 

Quasi immediatamente politici e giornalisti tedeschi li hanno accusati di antisemitismo, hanno minacciato di togliere i finanziamenti al festival e hanno invitato il ministro verde della Cultura, Claudia Roth, a dimettersi dopo che il quotidiano Bild l’aveva accusata di aver applaudito i discorsi degli artisti. Dopo aver affermato che le dichiarazioni al gala erano “scioccamente unilaterali e caratterizzate da un profondo odio verso Israele”, il suo ufficio stampa ha affermato che la ministra aveva applaudito l’artista israeliano ma non il suo coautore palestinese. In seguito alla reazione scandalizzata alle loro dichiarazioni, entrambi gli artisti hanno ricevuto minacce di morte. Come ha dichiarato Abraham al Guardian, “stare sul suolo tedesco come figlio di sopravvissuti all’Olocausto e chiedere un cessate il fuoco – e poi essere etichettato come antisemita non è solo oltraggioso, ma sta anche mettendo letteralmente in pericolo vite ebree… Non so cosa la Germania stia cercando di fare con noi”, ha aggiunto. “Se questo è il modo in cui la Germania affronta il senso di colpa per l’Olocausto, lo sta svuotando di ogni significato”. Prima dell’inizio dell’evento, alcuni artisti si erano già ritirati dal festival, denunciando quella che consideravano una nuova ondata di maccartismo. 

In un post su Instagram, il direttore del festival Carlo Chatrian e il responsabile della programmazione Mark Peranson hanno dichiarato: “Il festival di quest’anno è stato un luogo di dialogo e di scambio per dieci giorni; tuttavia, una volta che i film hanno smesso di essere proiettati, politici e media hanno praticato un’altra forma di comunicazione armando e strumentalizzando l’antisemitismo per scopi politici […] La cerimonia di premiazione di sabato 24 febbraio è stata presa di mira in modo così violento che alcune persone ora vedono la loro vita minacciata. Questo è inaccettabile”. “Siamo solidali con tutti i registi, i membri della giuria e gli altri ospiti del festival che hanno ricevuto minacce dirette o indirette, e non ci tiriamo indietro di fronte alle scelte di programmazione della Berlinale di quest’anno”.

Gli eventi legati al Festival di Berlino sono solo l’esempio più recente di una serie di campagne montate dai media e dai politici contro artisti e intellettuali progressisti, la maggior parte dei quali provenienti dal Sud globale, ma anche ebrei critici nei confronti delle azioni israeliane, accusati di violare la narrativa tedesca in quella che è stata definita una “guerra” contro l’antisemitismo (Younes 2022). In quello che viene presentato come “un lavoro in corso”, alcuni studiosi hanno creato un “Archivio del silenzio” che elenca ben 93 casi di silenziamento degli autori di dichiarazioni pro-palestinesi tra l’ottobre 2023 e il 17 febbraio 2024. Come si legge, “mentre la Germania continua ad arrestare decine di ebrei (specificamente per aver protestato contro il genocidio, come concetto e con riferimento al genocidio di Gaza), gli accademici hanno documentato in un gigantesco foglio di calcolo tutti gli oratori e studiosi cancellati in Germania tra coloro che si oppongono al genocidio”.

Un episodio drammatico di repressione politica ha colpito, il 12 aprile 2024, il “Congresso sulla Palestina – Noi accusiamo!” a Berlino, un’iniziativa che era stata organizzata come una sorta di tribunale con testimonianze sulle violazioni dei diritti umani a Gaza da parte dello Stato di Israele e il ruolo giocato dallo Stato tedesco. Dopo una lunga campagna di demonizzazione e intimidazione a livello di massa, mediatico e amministrativo, compresi i tentativi di vietare l’evento e il congelamento del conto bancario di un’associazione ebraica co-organizzatrice, circa 2500 agenti di polizia sono confluiti a Berlino per controllare i circa 800 partecipanti. L’evento è stato sciolto meno di un’ora dopo l’inizio. Il dott. Ghassan Abu-Sittah, chirurgo palestinese-britannico e rettore dell’Università di Glasgow, che doveva testimoniare sulla sua esperienza come volontario di Medici senza frontiere a Gaza, si è visto negare l’ingresso all’aeroporto di Berlino. Il divieto imposto dalla polizia berlinese di ingresso in tutti i paesi Schengen per un anno è stato poi dichiarato illegale dal tribunale di Potsdam. Anche a un altro degli oratori previsti al Congresso, Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco e segretario generale del partito paneuropeo Diem25, è stato vietato l’ingresso nel Paese e la partecipazione all’evento in videoconferenza (è in corso un processo contro la decisione). L’accampamento di protesta “Occupazione contro occupazione”, allestito davanti al Parlamento federale, è stato ripetutamente attaccato dalla polizia, che ha anche vietato l’uso di qualsiasi lingua diversa dal tedesco o dall’inglese (compresi l’arabo e l’ebraico). Una strategia di escalation è stata spesso utilizzata dalla polizia anche durante i campi studenteschi pro-palestinesi organizzati in diverse università a partire dal maggio 2024, con una criminalizzazione convergente da parte dei mass media e dei politici di partito non solo degli attivisti ma anche degli accademici che chiedevano il rispetto del diritto alla protesta e alla libertà di parola.

Questa ondata di repressione ha preso di mira soprattutto quello che è stato etichettato come “nuovo antisemitismo”, un termine che include le critiche alle politiche dello Stato di Israele, in un’azione che ha “alimentato accesi dibattiti, provocato scandalo e portato allo sconcerto generale” (Assman 2021; si veda anche Arnold 2024). Nonostante la crescente preoccupazione per le prove di antisemitismo, principalmente causate dagli attacchi dell’estrema destra, questa nuova concezione dell’antisemitismo in realtà “diffonde confusione e prende di mira gli avversari sbagliati” (Assman 2021, 406). Anche in ambito accademico sono emerse controversie tra i sostenitori della concezione tradizionale dell’antisemitismo, basata su reazioni negative nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo (Kohlsrtuck e Ullrich 2015, 18), e coloro che promuovono nuove definizioni di ciò che costituisce l’antisemitismo. Queste nuove definizioni sono spesso focalizzate sulle azioni di Israele e mancano di una connessione semantica con gli ebrei e l’ebraismo (Ullrich 2022, 2; si veda anche Ullrich 2024).

In Germania, la politicizzazione del dibattito sull’uso repressivo di una definizione specifica di antisemitismo era già diventata chiaramente visibile qualche anno prima, quando l’influente teorico politico camerunense Achille Mbembe (già insignito di diversi premi in Germania, come il Geschwister-Scholl-Award nel 2015, il Gerda-Henkel-Award e l’Ernst-Bloch-Award nel 2018) si è visto ritirare l’invito ad aprire la Ruhr-Triennale nel marzo 2020. La polemica è scoppiata allora a seguito di una lettera aperta contro Mbembe scritta dal portavoce del Partito Liberal-Democratico (Fdp) per la politica culturale, Lorenz Deutsch, a cui si sono immediatamente uniti il Commissario del Governo Federale per la Vita Ebraica in Germania e la Lotta contro l’Antisemitismo, Felix Klein, il Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania e Jürgen Kaube, caporedattore della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Il commissario ha contestato in particolare l’affermazione che Mbembe aveva fatto sostenendo che l’occupazione coloniale della Palestina era “molto più letale” dell’apartheid in Sudafrica e che l’occupazione della Palestina era il “più grande scandalo morale dei nostri tempi”. Significativamente, nonostante il sostegno espresso per Mbembe da vari studiosi, la stampa tedesca non ha guardato al lavoro scientifico che Mbembe aveva svolto sull’occupazione coloniale della Palestina (Anonimo, 2021). 

Come riassunto da Michael Rothberg, influente studioso tedesco della memoria dei crimini nazisti (2020), le accuse rivolte a Mbembe di relativizzare l’Olocausto e di promuovere una “critica antisemita a Israele” si fondavano su “una manciata di citazioni del suo lavoro che menzionavano Olocausto, apartheid e occupazione israeliana della Palestina”. Queste accuse si riducevano a estratti “brevi e decontestualizzati”, presentati in modo “tendenzioso, parziale e fuorviante” (Rothberg 2020). Il dibattito accademico innescato dal caso Mbembe ha riguardato la concezione storica della Shoah come evento unico, l’attenzione esclusiva all’antisemitismo nella memoria collettiva dei crimini nazisti e, di conseguenza, l’aver trascurato i crimini razzisti perpetrati dai nazisti contro altre vittime, nonché quelli commessi dalla Germania e da altri Stati europei più in generale attraverso il colonialismo e il razzismo. Sebbene esista un dibattito aperto sulle specificità dell’antisemitismo rispetto ad altre forme di razzismo (e persino sulla considerazione del primo come parte del secondo), le riflessioni accademiche si sono orientate verso il riconoscimento delle somiglianze tra diverse forme di razzismo, concettualizzate al plurale (Arnold e Axster 2024). In questo senso, le polemiche sugli attacchi a Mbembe sono state lette come una versione aggiornata dell’Historikerstreit della metà degli anni Ottanta, allora una “disputa sulla singolarità dell’Olocausto” contro una considerazione di destra del nazismo come reazione ai bolscevichi. Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila, la costruzione della cultura della memoria dell’Olocausto si basava sul presupposto della sua unicità. Tuttavia, questa concezione è stata messa in discussione nella nuova controversia, a causa della crescente centralità nel dibattito pubblico di temi come colonialismo, schiavitù e razzismo. Infatti, come ha notato Michael Rothberg (2020),

“Significativamente, gli anni Ottanta sono stati un momento in cui le iniziative di base hanno aperto la strada al confronto con l’eredità del nazionalsocialismo e hanno contribuito a creare quello che oggi consideriamo il “modello tedesco” di memoria e di elaborazione del passato […] Dagli anni Novanta, tuttavia, questo confronto è diventato una politica ufficiale dello Stato e ha perso le sue qualità dirompenti […] Con il consolidamento della cultura ufficiale della memoria dell’Olocausto nei due decenni successivi all’unificazione, hanno iniziato a emergere altre questioni che erano assenti dai dibattiti degli anni Ottanta. In particolare, sono emersi nuovi punti di confronto. L’accostamento tra nazismo e stalinismo rimane una questione scottante, almeno nell’Europa dell’Est, ma in altre parti del mondo, tra cui la Germania, la violenza coloniale, la schiavitù e, più in generale, il razzismo anti-nero sono ormai all’ordine del giorno nelle discussioni per fare i conti con il passato”.

Come argomenterò in seguito, questa specifica codificazione della memoria collettiva del passato nazista ha indubbiamente influenzato il processo attraverso cui la lotta all’antisemitismo, inizialmente promossa dalla società civile progressista, è stata trasformata in un apparato statale e in una struttura di potere ufficiale. Questo cambiamento l’ha resa uno strumento di razzializzazione e repressione. Tuttavia, ciò che il dibattito sulle accuse di antisemitismo rivolte a Mbembe e di razzismo ai suoi detrattori non ha esaminato sono i meccanismi attraverso i quali questa concezione dell’antisemitismo viene attuata attraverso la criminalizzazione delle opinioni dissenzienti. Per colmare questa lacuna, i recenti sviluppi negli studi sui movimenti sociali possono offrire un’utile prospettiva grazie alla loro attenzione alle dinamiche relazionali della contentious politics, come campo dinamico in cui diversi attori intervengono mobilitandosi su questioni conflittuali (della Porta e Diani 2020). In questo libro presenterò la concettualizzazione del panico morale e ne collocherò i meccanismi all’interno di un’analisi della repressione dei movimenti sociali. Presenterò poi alcuni casi che possono essere letti attraverso la categoria sociologica del panico morale, individuando gli imprenditori del panico e le loro forme di intervento, nonché gli esiti delle loro azioni. Questa ulteriore analisi aggiunge alla letteratura una riflessione sulle condizioni contestuali per lo sviluppo del panico morale in uno specifico contesto massmediale, normativo e politico. Suggerirò quindi che, nel caso tedesco in particolare, le condizioni contestuali per la diffusione del panico morale sono legate a: a) la burocratizzazione delle politiche contro l’antisemitismo, con la creazione di una burocrazia specializzata; l’adozione di una definizione semi-legale di antisemitismo attraverso lo sviluppo di una formulazione particolarmente vaga e ambigua di antisemitismo; e l’assimilazione di forme pacifiche di protesta antisionista (come il boicottaggio proposto dalla campagna Bds) come antisemite; b) lo sviluppo di opportunità politiche e culturali intorno alla definizione della sicurezza di Israele come raison d’État e la convergenza su una memoria ufficiale selettiva e formalizzata; e c) l’allineamento di buona parte della società civile e dei mass media intorno a una narrazione ufficiale.

Riferimenti bibliografici

Anonimo (2021), “Palestine Between German Memory Politics and (De-)Colonial Thought”, Journal of Genocide Research, 23 (3): 374–382. https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/14623528.2020.1847852

Arnold, Sina (2024), “Neuer Antisemitismus”, in Peter Ullrich et al (eds), Was Ist Antisemitismus?, Gottingen: Wallstein Verlag, pp. 35-38.

Arnold, Sina and Felix Axster (2024), “Antisemitismus und Rassismus”, in Peter Ullrich et al (eds), Was Ist Antisemitismus?, Gottingen: Wallstein Verlag, pp. 79-86.

Assman, Aleida (2021) “A Spectre is Haunting Germany: The Mbembe Debate and the New Antisemitism”, Journal of Genocide Research 23 (3): 400–411 https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/14623528.2020.1847861

Della Porta, D. e M. Diani (2020) Social Movements: An Introduction. London: Blackwell

Kohlstruck, Michael and Peter Ullrich 2015. Antisemitismus als Konstrukt und Probleme. Berlin Forum Gewhalt Prevention n. 52.

Rothberg, Michael (2009) Multidirectional Memory: Remembering the Holocaust in the Age of Decolonization (Stanford CA: Stanford University Press.

Rothberg, Michael 2020 “Comparing Comparisons: From the ‘Historikerstreit’ to the Mbembe Affair,” Geschichte der Gegen wart, September https://geschichtedergegenwart.ch/comparing-comparisons-from-the-historikerstreit-to-the mbembe-affair/

Ullrich, Peter (2019), Expert opinion on the “working definition of Antisemitism” of the International Holocaust Remembrance Alliance, Papers, Berlin, Rosa Luxemburg Stiftung https://www.academia.edu/40777796/Expert_Opinion_on_the_Working_Definition_of_Antisemitism_of_the_International_Holocaust_Remembrance_Alliance

Ullrich, Peter (2023), ‘BDS Today is no Different from the SA in 1933’: Juridification, Securitisation and ‘Antifa’-isation of the Contemporary German Discourse on Israel–Palestine, Antisemitism and the BDS Movement”, in David Feldman and Marc Volovici (eds.). Antisemitism, Islamophobia and the Politics of Definition, London: Palgrave, pp. 211-234.

Ullrich, Peter (2022), “With and Without Jews: Two Families of Concepts of Antisemitism”, Conflict and Communication online. 21 (1) https://doaj.org/article/d3732769bb6d43c9ba5b73a8359943bc

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Presentiamo qui il capitolo introduttivo del volume “Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica” di Donatella della Porta, professoressa di Scienza Politica alla Scuola Normale Superiore. Lunedì 7 ottobre 2024, alle ore 17.00 italiane, terrà la Lectio magistralis“Il panico morale come meccanismo di repressione nelle proteste per la Palestina”, organizzata da Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM), Instituto de Investigaciones Sociales (IIS-UNAM) e il Centro de Investigaciones Interdisciplinarias en Ciencias y Humanidades (CEIICH-UNAM), link: https://altreconomia.it/eventi/lectio-magistralis-di-donatella-della-porta-autrice-di-guerra-allantisemitismo-il-panico-morale-come-meccanismo-di-repressione-nelle-proteste-per-la-palestina/