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L’eclisse delle classi dirigenti

Negli ultimi 30 anni le classi dirigenti, a livello nazionale e globale, ci hanno condotto sull’orlo del collasso sociale e ambientale: negli stessi giorni in cui si ritroveranno al workshop dello Studio Ambrosetti, Sbilanciamoci! promuove il Forum dell’alternativa al paradigma dell’economia dominante.

Quando si parla di classi dirigenti, tutti pensano alla politica e ai partiti. Troppo comodo, troppo facile. Le classi dirigenti – capaci di condizionare e influenzare le decisioni e di avere potere – attraversano diversi ambiti, dove si annida l’élite di una società: magistratura, chiesa, giornalismo, impresa… Tra i diversi ambiti delle classi dirigenti si stabiliscono alleanze, complicità, mutui affari. In Gran Bretagna (e negli Stati Uniti) si preferisce parlare di establishment, ma più o meno si tratta della stessa cosa.

Gramsci ricordava che in certe epoche della nostra storia le classi dirigenti, quando non riescono a esercitare l’egemonia sulla società, diventano sovversive, ricorrendo al ribaltamento della democrazia e delle regole del gioco per rimanere in sella. Accadde in Italia con il fascismo, ma sta avvenendo in dosi omeopatiche e con forme forse meno drammatiche anche oggi. Quella che lo scrittore jugoslavo Predrag Matvejevic, riferendosi ai paesi nati dalla disgregazione della Jugoslavia, chiamava “democratura” – crasi tra democrazia e dittatura – si potrebbe applicare a diversi altri paesi nel mondo attuale. Si potrebbe parlare ad esempio di Trump, di Orban e di altri.

Le pulsioni autoritarie si avvertono ovunque, anche in Italia. Le tre riforme targate Fratelli d’Italia (premierato), Forza Italia (giustizia) e Lega (autonomia differenziata) vanno in quella direzione. Per non parlare di ciò che succede nel mondo dell’informazione. Quando perdono la calma, le pulsioni autoritarie degli uomini e delle donne al governo tornano a galla come riflessi pavloviani.

Tra le classi dirigenti ci sono anche gli imprenditori che negli anni ’20 del secolo scorso, in gran parte, non ebbero dubbi: si schierarono con il sovversivismo fascista, anzi lo finanziarono. Nel secondo dopoguerra, abbiamo avuto imprenditori illuminati o animati dalla responsabilità sociale e pubblica: Olivetti, Falck, Pirelli, per citarne alcuni. 

Oggi abbiamo in gran parte figuranti – non tutti, ci sono anche begli esempi – disposti a vendersi per un piatto di lenticchie (sconti fiscali). La cosa buffa è che molti imprenditori non si sentono “classe dirigente”, dimenticandosi che abbiamo avuto un premier imprenditore – Berlusconi – per 9 anni e una trentina di ministri provenienti dall’establishment imprenditoriale dagli anni ’80 ad oggi.

Tra meno di due mesi (6-8 settembre) una parte di questo mondo si ritroverà a Cernobbio, sulle sponde del lago di Como, in occasione del workshop dello Studio Ambrosetti. Non vogliamo generalizzare: qualcosa di buono potrà venir fuori dall’incontro. Ma sicuramente mancherà un esame critico di come l’establishment negli ultimi 30 anni ci abbia portato al collasso sociale e ambientale, a una crisi strutturale del paradigma insostenibile dell’economia dominante. 

Ecco perché negli stessi giorni dell’evento organizzato dallo Studio Ambrosetti, Sbilanciamoci! terrà il suo Forum a Cernobbio – e a Como – per esprimere un punto di vista diverso, alternativo a un modello di sviluppo insostenibile e ingiusto (https://sbilanciamoci.info/laltra-cernobbio-torna-il-forum-di-sbilanciamoci/). Parleremo di guerre, di giusta transizione, di diritti, di quello che sta succedendo di drammatico al nostro pianeta. 

Oggi è in gioco il futuro della nostra amata terra, l’unica che abbiamo.